Essendo l’analisi di un personaggio questo articolo potrebbe contenere spoiler sul film e curiosità sui fumetti.
Love and Thunder è al cinema proprio in questi giorni e, nonostante la nostra recensione non sia del tutto positiva, vogliamo concentrarci sull’analisi del personaggio di Mighty Thor. Per chi non la conoscesse, Mighty Thor, in italiano: La Potente Thor, ha avuto la sua prima apparizione in Journey into Mystery nel settembre del 1962, come archetipo della damigella da dover salvare. Abbiamo, infatti, avuto modo di vedere la sua reale forma, quella della dottoressa Jane Foster, proprio come interesse sentimentale negli stand alone di Thor (specie nei primi due).
In questo quarto volume delle avventure in solitaria del Vichingo (divenuto “Dello Spazio”), la nostra dottoressa prende la stessa piega fumettistica: esattamente come sue madre si ammala di tumore al seno scoprendolo solo quando è al quarto stadio. Da questo punto in poi la narrazione cinematografica e quella fumettistica prendono inevitabilmente due strade diverse. Nulla sembra fare effetto e un richiamo proveniente da quella che ormai sembra esser stata solo una breve parentesi nella sua vita la riporta ad Asgard. Il Mjolnir l’ha chiamata a sé e le ha conferito i poteri di Thor.
Natalie Portman, quindi, è tornata nuovamente sullo schermo Marvel nei panni della dottoressa riuscendo a incarnare un personaggio che mostra tutta la sua forza e la sua fragilità. Infatti, al di là del fatto che il film possa piacere o meno, al di là dell’umorismo di Taika, ci possiamo facilmente rendere conto che questo sia un personaggio la cui caratterizzazione riesce e ne esce vincitrice rispetto a quello della sua controparte maschile. Mighty Thor è quell’elemento chiave di volta, nella maggior parte dei casi, per cui per contrasto riesce a rendere macchiettistico il nostro amato Thor. È pur vero che le battute da vichingo e le espressioni di Chris Hemsworth contribuiscono alla creazione di un personaggio che ha perso la serietà dei primi due film, ma proprio il cercare forzatamente di avere una frase con la quale poter scendere in battaglia rende La Potente Thor la reale forza di questo film.
L’umorismo è comunque l’elemento centrale del film, attraverso la sua chiave Taika Waititi è riuscito a esprimersi caratterizzando questa pellicola col suo stile inconfondibile: “È stato incredibile lavorare con Taika,” ha sostenuto l’attrice durante la conferenza stampa che si è tenuta a Roma “lui porta sul set così tanta spontaneità e creatività che contagia tutti noi. E non ha mai mancato di ricordare proprio l’importanza di affrontare la vita, soprattutto in questo momento, proprio con umorismo. Noi tutti abbiamo bisogno di umorismo, di avere un momento di gioia, di ridere e questo ce lo ha ricordato sempre durante le riprese e lo chiedeva a noi. Voglio anche aggiungere che Taika ha un senso dell’umorismo rispettoso degli altri, non si ride mai a spese di qualcuno ed è sempre molto generoso e gentile, ed è così anche nella vita. Credo che questo sia un chiaro segno di intelligenza e gentilezza. È un modo gentile di ridere che non manca mai di essere generoso. Ha un senso dell’umorismo un po’ giocoso, bizzarro… quindi generosità e gentilezza”.
Bisogna, quindi, chiedersi se ci siano state delle scene difficili da girare proprio perché era complicato riuscire a trattenere le risate: “Beh questa è un’ottima domanda… penso che la grande sfida di recitare in questo film sia stata proprio cercare di avere delle facce serie. In momenti certi momenti era difficile non mettersi a ridere, grazie anche non solo a Taika, ma anche alla bravura di Tessa e di Chris. Non riesco davvero a pensare a una scena in particolare perché quanto ho appena descritto vale per la maggior parte di quelle girate e la cosa interessante è che queste battute umoristiche si trovano anche nei momenti più drammatici nei film e questo proprio perché Taika voleva continuare a provare e a sperimentare, prendendo sempre spunti diversi. Era un po’ come girare un film sperimentale con un budget di questo tipo”.
Come dicevamo, dunque, Natalie porta in scena un personaggio che si muove tra una forza divina e la caducità umana: “Devo dire che quello che amo più di ogni altra cosa del personaggio è proprio la sua dualità, il fatto che sia umana ma anche divinità. Personalmente trovo molto difficile rapportarmi con delle figure che sono molto duri e sempre così impostate, ammiro chi ha queste qualità, ma non mi appartengono. Mentre, invece, lei è di più, e in in qualche modo, è più femminista, perché è una donna che prova delle paure, ha dei dubbi, che ha delle debolezze, ma al tempo stesso è potente, dura e tosta ed è quello che mi piace di lei”.
I ruoli femminili sono quelli che da questa pellicola ne emergono come vincenti. Sia Mighty Thor che Valchiria, infatti, riescono a giocare di squadra. Il che ha fatto emergere una domanda: che importanza ha prendere in mano il martello adesso che al cinema c’è più attenzione ai personaggi femminili e più rappresentazione? “Sì, è assolutamente fantastico essere una supereroina, ed è molto importante il fatto che ce ne siano sempre di più, ma non basta ancora. Saremmo portati a dire che vedendo queste figure di donne come eroi, riesca ad avere un’importanza, ma invece ce ne stupiamo ancora. Non dovremmo sorprenderci perché dovrebbe essere questa la norma. Certo, in quest’unico film ho il piacere di avere il personaggio di Tessa al mio fianco e quindi siamo una squadra molto femminile. Questo è un messaggio importante, anche per i giovani e i bambini, perché devono potersi riconoscere nei supereroi di qualunque genere se vogliamo che riescano a rapportarsi ai personaggi principalmente per la loro personalità. Devo dire che quando ero bambina, c’era un unico punto di riferimento nel panorama dei supereroi donna. Oggi, invece, la cosa sta cambiando”.
Uno dei temi del film è il superamento del dolore come crescita personale, come ti sei approcciata a ciò? “L’aspetto che mi piace di Jane, ma anche de La Potente Thor, sono le sfide che deve affrontare perché portano a dei grandi timori e lei ha bisogno di trovare un senso, uno scopo, alla propria vita e ha bisogno anche di trovare l’amore. Segue, quindi tutte le sue sfide, per poter riuscire a superare e a crescere”.
Proprio sulla crescita va fatta una piccola nota: il personaggio di Jane Foster è stato introdotto all’interno dell’MCU proprio una decina di anni fa, all’interno del primo capitolo sulle avventure di Thor nel 2011. Thor ha avuto modo di conoscere Jane durante il suo esilio sulla Terra e lei è lo strumento attraverso il quale il nostro Avengers inizia ad amare lei e i suoi abitanti, tanto da scendere in campo in loro difesa persino contro il fratello. Natalie ha commentato questo suo percorso: “È stato davvero entusiasmante, per me, dieci anni fa interpretare la parte di un’astrofisica in un film di quelle dimensioni, anche se non era quello di cui parlava il film. Ho trovato la sua rappresentazione interessante, anche perché il solo fatto che ci fosse questo personaggio ha dato un po’ una svolta. Perché sappiamo che, ancora adesso, sono troppo poche le ragazze che scelgono un percorso di studi dedito alla scienza o alle tecnologie, per le quali la Marvel ha avviato un incredibile programma per sostenere le donne che vogliono studiare le discipline scientifiche degli Stati Uniti. Aggiungo a titolo personale che durante questo film ho festeggiato i miei quarant’anni, quindi trovo rivoluzionario il fatto che la Marvel e Taika abbiano voluto dare questo ruolo a una madre di due figli, ebrea, alta un metro e sessanta che diventa una supereroina bionda”.
È interessante, quindi, metter in luce il modo con cui Natalie si sia approcciata a questo personaggio nella sua evoluzione, anche perché per indossare i panni de La potente Thor anche lei si è messa sotto allenamento fisico: “Devo dire che sono stati diversi i fattori che hanno contribuito alla preparazione… io ho riflettuto molto sulle sfide che avrei dovuto affrontare, ma ho capito quando sono arrivata sul set che tutto questo me lo sarei dovuta lasciare alle spalle. Perché si è trattato di improvvisare parecchio, è quello che ci ha chiesto Taika. Io ero un pochino agitata, perché sono una persona che deve sapere cosa fare, che deve prepararsi, ma ho capito che invece dovevo un po’ lasciar andare. Quindi essere aperti di mentalità è stata la prima lezione e una volta raggiunta la calma sono riuscita ad affrontare il personaggio in questa maniera”.
Concludiamo sottolineando la carriera che Natalie stessa si proietta davanti, visto che come possiamo intuire dalle sue parole è una donna che ha ancora molta voglia di sperimentare e di trovare delle nuove sfide. Del resto, per quanto riguarda il mondo del cinema, non da molto si è approcciata alla regia, ma anche alla produzione e alla sceneggiatura: “Ovviamente spero di tornare nuovamente alla regia, non ne posso ancora parlare, ma sto cercando di capire come potermi indirizzare in quel senso. Ho voglia di nuove sfide e voglio tornare a esplorare nuove modalità di espressione. Voglio capire come usare la mia voce in modo diverso, come nel caso della regia, e ovviamente sto già a lavoro su un nuovo progetto che sto anche producendo. Una nuova serie tv per Apple Tv: Lady in the lake, e riconosco che in questo modo posso usare la mia voce in maniera diversa. Perché per trent’anni ho fatto più o meno la stessa cosa: sono stata l’acqua, se vogliamo, in un contenitore che le ha dato una forma. Vorrei essere, invece, colei che crea il nuovo contenitore. E tra le tematiche che vorrei trattare sicuramente c’è il punto di vista delle donne, la loro esperienza. In tal senso sono stata influenzata moltissimo anche da scrittrici italiane come la Ferrante”.
Vi ricordiamo, dunque, sulla scia delle parole di Natalie che Love and Thunder è proprio un film sull’amore che cerca di esplorarlo a 360° restituendo al pubblico un po’ della narrativa del mito. Un racconto per i più piccoli, una favola che riporta in auge i due Thor e li imprime all’interno delle rune. Il film è in sala dal 6 luglio.
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