Come avrete potuto intuire, noi di 4Muses siamo molto affascinate dalla letteratura orientale. Non esitiamo a conoscere autori “nuovi”, infatti abbiamo parlato dei libri di Kaho Nashiki (“Un’estate conla strega dell’Ovest”), Aki Shimazaki (“Il peso dei segreti”) e Yu Hua (“Il settimo giorno”), anche se spesso non facciamo che tornare a scrittori di cui abbiamo già saggiato le abilità, come è successo per Murakami (“La fine del mondo e il paese delle meraviglie” e “L’uccello che girava le viti del mondo”) e per Banana Yoshimoto: abbiamo scritto le recensioni infatti di “Kitchen”, “Sonno Profondo” e “Su un letto difiori”. Recentemente di suo ci è capitato tra le mani il romanzo “L’abito di piume”, pubblicato per la prima volta nel 2005.
La trama è abbastanza lineare, seppur dal forte impatto emotivo che la Yoshimoto riesce a imprimere nei suo testi. Siamo a Tokyo, la giovane Hotaru riceve una chiamata che le sconvolge completamente la sua idea di mondo: il fidanzato (di cui lei era l’amante) la lascia con una telefonata, adducendo come scusa che la relazione non può andare avanti, perché deve prendersi cura della moglie malata, che recentemente è venuta a conoscenza della relazione clandestina del marito. Non c’è il minimo turbamento: Hotaru viene mollata con poche e asettiche parole. La giovane fa quindi ritorno al suo paese natale, un piccolo borgo per cui passa un placido fiume. Lì la protagonista cerca di rimettere insieme i pezzi, ricucendo vecchi rapporti e creandone di nuovi: fa così la conoscenza di Mitsuru, un ragazzo che ha tutta l’aria di appartenere a un vecchio ricordo.
L’abito
di piume del titolo è un riferimento al riprendere in mano le redini della
propria vita, di librarsi in volo per essere finalmente padrona della propria
vita e delle proprie emozioni. Subito dopo essere tornata “al paesino”, la
protagonista si rende conto di essere intrappolata nella quotidianità: continua
a ripetere giorno per giorno gli stessi gesti, a lasciare che la vita le scorra
davanti esattamente come fa il fiume.
“La separazione,
quella vera, ossia la fine definitiva del rapporto sentimentale con una
persona, era qualcosa di più vicino alla morte della morte stessa.”
Questo
perché riesce ancora a sentire il calore delle persone che sono morte, ma non
riesce con quello della persona che aveva amato per ben otto anni della sua
vita. Quello che ci piace, in sostanza dei romanzi della Yoshimoto non sono
tanto le trame in sé, che sono abbastanza soft e per lo più legate al concetto
di separazione e morte, quanto i messaggi che permeano l’intera narrazione. Alcune
frasi sono talmente reali da apparire scontate, ma il più delle volte fanno
centro. Nel parlare con una sua amica d’infanzia, Hotaru realizza che non sono
più che altro le parole a legare gli essere umani, quanto più un insieme di
sensazioni che ci scambiamo con l’altra persona. Non stiamo qui a parlarvi di
tutte le frasi che ci siamo appuntate, perché ci piacerebbe sapere quale hanno
colpito voi, se mai sarete interessati a leggere qualche suo romanzo (sono molto
piccoli, di solito non arrivano a duecento pagine). I suoi scritti, però, hanno
al contempo quel tocco dolce e potente che riesce a smuovere gli animi. Quando si
affrontano dei momenti bui, leggere certi libri aiuta a fare chiarezza e, seppur
non ci siano ricette magiche, a volte osservare il proprio dolore da una
prospettiva diversa può aiutare la persona a conviverci.
Quello
di Yoshimoto è un libro che è al pari di una favola, un romanzo che ha quel
tocco di magia che rende la storia onirica. Morte, sogno e rinascita appaiono
molte volte nei suoi libri, questo perché nei momenti in cui l’incertezza la fa
da padrone, a volte basta fermarsi un attimo e prendere un bel respiro. Osservare
il fiume, con ciò che succede sulle sue sponde, a volte è un modo per lasciare
andare, lasciare che sia. Nelle sue acque ci si può sprofondare, senza trovare
il modo di riemergere, metafora del proprio dolore a cui troppo spesso
sembriamo aggrapparci, in una vena di velato masochismo che fingiamo di
respingere.
Prima
di chiudere questa recensione, vogliamo lasciarvi un’ultima frase del romanzo,
anche se avevamo detto precedentemente che non lo avremo fatto. Una contraddizione?
Sì, ma perché ci siamo rese conto che questa frase non poteva mancare all’interno
di questa recensione:
“È proprio vero che
tutto cambia a seconda della finestra da cui si osserva la realtà.”
E,
come ha scritto Frè nel suo articolo: “Nothing is real”. E voi? Leggerete “L’abito
di piume” di Banana Yoshimoto?
Nessun commento:
Posta un commento