Attenzione: questo articolo parla della capacità di gestire le proprie
emozioni. Ogni commento, però, fa parte di un contesto neutro, dove i
disturbi psichici non sono menzionati, né pensati.
Se soffri di qualsiasi disturbo, o hai anche il dubbio, ti consigliamo di affidarti a un esperto. Lo facciamo noi per primi, nell’etichetta “Pensieri” abbiamo già scritto di nostre esperienze sul cammino con psicologi e/o psichiatri.
Negli ultimi giorni abbiamo fatto il re-watch di Inside Out e ci è venuta voglia di rileggere l’articolo dedicato al film Disney-Pixar. Siamo rimaste sgomente quando abbiamo visto che non ne avevamo mai parlato prima. Com’era possibile? Il tempo di riprenderci dallo shock, che abbiamo deciso di “rimboccarci le maniche” e iniziare a farlo. O meglio: accendere il ventilatore puntato addosso e iniziare a farlo, dato il clima rovente di luglio.
Piccolo appunto: stando nella categoria “Metafisica”, non faremo la recensione del film stesso, parlando passo passo dei vari argomenti. Vedremo solo il suo significato.
Se non lo avete mai visto, sappiate che l’articolo contiene spoiler.
Se soffri di qualsiasi disturbo, o hai anche il dubbio, ti consigliamo di affidarti a un esperto. Lo facciamo noi per primi, nell’etichetta “Pensieri” abbiamo già scritto di nostre esperienze sul cammino con psicologi e/o psichiatri.
Negli ultimi giorni abbiamo fatto il re-watch di Inside Out e ci è venuta voglia di rileggere l’articolo dedicato al film Disney-Pixar. Siamo rimaste sgomente quando abbiamo visto che non ne avevamo mai parlato prima. Com’era possibile? Il tempo di riprenderci dallo shock, che abbiamo deciso di “rimboccarci le maniche” e iniziare a farlo. O meglio: accendere il ventilatore puntato addosso e iniziare a farlo, dato il clima rovente di luglio.
Piccolo appunto: stando nella categoria “Metafisica”, non faremo la recensione del film stesso, parlando passo passo dei vari argomenti. Vedremo solo il suo significato.
Se non lo avete mai visto, sappiate che l’articolo contiene spoiler.
Inside Out è un film d’animazione Disney-Pixar uscito nelle sale nel 2015. Scritto da Pete Docter, Meg LeFauve e Josh Cooley. Diretto da Docter e Ronnie del Carmen. La colonna sonora è di Michael Giacchino.
Si è dimostrato essere un capolavoro dell’animazione, vincendo l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA nella categoria: “miglior film d’animazione”.
Oltre a tutto ciò, crediamo sia uno dei film migliori in assoluto dal punto di vista pedagogico.
Per la prima volta, infatti, i protagonisti non sono personaggi reali o immaginari, ma le emozioni. Noi viviamo letteralmente nella testa di Riley: una ragazzina undicenne che dal Minnesota si trasferisce a San Francisco.
Il tutto inizia con il prologo di Gioia, l’emozione base – se così si può dire - di Riley. È infatti una bambina che si è sempre dimostrata allegra, gentile, disponibile con tutti. Gioia è praticamente sempre al comando del quartier generale, a volte è intervallata da Disgusto e Rabbia, poco da Paura. Disgusto aiuta Riley ad avere degli amici, seleziona quelli che possono essere adatti a lei e quelli da cui è meglio stare alla larga, così come “detta” il buon gusto della ragazzina, non accettando, per esempio, che si possano mangiare i broccoli.
Rabbia è il comandante dei capricci, dell’aggressività che è fondamentale nelle partite di hockey, sport che Riley ama alla follia.
Paura rende Riley prudente, anche se le emozioni della ragazzina tendono a non dargli molto spazio.
Infine abbiamo Tristezza, l’emozione che viene messa da parte il più delle volte.
Le emozioni vivono al quartier generale, dove hanno una console piena di pulsanti che spingono quando è necessario dare un comando a Riley. Da subito si può fare un collegamento su come funziona la nostra mente: infatti il nostro inconscio decide sempre qualche millisecondo prima della nostra parte conscia.
Per spiegarci meglio è il caso di utilizzare “La metafora della carrozza” del filosofo greco-armeno George Ivanovic Gurdjieff (14 gennaio 1872 - 29 ottobre 1949).
Si è dimostrato essere un capolavoro dell’animazione, vincendo l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA nella categoria: “miglior film d’animazione”.
Oltre a tutto ciò, crediamo sia uno dei film migliori in assoluto dal punto di vista pedagogico.
Per la prima volta, infatti, i protagonisti non sono personaggi reali o immaginari, ma le emozioni. Noi viviamo letteralmente nella testa di Riley: una ragazzina undicenne che dal Minnesota si trasferisce a San Francisco.
Il tutto inizia con il prologo di Gioia, l’emozione base – se così si può dire - di Riley. È infatti una bambina che si è sempre dimostrata allegra, gentile, disponibile con tutti. Gioia è praticamente sempre al comando del quartier generale, a volte è intervallata da Disgusto e Rabbia, poco da Paura. Disgusto aiuta Riley ad avere degli amici, seleziona quelli che possono essere adatti a lei e quelli da cui è meglio stare alla larga, così come “detta” il buon gusto della ragazzina, non accettando, per esempio, che si possano mangiare i broccoli.
Rabbia è il comandante dei capricci, dell’aggressività che è fondamentale nelle partite di hockey, sport che Riley ama alla follia.
Paura rende Riley prudente, anche se le emozioni della ragazzina tendono a non dargli molto spazio.
Infine abbiamo Tristezza, l’emozione che viene messa da parte il più delle volte.
Le emozioni vivono al quartier generale, dove hanno una console piena di pulsanti che spingono quando è necessario dare un comando a Riley. Da subito si può fare un collegamento su come funziona la nostra mente: infatti il nostro inconscio decide sempre qualche millisecondo prima della nostra parte conscia.
Per spiegarci meglio è il caso di utilizzare “La metafora della carrozza” del filosofo greco-armeno George Ivanovic Gurdjieff (14 gennaio 1872 - 29 ottobre 1949).
Il nostro vero Sé è all’interno del nostro corpo e si sposta per lo spazio-tempo proprio grazie a esso. È con il corpo che facciamo esperienza della realtà, è grazie ai suoi cinque sensi se riusciamo a vedere, sentire, assaporare, percepire e gustare. La mente è il cocchiere: l’anima, il nostro Sé dà indicazioni alla mente su cosa fare, cosa imparare, quale esperienza comprendere. Ma la mente dovrebbe controllare le emozioni, che sono i cavalli, non farsi comandare da esse.
In Inside Out sono le emozioni a comandare Riley, come se lei fosse un robottino, il classico personaggio di The Sims che si muove a seguito di un comando ricevuto da non si sa bene chi. Ebbene, Riley siamo tutti noi quando non facciamo un cammino di consapevolezza. Le emozioni prendono il sopravvento, sono loro a guidarci, a ordinarci cosa fare. Piccola battuta: può anche andare tutto bene nel momento in cui è Gioia a essere il leader, ma pensate quando è Rabbia o Paura…
Riley non ha un vero e proprio ruolo all’interno della sua vita, e in effetti è così per tutti noi. Ogni azione dà origine a un ricordo, che può alimentare una delle isole più importanti della vita: l’isola dell’amicizia, della famiglia, della “stupideira”, dell’hockey… insomma, le varie passioni, sogni, desideri che anche noi abbiamo. Ci fermiamo qui perché per noi è abbastanza intrippante ripensare al fatto che ogni cosa che amiamo non è stata scelta propriamente da noi, ma dalle emozioni passate.
Le emozioni, infatti, vivono riguardando il passato. Gioia ama rivedere episodi della prima infanzia di Riley, e tutte agiscono “come è sempre stato”, in nome della difesa della ragazzina.
Ecco, anche nella realtà le emozioni – qualsiasi emozione – non è mai cattiva, servono tutte a proteggerci e a farci procedere con sicurezza nel mondo. Ma quand’è che il tutto diventa tossico? Beh, quando vogliamo reprimere una di loro, pensando sia sbagliata.
In Inside Out sono le emozioni a comandare Riley, come se lei fosse un robottino, il classico personaggio di The Sims che si muove a seguito di un comando ricevuto da non si sa bene chi. Ebbene, Riley siamo tutti noi quando non facciamo un cammino di consapevolezza. Le emozioni prendono il sopravvento, sono loro a guidarci, a ordinarci cosa fare. Piccola battuta: può anche andare tutto bene nel momento in cui è Gioia a essere il leader, ma pensate quando è Rabbia o Paura…
Riley non ha un vero e proprio ruolo all’interno della sua vita, e in effetti è così per tutti noi. Ogni azione dà origine a un ricordo, che può alimentare una delle isole più importanti della vita: l’isola dell’amicizia, della famiglia, della “stupideira”, dell’hockey… insomma, le varie passioni, sogni, desideri che anche noi abbiamo. Ci fermiamo qui perché per noi è abbastanza intrippante ripensare al fatto che ogni cosa che amiamo non è stata scelta propriamente da noi, ma dalle emozioni passate.
Le emozioni, infatti, vivono riguardando il passato. Gioia ama rivedere episodi della prima infanzia di Riley, e tutte agiscono “come è sempre stato”, in nome della difesa della ragazzina.
Ecco, anche nella realtà le emozioni – qualsiasi emozione – non è mai cattiva, servono tutte a proteggerci e a farci procedere con sicurezza nel mondo. Ma quand’è che il tutto diventa tossico? Beh, quando vogliamo reprimere una di loro, pensando sia sbagliata.
In Inside Out il ruolo del capro espiatorio tocca a Tristezza. Con Tristezza Riley piange, si sente giù, vuole mollare la squadra di hockey, non è felice. Le altre emozioni la accusano di rovinare tutto, e vogliono che durante il giorno lei semplicemente non faccia nulla.
Quando Riley deve andare al suo primo giorno di scuola a San Francisco, Gioia “ordina” a Tristezza di rimanere all’interno di un cerchio posto lontano dalla console e di non toccare nulla.
Mettendo un’emozione in gabbia, la stessa si ribella – nella vita reale anche a distanza di decenni, ma Inside Out è pur sempre un film destinato al pubblico più giovane, il tutto accade in poco tempo – così Tristezza sente l’impulso di toccare tutto, modificando persino i ricordi base: i primi anni felici e spensierati di Riley.
Quando Riley deve andare al suo primo giorno di scuola a San Francisco, Gioia “ordina” a Tristezza di rimanere all’interno di un cerchio posto lontano dalla console e di non toccare nulla.
Mettendo un’emozione in gabbia, la stessa si ribella – nella vita reale anche a distanza di decenni, ma Inside Out è pur sempre un film destinato al pubblico più giovane, il tutto accade in poco tempo – così Tristezza sente l’impulso di toccare tutto, modificando persino i ricordi base: i primi anni felici e spensierati di Riley.
La ragazzina, ricordando ciò che ha passato, comincia a piangere davanti a tutti nella nuova classe, mentre nella sua mente Gioia, per bloccare Tristezza, viene “aspirata” via assieme a quest’ultima e catapultata via dal quartier generale. Riley non può più provare nessuna di queste due emozioni, in questo modo quasi non ha più senso per lei fare qualsiasi cosa e le isole si atrofizzano.
Gioia e Tristezza, così come ogni opposto, sono le due facce della stessa medaglia. Non può esistere l’una senza l’altra. Ecco perché vagano insieme per la mente di Riley, andando persino nell’inconscio, luogo “discarica” di tutti i nostri ricordi più traumatici e dolorosi, ma anche quelli non più necessari.
Senza Tristezza e Gioia, Riley è sotto il comando di Rabbia, Disgusto e Paura, anche se è la prima ad avere più spazio. Ed ecco qui un altro pensiero “intrippante”: quando vogliamo reprimere qualche emozione che consideriamo negativa, appare la rabbia.
Riguardando Inside Out abbiamo proprio pensato: “Certo che negare la tristezza è veramente qualcosa di toxic. Ma in effetti tutti lo facciamo.” Beh, sembra faccia più figo dire di essere superiori, di essere menefreghisti, o di essere sempre felici e contenti, attivi, fa più figo persino dire di essere rabbiosi e aggressivi, piuttosto che ammettere che siamo solo tanto tristi.
Cediamo all’invidia o alla gelosia (quando Riley chiude la videochiamata con la sua migliore amica in Minnesota quando le racconta della nuova compagna di squadra) perché non vogliamo ammettere la tristezza nel vedere qualcosa a cui tenevamo andare via.
Scappiamo via da una situazione (Riley che scappa di casa) trincerandoci dietro la maschera dell’indifferenza o della ribellione quando non vogliamo ammettere che stiamo vivendo in una condizione che ci dà tristezza.
Gioia e Tristezza, così come ogni opposto, sono le due facce della stessa medaglia. Non può esistere l’una senza l’altra. Ecco perché vagano insieme per la mente di Riley, andando persino nell’inconscio, luogo “discarica” di tutti i nostri ricordi più traumatici e dolorosi, ma anche quelli non più necessari.
Senza Tristezza e Gioia, Riley è sotto il comando di Rabbia, Disgusto e Paura, anche se è la prima ad avere più spazio. Ed ecco qui un altro pensiero “intrippante”: quando vogliamo reprimere qualche emozione che consideriamo negativa, appare la rabbia.
Riguardando Inside Out abbiamo proprio pensato: “Certo che negare la tristezza è veramente qualcosa di toxic. Ma in effetti tutti lo facciamo.” Beh, sembra faccia più figo dire di essere superiori, di essere menefreghisti, o di essere sempre felici e contenti, attivi, fa più figo persino dire di essere rabbiosi e aggressivi, piuttosto che ammettere che siamo solo tanto tristi.
Cediamo all’invidia o alla gelosia (quando Riley chiude la videochiamata con la sua migliore amica in Minnesota quando le racconta della nuova compagna di squadra) perché non vogliamo ammettere la tristezza nel vedere qualcosa a cui tenevamo andare via.
Scappiamo via da una situazione (Riley che scappa di casa) trincerandoci dietro la maschera dell’indifferenza o della ribellione quando non vogliamo ammettere che stiamo vivendo in una condizione che ci dà tristezza.
Tutto questo perché pensiamo che condividere le emozioni negative sia sbagliato, sia caricare gli altri di un peso che non vogliono. Beh, niente di più sbagliato. La stessa Gioia si rende conto che è grazie a Tristezza se Riley ha una famiglia solida e ottimi amici. È grazie a Tristezza se Riley riesce a condividere come si sente e ha sostegno da parte delle persone che la amano.
Grazie a Tristezza, Riley torna a casa, ammette ai genitori come si sente e loro le rispondono che si sentono allo stesso modo. Si danno forza, coraggio, si sostengono e l’isola della Famiglia torna a essere più forte di prima. Ammettendo i propri limiti, Riley torna a praticare l’hockey, ad avere nuovi amici e a vivere nuove esperienze.
La console aumenta i suoi comandi, le emozioni capiscono che non ci sono divisioni tra loro: un ricordo può essere gioioso e triste insieme (dando origine alla malinconia), gioioso e disgustoso, pauroso e rabbioso… le emozioni più basiche, diciamo, unendosi ne creano delle altre, più complesse, più belle da scoprire.
A fine film si fa un accenno sulla “pubertà”, un pulsante che viene ironicamente sminuito definendolo: “Non importante”.
Sono letteralmente sette anni che attendiamo un Inside Out 2, con Riley alle prese con il primo amore e lo sviluppo, quindi abbiamo in testa quel “Non importante” e non avete idea di quanto vorremmo scrivere alla Disney: “Ma non importante de che? Sbrigatevi!”.
Crediamo che la visione di Inside Out sia fondamentale per ogni bambino e pre-adolescente, per prepararli alla fase adulta della vita. È un film, però, che va visto assieme agli adulti – sia perché anche loro dovrebbero fare un bel ripasso o studio della psicologia di base – sia perché i bambini potranno fare moltissime domande, e necessitano delle nostre risposte.
Piccolo appunto per gli adulti che stanno leggendo: rispondere a un bambino “Non lo so, ora andiamo a cercare la risposta insieme”, non vi rende da meno ai suoi occhi, tutto il contrario. Non tutti gli adulti hanno le risposte giuste, si sa.
Abbiamo moltissimo altro da dire su Inside Out, e di certo tutto verrà messo su un prossimo articolo. Nel frattempo siamo curiosi di leggere i vostri commenti!
Grazie a Tristezza, Riley torna a casa, ammette ai genitori come si sente e loro le rispondono che si sentono allo stesso modo. Si danno forza, coraggio, si sostengono e l’isola della Famiglia torna a essere più forte di prima. Ammettendo i propri limiti, Riley torna a praticare l’hockey, ad avere nuovi amici e a vivere nuove esperienze.
La console aumenta i suoi comandi, le emozioni capiscono che non ci sono divisioni tra loro: un ricordo può essere gioioso e triste insieme (dando origine alla malinconia), gioioso e disgustoso, pauroso e rabbioso… le emozioni più basiche, diciamo, unendosi ne creano delle altre, più complesse, più belle da scoprire.
A fine film si fa un accenno sulla “pubertà”, un pulsante che viene ironicamente sminuito definendolo: “Non importante”.
Sono letteralmente sette anni che attendiamo un Inside Out 2, con Riley alle prese con il primo amore e lo sviluppo, quindi abbiamo in testa quel “Non importante” e non avete idea di quanto vorremmo scrivere alla Disney: “Ma non importante de che? Sbrigatevi!”.
Crediamo che la visione di Inside Out sia fondamentale per ogni bambino e pre-adolescente, per prepararli alla fase adulta della vita. È un film, però, che va visto assieme agli adulti – sia perché anche loro dovrebbero fare un bel ripasso o studio della psicologia di base – sia perché i bambini potranno fare moltissime domande, e necessitano delle nostre risposte.
Piccolo appunto per gli adulti che stanno leggendo: rispondere a un bambino “Non lo so, ora andiamo a cercare la risposta insieme”, non vi rende da meno ai suoi occhi, tutto il contrario. Non tutti gli adulti hanno le risposte giuste, si sa.
Abbiamo moltissimo altro da dire su Inside Out, e di certo tutto verrà messo su un prossimo articolo. Nel frattempo siamo curiosi di leggere i vostri commenti!
Nessun commento:
Posta un commento