Da
come avrete intuito, ogni tanto ci piace ripensare agli anime che hanno fatto
parte della nostra infanzia. Abbiamo parlato di
Sonia di Super3, di
Yattaman,
Calendar Men,
Lo strano mondo di Minù, di recente, non era, però, solo questo
canale regionale ad averci accompagnate, ma l’immancabile Italia1. Tra tutti i “cartoni
animati” passati per questo canale, oggi vogliamo soffermarci su di uno in
particolare:
Shaman King. Per nostra fortuna,
Netflix ha caricato i trentotto episodi.
Trattandosi
di un adattamento della piattaforma (i costi per sistemare e mandare in onda la
serie del 2001 erano troppo eccessivi), alcune cose non sono andate a genio ai
fan della vecchia guardia: manca la sigla cantata da Masini a fronte di una scelta
più “originale”, infatti c’è la sigla giapponese. Per chi, come noi, amava la
versione trasmessa su Italia1 è stato un brutto colpo non poter cantare la
versione del cantante fiorentino una volta premuto il tasto “play”. Altro
dettaglio modificato è stato il doppiatore di Yoh Asakura, protagonista dell’anime,
da Simone D’Andrea a Tommaso Zalone. Anna e Manta non hanno cambiato i
doppiatori.
Ma
ora cominciamo a parlare di Shaman King.
La
storia comincia a Izumo, in Giappone, nel 1985. Nella famiglia Asakura sono
nati due gemelli e il primo che viene alla luce ha lo spirito reincarnato del
Grande Onmyoji nel corpo di Hao Asakura. Yoh, il gemello, ha nel proprio destino
l’obiettivo di diventare il Re degli sciamani e quando lo sarà, Onmyoji si
unirà a lui per diventare ancora più grande. Facciamo un salto di tredici anni,
Yoh si è trasferito a Tokyo per completare il suo addestramento di sciamano
(colui che fa da intermediario tra il mondo fisico e quello degli spiriti). Grande
frequentatore dei cimiteri, in uno di questi fa la conoscenza di Manta
(studente come lui) e di Amidamaru, un leggendario samurai, che per un moto di
gratitudine diventa il suo spirito. Nel corso dell’anime facciamo anche la
conoscenza di Anna, fidanzata e promessa sposa di Yoh che lo addestra perché
partecipi e vinca allo Shaman Fight, un combattimento tra sciamani appunto, per
potersi aggiudicare il titolo di Shaman King, il re degli sciamani.
Malgrado
la trama sia di un normale shonen (lo Shaman King può evocare il Grande Spirito
e vedersi esaudire il suo più grande desiderio, al pari di un drago Shenron per
Dragon Ball), i riferimenti al mondo degli spiriti risultano molto
interessanti. Ci viene, infatti, raccontato il mondo dello sciamanesimo, dove
il soggetto è un tramite tra i due mondi, che non sono del tutto separati. Il più
delle volte gli spiriti scelgono di restare, perché hanno ancora qualcosa che
devono compiere prima di passare oltre; altre volte questi spiriti rimangono “incastrati”
in questo piano esistenziale perché ancorati a sentimenti di odio e
frustrazione che preferiscono sfogare in maniera violenta, fino a che gli
sciamani, come nel caso di Yoh, non gli mostrano un atto di benevolenza, un
pensiero felice che mette fine al loro tormento.
“Chiunque può
schivare i tuoi pugni. Sei sopraffatto dalle emozioni, ma una volta che avrai
dominato il tuo Ego, il sentiero che dovrai seguire ti si svelerà.”
Malgrado
i combattimenti siano molto basilari, la parte grafica interviene in suo
soccorso quando vi è il momento di unione tra lo sciamano e il suo spirito, un
congiungimento che fa sì che quest’ultimo guidi i movimenti dell’arma usata dal
suo “padrone”. Ogni sciamano può governare più spiriti o, nel caso di Anna che
è una Itako (una donna sciamana), evocare qualsiasi spirito, senza doverlo mai
aver incontrato prima. È infatti lei che più di una volta aiuta Yoh nei suoi
scontri, come quando uno spirito si era reso conto di essere morto e il suo
animo inquieto era volto alla distruzione. Evocando l’anziano maestro dello
spirito, Anna ha dato modo a Yoh di unirsi a lui e ricondurlo alla ragione.
Se
avete voglia di fare un tuffo nel passato, Netflix ha l’anime che fa al caso
vostro.
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