lunedì 15 dicembre 2025

#Libri: Anima

Il 25 novembre 2025, per festeggiare i dieci anni trascorsi dalla prima pubblicazione, Fazi Editore ci regala Anima di Wajdi Mouawad in una nuova veste, con la prefazione di Melania Mazzucco e una copertina rigida con nuovi colori in grado d’incantare chiunque.

Léonie è morta.
Quando suo marito torna a casa la trova immersa in una pozza di sangue, il ventre squarciato e un coltello infilato nel sesso. L’immagine è brutale, e affatto edulcorata: a darcene la descrizione è il gatto di casa, che assiste impotente alla scena del protagonista che ritrova il cadavere della moglie.
Wahhch Debch non sa che fare della propria esistenza, perché Léonie e la loro bambina – ancora nel ventre della donna – sono morte, e non rimane altro se non aggrapparsi al desiderio di scoprire quale sia il volto dell’uomo dietro questo crimine efferato.

Anima è un thriller diverso da tutti gli altri. Non solo è un vero e proprio viaggio nella follia umana – quella più profonda, che spaventa, che costringe a pensare che all’orrore non ci siano limiti –, ma è narrato solo ed esclusivamente da punto di vista di animali: marmotte, gatti, cani, ragni, api, formiche, uccelli… nel suo piccolo ogni animale incrocia Wahhch nel proprio percorso di vita, e con brutale freddezza ognuno di loro racconta lo scorcio di vita che condivide con quest’uomo tormentato dal dolore della perdita.

«Gli umani sono soli. Malgrado la pioggia, malgrado gli animali, malgrado i fiumi e gli alberi e il cielo e malgrado il fuoco. Gli umani sono sempre sulla soglia. Hanno avuto il dono della verticalità, e tuttavia conducono la loro esistenza curvi sotto un peso invisibile. C’è qualcosa che li schiaccia. Piove: ecco che corrono. Sperano nella venuta delle divinità, ma non vedono gli occhi degli animali che li guardano. Non sentono il nostro silenzio che li ascolta. Prigionieri della loro ragione, la maggior parte di loro non farà mai il grande passo dell’irragionevolezza, se non al prezzo di un’illuminazione che li lascerà esangui, e folli. Sono assorbiti da ciò che hanno sottomano, e quando le loro mani sono vuote, se le portano al viso e piangono. Sono fatti così.»

Ciò che più ho apprezzato di questo romanzo è proprio la freddezza con cui i fatti vengono narrati.

Il punto di vista degli animali permette di prendere le distanze dall’evento in sé, quasi a rifiutare che sia realmente accaduto, e al tempo stesso concede una visione unica, di un essere che non comprende né vive le emozioni come un essere umano, ma a modo suo, attraverso gli occhi del suo mondo.

Wahhch viaggia per dare un senso e una spiegazione al male più assoluto, quello che ha vissuto quando ha trovato il cadavere di Léonie in casa, violata in così tanti modi da risultare rivoltante, e nel suo percorso incontrerà di nuovo la morte, il dolore, la sensazione d’impotenza, la sofferenza, e sarà costretto a riprendere le proprie origini, partendo dal Canada dove vive con la moglie, passando per gli Stati Uniti dove affronterà l’assassino della moglie e arrivando a immergersi metaforicamente nella propria terra d’origine, il Libano.
Il viaggio di Wahhch non è soltanto fisico ma dell’anima, uno scavare profondo in radici complicate e spesso scomode, dolorose, che straziano l’uomo che tutto credeva di aver affrontato.

Il finale del libro è mozzafiato, con un plot twist dove tutto torna alle origini del protagonista, quelle che aveva ignorato e che gli erano state nascoste.

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