A volte, avere un cuore troppo grande non è un vantaggio. Ce lo racconta bene Tom Hanks nel vestire i panni di Otto Anderson: un uomo che ha raggiunto il pensionamento, ma non riesce a superare la morte della moglie. Chiuso nel suo isolamento ermetico, dietro le mura domestiche, non è disposto a far entrare più nessuno nella propria vita. Del resto, non ha più senso viverla.
L’adattamento cinematografico del romanzo “L’uomo che metteva in ordine il mondo”, scritto da Fredrik Backman è anche il remake del film svedese di Mr. Ove. Non così vicino arriva nelle sale italiane il 16 febbraio.
Siamo nel 2018, Otto ha perso da pochi mesi la moglie Sonya (Rachel Keller). Non vi raccontiamo il resto della loro storia perché la narrazione di questo film si muove in due direzioni ben precise: da una parte, troviamo orizzontalmente il racconto dell’attuale vita di Otto; verticalmente, invece, mettiamo a fuoco ciò che lui ha vissuto con la moglie da quando l’ha conosciuta fino agli ultimi giorni insieme. Siamo, quindi, davanti a una pellicola che permette al suo pubblico una bella montagna russa d’emozioni. In quella che possiamo definire una dramady a tutti gli effetti, siamo spinti a ridere e sorridere davanti la paradossalità di alcuni eventi, ma allo stesso tempo ci troviamo travolti dal forte sentimento che ha coinvolto la vita del protagonista.
Come fare, dunque, a trovare una ragione per cui vivere se non si vuol far entrare la novità nella propria vita? Se non si vede il senso di andare avanti e si vuol solo cercare di raggiungere la persona che tanto abbiamo amato. Prima di Sonya non c’era niente, così come non ci sarebbe stato niente dopo di lei. Ma a volte, la vita bussa con una forza inaspettata e si è quasi costretti ad accogliere la novità che fa sorgere il sole. Così, un giorno, quando una nuova famiglia si sta per trasferire nel palazzo difronte all’uomo, Otto è quasi costretto a lasciarsi travolgere dalla vulcanica energia di Marisol (Mariana Treviño) e le sue figlie.
Gli interpreti di questa storia sono davvero coinvolgenti. La cosa più divertente è vedere Truman Theodore Hanks vestire i panni della versione giovane di Otto, padre e figlio quindi si ritrovano a interpretare lo stesso ruolo. E non possiamo non ammettere che il giovane Truman ci abbia riportato alla mente un giovane Forest Jump, sia per la somiglianza con il padre, ma anche per la personalità che porta in scena. Otto è un personaggio complesso, apparentemente controllato, ma fortemente ligio nel cercare di far rispettare le regole del quartiere in cui vive. Regole che gli sono entrate in testa anche come forma di rispetto all’amore che continua a provare per la moglie. Il giovane ragazzo è rinato grazie all’amore per Sonya ed è normale non riuscire ad andare oltre.
Non così vicino, quindi, si trasforma rapidamente nella forza stessa della vita. La capacità di nascere e rinascere grazie all’amore che siamo in grado di provare e di ricevere, perché quando ci si apre alla possibilità di vivere allora ci si apre alla possibilità di vedere ciò che ci circonda. La socialità, a piccoli passi, torna a far parte della sua vita e “sistemare” le cose diviene il proposito per cui alzarsi a ogni sorgere del sole.
In uno stretto rapporto tra vita e morte, la narrazione muove le corde di una storia decisamente molto emotiva. Se, infatti, si può esser tratti in inganno dal titolo o dal trailer del film, Otto ha un cuore troppo grande per poter essere destinato solo alla donna che gli ha donato i primi reali battiti.
Progressivamente viene rotto l’equilibrato rifugio nel quale l’uomo si è rifugiato. Il suo antipatico modo di fare viene rotto con prepotenza dalla veridicità di due occhi chiari e cristallini come quelli degli Hanks. La cosa che, infatti, vi resterà più impressa non è il suo sorriso scorbutico, ma l’innocenza che caratterizza padre e figlio all’interno di questa interpretazione. La verità di una perdita, un lutto invalicabile, regole da dover rompere e tanto amore da dare e ricevere.
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