Il brano è contenuto nell’album “Rubber Soul”, uscito nel 1965 ed è così profondamente legata al suo autore John Lennon (anche se ovviamente accreditata Lennon/McCartney, perché come diciamo sempre non credevano nella divisione dei beni) da essere presa come spunto per il titolo del film “Nowhere Boy”, dedicato all’adolescenza di John stesso.
Come accaduto per “I’m The Warlus”, i versi possono sembrare privi di senso ma bastano poche nozioni di meditazione e spiritualità per rendere il tutto molto più semplice.
Attenzione: tradurre letteralmente “Nowhere man” è molto difficile, noi abbiamo optato per: “l’uomo senza luogo”.
Come sempre quando stiamo nella categoria Metafisica non vi parleremo dei significati che Lennon stesso o i fan più ossessivi hanno dato alla canzone. Vi parleremo solo ed esclusivamente di quelli più nascosti, probabilmente solo nostri personali.
(È un vero uomo senza luogo)
sitting in his nowhere land
(che sta seduto nella sua terra senza luogo)
making all his nowhere plans for nobody.
(progettando tutti i suoi piani senza luogo per nessuno.)
Doesn’t have a point of view
(Non ha un punto di vista)
Knows not there he’s going to
(non sa dove sta andando)
isn’t he a bit like you and me?
(non è un po’ come me e te?)”
L’inconscio sta in un nonluogo, e in un certo senso è ovunque, se pensiamo anche all’inconscio collettivo di cui parla Jung. L’inconscio è una parte di noi che funziona grazie al carburante del passato e ci guida nel corso della nostra vita.
Possiamo raccontarcela o meno, ma il conscio nelle nostre parole o azioni è davvero una misera parte. È l’inconscio a governarci, è lui che organizza i nostri piani, senza alcun punto di vista se non quello del passato. “È già successo questo, è andata così, quindi andrà sempre così.” Allora costruiamo le nostre barriere in base a quelle che sono le sue credenze.
Conoscere il proprio inconscio è uno dei lavori più difficili della nostra vita, ma anche l’unico da fare se si vuole avere la piena consapevolezza di sé.
“Nowhere man please listen
(Uomo senza luogo, per favore, ascolta)
You don’t know what you’re missing
(non sai cosa tis tai perdendo)
nowhere man the world is at your command.
(uomo senza luogo, il mondo è al tuo commando.)
He’s as blind as he can be
(è del tutto cieco)
Just sees what he wants to see
(ma vede solo quello che vuole vedere)
Nowhere man can you see me at all?
(Uomo senza luogo, riesci a vedermi?)”
Tutti vediamo solo quello che vogliamo vedere, ed è orribile soprattutto se vogliamo continuare a credere all’immagine perfetta e fatata che ci siamo costruiti. Non mettiamo in dubbio ciò che abbiamo dentro, di conseguenza continuiamo a vivere nella cecità, illudendoci che così sia più facile. In “Strawberry Fields Forever” John ci mette il carico, ricordandoci che: “Living is easy with eyes closed/misunderstanding all you see” (“È facile vivere a occhi chiusi, fraintendendo tutto ciò che vedi”).
Nella disperata domanda finale c’è la nostra arroganza umana: pretendiamo che sia l’inconscio a mostrarsi a noi, senza fare mai un passo avanti verso di lui. Eppure ci parla, ci urla: ci manda segnali, sogni, impulsi. Perché vogliamo rimanere sordi alle sue parole?
“Nowhere man don’t worry
(Uomo senza luogo non preoccuparti)
take your time, don’t hurry
(prenditi il tuo tempo, non avere fretta)
leave it all ‘til somebody else
(lascia tutto finché qualcuno)
lends you a hand.
(non ti tenda la mano).”
Come già spiegato nell’articolo “Nothing is real”, noi non siamo realmente reali. La nostra realtà non è come la vediamo, perché c’è moltissimo altro. Se l’inconscio è senza spazio e senza tempo, chi è che non deve avere fretta? Noi, solo noi.
In questa strofa è come se ci fosse un cambio di protagonista, perché dopotutto anche noi, al di fuori del pianeta Terra, non abbiamo luogo.
Non è importante, quindi, se fino ad adesso non abbiamo mai ascoltato il nostro inconscio, o se lo abbiamo fatto poco. Ognuno ha i suoi tempi e vanno rispettati.
Se, però, si vuole procedere nel cammino spirituale, per conoscere il vero Sé, bisogna ricordarsi di lasciare andare ogni cosa, affinché qualcuno possa tenderci la mano.
Non succede anche a Dante? Che decide di lasciare la sua vita dietro di sé e avventurarsi per la selva oscura? Proprio quando lo fa, incontra Virgilio, colui che tendendogli la mano lo porta a conoscere il proprio Inferno, con destinazione il Paradiso.
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