Piccoli inconvenienti di una giornata uggiosa in un inverno tardo a morire. E goccia dopo goccia, i problemi si accumulano per via della semplice decisione della giornata, la decisione di continuare piuttosto di terminare.
Ma la giornata, non decide, va così perché di fatto non è un’entità ma un fenomeno naturale. Per sua stessa natura, la giornata non può giungere alle 19:00 senza passare prima per le 18:00 e prima ancora per le 17:00.
Non fraintendete. So che il tempo non esiste. Mi riferisco all’andamento percepito del ciclo giorno/notte. E appena è giorno, la giornata non può mica dire: “Adesso faccio tornare tutto buio”.
La giornata non può dire questo e né nient’altro. Di fatto la giornata non dice, la giornata non pensa. Non è neanche un’entità concreta. Forse non è neanche un’entità.
Però continua a piovere, e la pioggia è qualcosa. E qualcosa è un’entità in astratto. Certo, si tratta sempre di designare il particolare con un nome generale, seppur in astratto.
Mi viene da chiedere se i problemi siano radicati nel pensiero o nel linguaggio, se siano generati per natura o artificio? Rimane da comprendere cosa sia natura e cosa artificio. Natura è il linguaggio? Il pensiero? Entrambi? Nessuno?
Badate a non rispondere frettolosamente, perché la questione è molto più complessa di quanto sembri e di quanto in questo momento io sia capace di farla apparire.
E l’acqua si accumula, fuori e dentro casa, prosegue senza che io sia in grado di fornire un riparo a me stesso. Certo… sono ormai due ore che sono nel letto. E i pensieri, lenti e inesorabili, tormentano come questa pioggia che cade.
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