Ebbene, in realtà la regina Elisabetta II ha sempre cercato di mantenere attiva la sua parte bambina e lo ha dimostrato a lungo nell’enorme cura posta nei confronti dei bambini, soprattutto i suoi nipoti. Aveva un carattere ironico e spontaneo, e si divertiva tantissimo quando le cose andavano fuori schema.
Possiamo quindi dire che anche in adolescenza sia rimasta un po’ bambina, ecco perché vogliamo accompagnarvi in quello che pensiamo sia uno dei suoi più grandi traumi, così grande che ha coinvolto anche l’intera famiglia.
No, non parliamo della morte del padre Giorgio VI e la sua inevitabile successione al trono, ma di altro…
“Da bambina piuttosto timida, diventò una ragazza incantevole, capace di affrontare qualunque situazione senza imbarazzi.”
Il nuovo ruolo istituzionale di Elisabetta la porta maggiormente a intrattenersi non solo con ufficiali e politici, ma anche con le famiglie che stanno perdendo i famigliari in guerra. Elisabetta, pur avendo conosciuto alcuni di quei giovani uomini – e con il cuore sempre rivolto al suo Filippo – non cede all’emotività: rincuora, sostiene e con la sua forza dà un momento di evasione a madri, mogli, sorelle, figlie che hanno perso figli, mariti, padri, fratelli…
La timidezza, seppur mantenuta per tutta la vita, è ben domata, spesso mascherata da ironia o da un carattere di ferro.
La sua migliore amica Alathea Fitzalan Howard la descrive così: “È tranquilla e distaccata, non nutre alcun interesse per le cose che non la riguardano. È sempre felice in compagnia della famiglia e non sente il bisogno di circondarsi di estranei. Non soffre mai, perciò non prova mai forti desideri.”
Questo sconvolge Elisabetta che si scontra con la nuda e cruda realtà: i suoi titoli non le garantiscono la salvezza, anzi, è probabilmente a maggior ragione sotto il mirino.
Il tutto, però, non le ha mai impedito di proseguire con i suoi impegni reali: continua ad andare a teatro, a partecipare a prime, soprattutto musicali. Il grande amore proprio per questa forma d’arte le fa avere il titolo di presidente del Royal College of Music come “regalo” per il suo diciassettesimo compleanno.
Quando intrattiene la famiglia in opere teatrali casalinghe – preparate grazie all’entusiasmo della sempre presente Crawfie – escono fuori anche le sue doti da ballerina e attrice.
Queste “chiacchiere” arrivano presto alle orecchie di giovanotti che vedono in Elisabetta e Margaret non solo due donne di altissimo livello sociale, ma anche dotate di talento, spirito e intelligenza. Cominciano a frequentare in amicizia il tenente Mark Bonham Carter (poi divenuto padre dell’attrice Helena Bonham Carter, interprete di Margaret in “The Crown” e della Regina Elizabeth ne “Il discorso del re”) e Andrew Charles Eplphinstone ed Elisabetta, in una lettera alla cugina Diana Bowes-Lyon ammette: “È il genere di marito che qualsiasi ragazza vorrebbe. Non credo si possa trovare persona più gradevole”. Ma tra i due non è mai scattato nulla oltre l’amicizia, tanto che lo stesso Andrew chiede consiglio a Elisabetta su quale ragazza possa essere più adatta a lui.
Il Palazzo, però, comincia ad animarsi di pretendenti, per lo più militari: Lord Rupert Nevill, Lord Wyfold Patrick Plunket, Charles Manners, Hugh FitzRoy ed Henry Porchester. Gli ultimi tre nomi, avendo anche sangue aristocratico, girano persino nei giornali che danno quasi per immediato un fidanzamento ufficiale.
Momento curiosità: l’ultimo nome, soprannominato “Porchie” è il settimo conte di Carnavon e proprietario quindi di Highclere House, ma che forse i più conoscono come “Downton Abbey”.
Possiamo sorridere, non prendendo nulla sul serio, perché la stessa Alathea, in qualità di migliore amica di Elisabetta, sa perfettamente a chi pensa tutto il tempo la principessa.
Ah, se vi stesse chiedendo con chi va a finire Hugh: nel 1943 diviene assistente militare di Lord Wavell, viceré dell’India. Si sposa con Ann Fortun (1920-2021), la figlia del capitano Evan Cadogan Eric Smith, che nel 1967 diventerà la dama di compagnia più importante di Elisabetta II. I due hanno avuto cinque figli. Hugh muore nel 2011.
Comunque, Elisabetta – come accennato prima – non riesce a dimenticare Filippo: ritaglia pezzi di giornale che lo riguardano e ne parla assiduamente anche alla cugina Margaret Rhodes.
Da parte di Filippo, l’interesse sembra essere ricambiato perché le scrive ogni settimana, seppur il contenuto delle lettere risulta essere del tutto platonico e privo di fronzoli, forse perché concentrato più per le sorti della guerra.
Nel 1941 Filippo torna a Londra per affrontare l’esame da sottotenente. Per l’occasione si trasferisce a casa della cugina, la duchessa di Kent dove in una delle tante feste organizzate, balla per la prima volta con Elisabetta.
Da lì neanche i genitori possono più fare finta di niente, e Filippo comincia a essere invitato più spesso al castello di Windsor, dove si recherà ogni volta che la licenza glielo permette, come successo nel Natale del ’43.
Persino Crawfie, che lo aveva definito inizialmente uno sbruffone arrogante, deve ricredersi: ora Filippo è coraggioso – le numerose vittorie marittime inglesi sono suo merito – maturo, affascinante, divertente e sa stare al suo giusto posto.
Degli affetti più cari di Elisabetta, tutti accettano di buon grado Filippo e solo i genitori optano ancora per la calma.
La guerra finisce, Elisabetta ormai è grande abbastanza da pensare di sposarsi e l’innamoramento con Filippo sembra non cedere, nonostante a lui siano stati associati altri flirt con attrici e donne famose dell’epoca.
Se i genitori tentennano ancora, però, Crawfie fa da chaperon ai due, ha modo di osservarli più da vicino ed è così sicura del sentimento sincero e autentico di Filippo, che non esita a lasciarli soli quando ne ha l’occasione.
Marion Crawford è a tutti gli effetti una seconda madre per Elisabetta, questo lo sanno anche il re e la regina che di lei si fidano ciecamente. Hanno ancora piccoli dubbi, per questo cercano di far stare distanti i due il più possibile, convinti che il tempo darà tutte le risposte necessarie.
Il tempo, infatti, assicura e conferma l’amore: il 9 luglio 1947 Elisabetta e Filippo annunciano il loro fidanzamento ufficiale.
I due si sposano il 20 novembre dello stesso anno, con una Marion Crawford commossa e alle lacrime che si stringe – non fisicamente, ovviamente – nelle parole della regina consorte: entrambe hanno perso una figlia, ma il dolore che provano è più gioia per la vita che spetta alla neosposa.
Elisabetta e Filippo si trasferiscono a Clarence House, per dare alla luce un anno dopo, il 14 novembre 1948, il loro primogenito: ora Carlo III.
Ha poco meno di cinquant’anni: è giovane, piena di vita e un rapporto con i sovrani e la futura regina invidiabile.
Non si sa bene perché, però, si lascia abbindolare dalla proposta di scrivere un libro sull’infanzia delle due principesse, nonostante il no da Palazzo. La regina Elizabeth prega Marion di non far trapelare nulla, perché ne andrebbe anche della fiducia che la famiglia nutre nei suoi confronti.
Marion non ascolta nessuno – forse perché in cuor suo sa che non dirà nulla di eclatante e negativo, e pensa di far del bene – e nel 1950 pubblica “The Little Princesses” dove rivela tutti i particolari dell’infanzia di Elisabetta e Margaret, del rapporto con i genitori e persino le sue impressioni su Wallis Simpson.
La famiglia reale reagisce come farebbe qualsiasi persona ferita nel profondo: le viene impedito di intrattenere ancora rapporti con loro che la ignoreranno per il resto dei suoi giorni. Su ordine della regina Elizabeth, è severamente vietato anche solo pronunciare il nome di Marion Crawford.
Elisabetta e Margaret non possono fare altro che seguire la volontà della madre, anche perché si sentono tradite loro per prime.
Rompere la fiducia del Palazzo è un atto di vile tradimento, lo vediamo ora con la vicenda Harry e Meghan, ma se adesso una riconciliazione è sperata per tutti, all’epoca era impensabile.
Elisabetta affronterà la nuova parte della sua vita, quella di madre, moglie ma soprattutto regina senza il sostegno di Marion, la stessa Marion che la stringeva forte e la rassicurava nelle notti dei bombardamenti.
Nonostante questo, Marion prende a collaborare con i giornali, dando l’illusione stia ancora dentro il giro dell’alta aristocrazia, ma quando nel 1955 le sue bugie vengono scoperte, perde anche il nuovo lavoro da insider.
Torna ad Aberdeen, in Scozia, dove si trasferisce in una casa nei pressi della strada che i reali prendono per andare a Balmoral.
Spedisce numerose lettere a Palazzo, con richiesta di udienze e perdono, ma vengono tutte ignorate.
Nel 1977 suo marito muore e lei cade nel vortice della depressione. Tenta il suicidio, lasciando solo un biglietto: “Il mondo mi è passato accanto e non posso sopportare che quelli che amo mi passino davanti la strada”.
Marion muore l’11 febbraio 1988, quando Elisabetta II, la regina Madre e Margaret sono ancora vive. Nessuna di loro tre si è presentata al funerale o ha mandato una corona di fiori.
Che sia stato giusto o no il comportamento di tutte e quattro, non sta a noi dirlo. Possiamo solo sperare che si siano ritrovate e perdonate in un’altra realtà.
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