“Nothing is real. Lo pensi davvero?”
Tempo fa ho conosciuto una persona e nello scambiarci i numeri di telefono, lei ha letto la mia frase Whatsapp: “Nothing is real” (Nulla è reale), appunto. Mi ha guardata perplessa, chiedendomi se pensassi davvero quella frase e senza esitare ho risposto: “Sì, certo.” Mi ha guardata titubante, forse aveva paura a continuare il discorso, così ho lasciato correre.
Nel corso dei mesi mi sono dimenticata totalmente del nostro scambio di vedute e parole, fino a quando ho letto l’articolo di Silvia: “Strawberry Fields Forever”.
Come nuvole che formano disegni in cielo, come ombre di mani che diventano animali sulla parete liscia di un muro, così la vita riflette semplicemente ciò che abbiamo dentro di noi.
Può un riflesso essere reale?
“Nothing is real” è un verso della celebre canzone dei Beatles, brano scritto interamente da John Lennon e che rientra tra quelli che amo di più, tanto da avergli dedicato un intero capitolo nella mia fanfiction Penny Lane.
Quando dico che per me nulla è reale ricevo sempre il solito giudizio: “Quindi non prendi sul serio nulla, te ne freghi di tutto e tutti, non hai regole”. Niente di più sciocco e insensato, per me. Avere quasi la certezza che nulla sia reale vuol dire affrontare la vita come i bambini: con la massima serietà, senza dimenticarsi che tutto è un gioco. Vivo ogni emozione più intensamente rispetto a prima, proprio perché entro totalmente in essa, sapendo che nulla è reale e tutto passerà quando deve.
Amore, gioia, dolore, tristezza, insoddisfazione… tutto è più vivido, quasi percepibile nella materia. Rimango ferma nel momento che vivo senza desiderarlo diverso o senza reputarlo sbagliato. Prendo il bene così come prendo il male: non giudico nessun evento perché so che tutto fa parte di un piano molto più ampio ed è un’esperienza che serve alla mia anima.
Quando dico che per me nulla è reale ricevo sempre il solito giudizio: “Quindi non prendi sul serio nulla, te ne freghi di tutto e tutti, non hai regole”. Niente di più sciocco e insensato, per me. Avere quasi la certezza che nulla sia reale vuol dire affrontare la vita come i bambini: con la massima serietà, senza dimenticarsi che tutto è un gioco. Vivo ogni emozione più intensamente rispetto a prima, proprio perché entro totalmente in essa, sapendo che nulla è reale e tutto passerà quando deve.
Amore, gioia, dolore, tristezza, insoddisfazione… tutto è più vivido, quasi percepibile nella materia. Rimango ferma nel momento che vivo senza desiderarlo diverso o senza reputarlo sbagliato. Prendo il bene così come prendo il male: non giudico nessun evento perché so che tutto fa parte di un piano molto più ampio ed è un’esperienza che serve alla mia anima.
George Harrison diceva che non esistono errori, solo lezioni che non abbiamo ancora compreso. Ecco, la penso esattamente come lui. “Nothing is real” mi ricorda la sensazione di quando da bambina sceglievo di fare il personaggio più cattivo e al gioco successivo ero la principessa buona e devota al popolo. Vestivo ogni panno scartato con lo stesso identico entusiasmo di quando provavo a trasformarmi in Sailor Mars di fronte allo specchio del bagno.
Non capisco perché crescendo negli adulti si insinua la superbia di credere la vita seria e complicata; mi domando perché la maggior parte di noi stia scambiando questo gioco meraviglioso che è la vita, questa commedia inscenata per il Nostro volere personale, per una corsa a ostacoli dove il primo che arriva vince qualcosa di così indefinito che nessuno sa cosa sia, però hey, è da vincere! Casa, famiglia, lavoro… tutto entro i trent’anni! Perché dopo è troppo tardi, dopo è finita. Ma troppo tardi per cosa? Cosa finisce?
Se è vero che siamo l’Uno, e la dualità non esiste, perché si dà per scontato che credere al “Nothing is real” voglia dire distaccarsi dalla vita? Dopotutto, non lo dice la stessa fisica quantistica che in realtà siamo solo un’infinita danza di atomi che mai si toccano tra loro? Non è stato lo stesso Max Planck a sostenere che: “La materia in quanto tale non esiste”? Se tutto, dal sole che ci scalda, a due (o più) corpi che si fondono in un atto d’amore, è solo un insieme di particelle invisibili che gironzolano nell’aria, se addirittura fuori dalla nostra galassia l’universo continua sconfinato, rendendoci un micro puntino agli occhi di altri esseri, possiamo davvero continuare con la presunzione di rendere le nostre paturnie così veritiere? Perché ci aggrappiamo a loro? Perché diamo loro - nel bene o nel male - il potere di definirci, o di giustificare un nostro comportamento?
Francesca, nella sua radice germanica, vuol dire “donna libera”. Quando da bambina ho scoperto la sua origine, ho preso il concetto di libertà quasi come un’ossessione. Non la libertà relativa al non fare i compiti e a giocare per tutto il giorno, bensì proprio quello che mi spingeva e essere libera come essere umano.
Libertà per me ha sempre significato togliermi ogni identificazione, anche se l’ho compreso in questo periodo. Non ho mai voluto definire i rapporti, né ho mai cercato di essere a tutti i costi una professione. Mi reputo una romana de Roma, ma risalto i miei tratti orientali, così come mi incuriosisco con chi mi dà persino dell’inglese.
Come tutti indosso delle maschere, è necessario per recitare in questo pianeta-teatro, ma come pochi so che ogni apparenza è illusoria, una finzione. Non mi prendo sul serio, né prendo sul serio gli altri. Vivo attraverso le emozioni, le esperienze, e voglio esistere per tutte, ma so che nessuna di loro è reale e mai mi definirà. E se per caso mi state dando della pazza schizofrenica, alzo le spalle rispondendovi che sto interpretando semplicemente il ruolo di un’artista.
Come tutti indosso delle maschere, è necessario per recitare in questo pianeta-teatro, ma come pochi so che ogni apparenza è illusoria, una finzione. Non mi prendo sul serio, né prendo sul serio gli altri. Vivo attraverso le emozioni, le esperienze, e voglio esistere per tutte, ma so che nessuna di loro è reale e mai mi definirà. E se per caso mi state dando della pazza schizofrenica, alzo le spalle rispondendovi che sto interpretando semplicemente il ruolo di un’artista.
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