Ora, se non l’avete già fatto, vi consigliamo anche di leggere la recensione di “Scheletri nell’armadio”; non è fondamentale, sia chiaro, ma vi serve perché qui non ci soffermeremo molto sullo scrittore.
Avete presente i romanzi gialli di inizio Novecento? Quelli di Agatha Christie, pieni di personaggi con una loro storia, potenzialmente tutti colpevoli? Ecco, “Omicidio in famiglia” si presenta proprio allo stesso modo.
La nota famiglia di imprenditori del Nord, gli Agliardi, si sta godendo la propria vacanza di famiglia in un albergo vicino al lago di Segrino, quando qualcosa va storto. E forse descrivere un omicidio in questo modo è un eufemismo. Cesare Agliardi, capofamiglia e capo dell’azienda, muore durante una cena. Si presuppone infarto, ma Alfonso Bernini, il proprietario dell’hotel, è sicuro sia omicidio.
I parenti rimangono di sasso, alcuni, invece, sfogano la sofferenza per la perdita in rabbia, ma quando la scientifica conferma l’avvelenamento con la cicuta, tutto cambia.
L’albergo non era ancora aperto al pubblico a causa di alcuni lavori di ristrutturazione, ma nonostante questo, l’unico estraneo alla vita degli Agliardi - oltre un solo cameriere - è proprio Roberto Marazzi, il noto scrittore, che aveva scelto l’albergo chiuso come oasi di ristoro e luogo di lavoro per poter mettere nero su bianco il suo nuovo thriller. Impossibilitato a tornare a casa per via delle indagini, condotte dal PM Massimo Moretti, Marazzi intervalla momenti in cui è preso dal reale caso di omicidio, a quelli in cui pensa alla trama del suo - irreale - omicidio.
Se, leggendo un giallo, vi appassionate più alla ricerca del colpevole che al motivo che lo ha spinto ad agire, crediamo di avervi già incuriosito: trentaquattro persone presenti all’omicidio, e trentaquattro potenziali colpevoli. Seguendo l’interrogatorio, uno solo, perché fatto un po’ sullo stile di “uno contro tutti”, i famigliari si accusano a vicenda, rivelando sia segreti inconfessabili, sia presunti moventi. Per questo motivo Marazzi diventa semplicemente un osservatore, e noi possiamo sapere solo i suoi pensieri relativi alla grottesca famiglia, e qualche spezzone di ciò che sta scrivendo.
Se, invece, siete più interessati al lato psicologico, sappiate che nulla è come sembra. Qualche paragrafo in su, abbiamo giocato con i termini “realtà” e “irrealtà”. Ve ne siete accorti? Non potendovi fare spoiler, è davvero difficile da spiegare, non è il classico: “Nulla è come sembra”, è più un: “Nulla è reale”.
Un aggettivo che può stare bene nella descrizione della storia è sicuramente “psicodelica”, proprio come la psicodelica “Strawberry fields forever” dei Beatles, dove il verso “Nothing is real” ci fa capire che forse ciò che ci circonda non è la realtà.
Ma cos’è, quindi, reale? Qual è il confine tra il mondo tangibile e l’allucinazione, la fantasia? Tra le pagine del libro tutto si fonde con tutto, e se è vero che gli artisti sono solo canali di una fonte che dall’alto cerca qualcuno che renda percepibile ciò che non è, Marazzi ha vissuto o immaginato il tutto?
Noi non vi daremo la risposta - che comunque rimane strettamente personale -, ma siamo curiose delle vostre, quindi che aspettate ad acquistare il libro? Lo trovate disponibile su Amazon!
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