Torniamo nella saga dello scrittore – un bel po’ sfigatello, lo dobbiamo ammettere – Roberto Marazzi. Dopo “Scheletri nell’armadio”, “Omicidio in famiglia”, “La bambina senza nome” e “Infanticidio”, oggi vi parliamo di “Rapita”, ultimo – per ora – capitolo della vicenda che vede il nostro Marazzi alle prese con le scelte del suo passato.
Grazie all’autore stesso, Nicola Rocca, abbiamo potuto leggere il thriller in anteprima, nei freddi giorni di gennaio e alle prime luci di una primavera che non vediamo l’ora arrivi definitivamente a scaldarci, possiamo finalmente dirvi cosa ne pensiamo.
Grazie all’autore stesso, Nicola Rocca, abbiamo potuto leggere il thriller in anteprima, nei freddi giorni di gennaio e alle prime luci di una primavera che non vediamo l’ora arrivi definitivamente a scaldarci, possiamo finalmente dirvi cosa ne pensiamo.
Per poter parlare della trama dobbiamo inevitabilmente fare degli
spoiler sui libri precedenti, ma non preoccupatevi: ognuno di loro può
essere tranquillamente letto senza problemi anche se vi mancano dei
titoli alla lista. Ovviamente vi consigliamo lo stesso di acquistarli,
ma Rocca sa essere così chiaro e abile da spiegare il tutto a chi si
avvicina alla saga per la prima volta, senza però risultare petulante a
chi non si è perso nulla.
Roberto Marazzi, separato definitivamente da Sonia, inizia la sua relazione con la giornalista Alessia Garzanti. I due hanno una bambina di un anno, Stella alla quale sono ovviamente legatissimi.
Roberto sembra avere avuto tutto dalla vita, dal lavoro dei suoi sogni che gli permette di avere un conto in banca stellare e la notorietà, all’amore condiviso e ricambiato della sua nuova famiglia.
La ex moglie, rivelatasi una pazza psicopatica e assassina, è fuori dai giochi, lontano da lui e nonostante le preoccupazioni, non si fa sentire come credeva.
Insomma: va tutto bene. Forse fin troppo bene.
Mentre è a Roma per pubblicizzare il suo nuovo thriller tra apparizioni televisive e radiofoniche, però, apprende la notizia dell’evasione in un centro di cura mentale di Eva Becker: un’altra donna psicopatica con cui ha già dovuto fare i conti in passato.
Eva è intenzionata a vendicarsi di Marazzi, ma per farlo ha bisogno proprio di Sonia.
Anche se il titolo del thriller potrebbe farvi capire qualcosa, vogliamo lo stesso fermarci qui per non andare oltre.
Non riusciamo a empatizzare e a concentrarci sul compatire la povera vittima sfortunata perché, al solito come succede con i libri di Rocca, ci concentriamo maggiormente sui motivi che spingono i carnefici a uccidere, spesso anche vittime del tutto innocenti.
Cosa scatta nelle loro menti? Sono deliri di onnipotenza derivati da traumi psicologici mai diagnosticati e curati, o può succedere a ognuno di noi di avere una sorta di click interiore che cambia i connotati del nostro cervello?
Tra i vari punti di vista: della polizia, di Roberto e Alessia, di Eva e Sonia, e ritorno a un passato oscuro della bambina Rosita, restiamo veramente sbalorditi su come il male possa impossessarsi di qualsiasi persona, soprattutto se ha terribilmente sofferto.
Siamo abituati a pensare ai serial killer come spietati uomini o donne privi di sentimenti, emozioni, con cuori di ghiaccio e mentalità ricche di vendette e rancori. Potrebbe anche essere così, figuriamoci, ma gli assassini possono essere stati anche bambini così tanto emotivi da non aver potuto processare al meglio sentimenti negativi scaturiti da abusi fisici e/o psicologici.
Con questo, ovviamente, non vogliamo giustificare l’omicidio – lo ripetiamo sempre – solo scendere a patti con una verità scomoda ai più: chi uccide rimane un essere umano, con tutte le sue debolezze.
Il mostro nero che ci portiamo dentro potrebbe svegliarsi e prendere il controllo di noi stessi, in qualsiasi momento. Di conseguenza qualsiasi persona, dal vicino di casa che saluta sempre, al nostro migliore amico, all’amorevole partner o figlio, potrebbe rivelarsi colui (al neutro, ovviamente) che ci toglie la vita.
Macabro? Forse, ma ci piace definire il tutto realista. Se non siete d’accordo con noi, potreste cambiare idea leggendo uno qualsiasi dei libri di Nicola Rocca, “Rapita” compreso.
Roberto Marazzi, separato definitivamente da Sonia, inizia la sua relazione con la giornalista Alessia Garzanti. I due hanno una bambina di un anno, Stella alla quale sono ovviamente legatissimi.
Roberto sembra avere avuto tutto dalla vita, dal lavoro dei suoi sogni che gli permette di avere un conto in banca stellare e la notorietà, all’amore condiviso e ricambiato della sua nuova famiglia.
La ex moglie, rivelatasi una pazza psicopatica e assassina, è fuori dai giochi, lontano da lui e nonostante le preoccupazioni, non si fa sentire come credeva.
Insomma: va tutto bene. Forse fin troppo bene.
Mentre è a Roma per pubblicizzare il suo nuovo thriller tra apparizioni televisive e radiofoniche, però, apprende la notizia dell’evasione in un centro di cura mentale di Eva Becker: un’altra donna psicopatica con cui ha già dovuto fare i conti in passato.
Eva è intenzionata a vendicarsi di Marazzi, ma per farlo ha bisogno proprio di Sonia.
Anche se il titolo del thriller potrebbe farvi capire qualcosa, vogliamo lo stesso fermarci qui per non andare oltre.
Non riusciamo a empatizzare e a concentrarci sul compatire la povera vittima sfortunata perché, al solito come succede con i libri di Rocca, ci concentriamo maggiormente sui motivi che spingono i carnefici a uccidere, spesso anche vittime del tutto innocenti.
Cosa scatta nelle loro menti? Sono deliri di onnipotenza derivati da traumi psicologici mai diagnosticati e curati, o può succedere a ognuno di noi di avere una sorta di click interiore che cambia i connotati del nostro cervello?
Tra i vari punti di vista: della polizia, di Roberto e Alessia, di Eva e Sonia, e ritorno a un passato oscuro della bambina Rosita, restiamo veramente sbalorditi su come il male possa impossessarsi di qualsiasi persona, soprattutto se ha terribilmente sofferto.
Siamo abituati a pensare ai serial killer come spietati uomini o donne privi di sentimenti, emozioni, con cuori di ghiaccio e mentalità ricche di vendette e rancori. Potrebbe anche essere così, figuriamoci, ma gli assassini possono essere stati anche bambini così tanto emotivi da non aver potuto processare al meglio sentimenti negativi scaturiti da abusi fisici e/o psicologici.
Con questo, ovviamente, non vogliamo giustificare l’omicidio – lo ripetiamo sempre – solo scendere a patti con una verità scomoda ai più: chi uccide rimane un essere umano, con tutte le sue debolezze.
Il mostro nero che ci portiamo dentro potrebbe svegliarsi e prendere il controllo di noi stessi, in qualsiasi momento. Di conseguenza qualsiasi persona, dal vicino di casa che saluta sempre, al nostro migliore amico, all’amorevole partner o figlio, potrebbe rivelarsi colui (al neutro, ovviamente) che ci toglie la vita.
Macabro? Forse, ma ci piace definire il tutto realista. Se non siete d’accordo con noi, potreste cambiare idea leggendo uno qualsiasi dei libri di Nicola Rocca, “Rapita” compreso.
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