Lo scorso 23 febbraio è arrivato in sala Mummie a spasso nel tempo, nuovo film d’animazione distribuito da Warner Bros che ci porta in un mondo a cavallo tra l’antico Egitto e la moderna Londra.
Al di sotto del regno dei vivi, celato a tutti, vi è il regno delle mummie. Esseri che trascorrono l’eternità in un imperturbabile routine. Sospesi in un mondo nel quale praticamente hanno le stesse caratteristiche dei vivi.
Tuth è un ex-auriga, ha abbandonato la sua carriera per colpa di un incidente durante una gara. Per colpa del boomerang lanciato dal suo fratellino, tutti crederanno che lui è il prescelto dalla Dea Hathor per il matrimonio della principessa. Nefer, infatti, deve succedere al trono del padre, ma prima di compiere il suo dovere è costretta a prender marito. Lei vorrebbe percorrere un altro tipo di carriera, vorrebbe essere libera di cantare anche se questo non si confà a un sovrano. Per attenersi agli obblighi nuziali, Tuth deve proteggere l’anello di fidanzamento fino alle nozze. Questo oggetto gli verrà sottratto da un vivente che ha trovato il modo per potersi intrufolare nel regno dei morti. L’avido archeologo Lord Carnaby sottrarrà alcuni oggetti a Tuth per poter creare la sua prossima mostra museale. La mummia, così, è costretta ad andare in superficie per poter recuperare il mal tolto, ma verrà seguito sia dal fratellino che dalla stessa Nefer.
Inizia, così, la loro avventura: dall’Egitto, attraverso un viaggio in nave, approdano in Inghilterra. Londra sarà lo sfondo delle loro folli avventure tra disguidi e modernità. Un viaggio che porterà i suoi protagonisti a dover affrontare le loro paure e i loro sogni.
Questa non è la classica pellicola d’animazione dove buoni e cattivi si scontrano fino al trionfo dei primi. Al contrario, abbiamo un racconto molto maturo e intelligente. Ci muoviamo tra diverse tematiche: tra il superamento di un trauma e quindi la propria paura, al trovare la propria voce e la propria forza. I due protagonisti si muovono su un dolce ed equiparato equilibrio in cui l’uno ha bisogno dell’altra. Nefer non è né la classica principessa che deve essere necessariamente salvata, né la guerriera che deve salvare il suo bello. Entrambe le compagini si muovono come spalle e compagni d’avventura.
La conoscenza tra i due e il loro nascente amore, quindi, diventano metafora di una crescita. Due individui che riescono a destreggiarsi anche davanti le difficoltà personali e l’accettazione dei propri sogni.
La pellicola si muove con ironia, usando immaginari iconici come quelli della canzone degli anni ottanta “Walk Like an Egyptian” oppure quelli dell’Aida di Verdi. Anche se, su quest’ultima, dobbiamo ammettere una piccola coltellata personale, ma che però abbiamo preso con la stessa ironia con cui è stata trattata. L’Aida, un’opera monumentale, trasformata in un musical sulla quale Nefer può improvvisare; anche se tutto è stato abbastanza integrato con quella che è la storia originale.
Ci si muove tra social, musica e antichità. Un film che diverte i piccoli e intrattiene i grandi che possono cogliere le sfumature più profonde inserite al suo interno. Quando l’animazione ci fa riflettere con assoluta serenità, non possiamo fare a meno di trovarla piacevole ed esserne coinvolti.
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