[L’articolo contiene spoiler]
Leggere di uno scrittore giapponese è quasi sempre
una forte esperienza interiore, per questo per molti questi libri possono non
piacere. A volte mettersi a nudo, riconoscersi in alcune pagine non è per nulla
semplice e per questo spesso meritano un’attenzione maggiore rispetto a
qualsiasi altro romanzo. Lo abbiamo visto con i due libri di Murakami (“L'uccello
che girava le viti del mondo” e “La fine del mondo e il Paese delle Meraviglie”)
e con “Kitchen” di Banana Yoshimoto. Oggi vogliamo parlarvi di un altro libro
di quest’ultima autrice, “Su un letto di fiori”, uscito nella collana “I
narratori” della Feltrinelli nel settembre di quest’anno.
Il libro, di sole centoventotto pagine, segue la storia di
Miki, che da neonata è stata trovata avvolta dalle alghe in riva al mare. Da quel
momento la sua vita prende una strada fatta di amore incondizionato, dato da
una famiglia allargata che, dopo averla trovata, le permette un’esistenza
spensierata, malgrado alcuni soggetti siano un po’ sopra le righe. Il nonno,
infatti, era in grado di esercitare il potere dell’attrazione e di avere una gioia nella
vita che riesce a trasmettere anche a sua nipote. Miki e la sua famiglia
gestiscono un piccolo bed & breakfast, alle cui spalle sorge un casolare
cupo e “stregato”. Strani presagi, però, sembrano tentare di oscurare la sua
vita: incubi curiosi la tormentano, dei sassi misteriosi rischiano di farla
inciampare, comparendo sul suo vialetto di casa, dei conigli si palesano
portando dietro incidenti e, infine, delle strane ossa vengono trovate nel
giardino della villetta alle spalle del bed & breakfast. Ma la sua vita prende una
piega inaspettata quando Nomura, un suo vecchio amico dell’infanzia, decide di
trasferirsi proprio in quella che sembra la casa nefasta e sarà in grado di
trasmetterle una visione del mondo molto diversa da quella che si aspettava.
Miki ci viene presentata come una ragazza sempre
sorridente, anche se “diversa”. Non sa nulla della sua famiglia biologica, l’abbandono
la condiziona soprattutto nell’adolescenza, con delle piccole cose: se un
giorno si scorda le chiavi di casa, si sente inetta, quindi nuvoloni di
auto-disprezzo le si palesano sopra la testa. Ogni mancanza da piccola sembra
giustificare l’essere stata "buttata via". Ma poi ecco che ritorna al nido, dove
la sua famiglia adottiva l’accoglie con amore e l’accompagna a rifare le
chiavi.
Tutta la sua vita è frutto di strane “coincidenze”: trovata sulla
spiaggia su di un morbido letto di alghe, la mamma che si sarebbe presa cura di
lei, da casa, avverte che sulla battigia troverà una neonata, dopo anni di tentativi
falliti di concepimento. Ed è infatti Miki che trova.
La ragazza sente continuamente la vita come un dono meraviglioso, anche se dall’esterno
a volte risulta sciocca e troppo “con la testa per aria”. Da abbandonata, viene
vista come instabile, spesso superficiale, determinata a ereditare l’attività
di famiglia in maniera indegna. In realtà si tratta di un’anima pura incarnata
in un corpo umano, in completa simbiosi con la natura. Non chiede mai più di
quanto non abbia già e non si cura delle malelingue dei compaesani. Trova il
suo equilibrio stringendo delle alghe, le stesse che furono il suo cuscino
sulla battigia.
“Vivere come
addormentati su un letto di fiori non è sempre facile, è una scelta come tante,
e una volta che la si è fatta inevitabilmente ci si espone alla critiche. […]
Si vive dedicando tutto di sé a un’unica cosa, e anzi, sarebbe preoccupante se
tutti ci capissero al volto. La natura non si cura affatto di certe
schiocchezze.”
Il suo legame con la natura è meraviglioso: Miki
osserva la natura e da essa si sente osservata. Chi la giudica male non vede il
suo cuore puro, ma lei sa (e le basta) che fa continuamente del suo meglio. Ciò
che dà alla natura, essa restituisce, come le onde del mare. L’energia che a
essa regala, le torna indietro, come un circolo. Tutto è legato e nulla accade
senza una reale spiegazione. Miki riesce a parlare con il fantasma della moglie
di Nomura, che sarà in grado di svelarle il segreto della sua nascita e del suo
abbandono attraverso i sogni, diventando una sua amica “spirituale”. Le ossa,
trovate nella casa alle sue spalle, la spingono ad interrogarsi su come vada
avanti la vita. Una vita tormentata viene spezzata a pochi passi da un focolare
domestico amorevole, come si può dormire sereni? Dopo poco, la ragazza realizza
che fino a quando sarà possibile avere sotto gli occhi la propria luce
interiore, la vita continuerà a scorrere serena, nel circolo continuo dell’esistenza.
“Il mondo e io
ci guardavamo con occhi sognanti, ci sostenevamo l’un l’altra. Perché non ero
io sola a guardare. Ero anche guardata. E da dove veniva quello sguardo? Forse
non dal cielo, forse da qualche parte dentro di me.”
Di tutti i libri della Yoshimoto, forse questo è il
più triste e il più tenero. Miki è una personificazione del suo lutto
personale, una canalizzazione della sua rinascita attraverso la scrittura e, ammette, di
averlo fatto quasi in maniera incosciente. E noi non possiamo che consigliarvene
la lettura.
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