Eppure la Regina Elisabetta II è stata una bambina, come tutti noi. Che tipo era? Oggi vogliamo parlarvene, ricordandovi che nel privato, dopotutto, non ha mai abbandonato la bambina interiore.
Il DNA di Elisabetta – utilizzeremo il nome in italiano per comodità – gioca un ruolo fondamentale in una monarchia che deve modernizzarsi quasi a forza: da una parte vanta geni ereditati dalla Regina Vittoria con le casate Sassonia-Coburgo e Hannover che hanno regnato a lungo non solo sull’Inghilterra, ma anche sul resto d’Europa. Tra duchi, visconti, marchesi e conti come parenti, però, si trovano anche personaggi più “comuni” come Paul Julius von Hügel (1872-1912), conte, sì, ma dentista a Buenos Aires. Andando più in là col tempo troviamo anche un direttore della Compagnia delle IndieOrientali, un banchiere, vescovi, prelati, un idraulico… addirittura un proprietario di una locanda a Stamford, nel Lincolnshire: Bryan Hodgson (1709-1784).
Agli occhi dei più attenti e lungimiranti dell’epoca, insomma, il destino della piccola Elisabetta sembra più che chiaro: deve essere senz’altro lei a portare avanti la corona inglese in un’Europa dove le monarchie rischiano la parola fine a ogni piccola sommossa.
Non furono da meno il 29 maggio dello stesso anno, quando davanti a Buckingham Palace il numero di gente venuto ad “assistere” al battesimo della piccola fu così alto e inaspettato, che riuscirono a rompere il cordone di polizia posto attorno al Palazzo per l’occasione.
Quando gli York si trasferiscono al 145 di Piccadilly, ad Hyde Park, vengono descritti dai giornali come una famiglia del tutto normale, e ogni notizia pubblicata sembra scatenare l’ossessione nei confronti della piccola Elisabetta, tanto che suscita piacevole scalpore sapere che la bambina, secondo le regole ferree dei suoi genitori, può giocare solo con un giocattolo alla volta.
Elisabetta nasce ed è considerata fin da subito una diva, tanto da meritare la copertina del “Time” ancora prima di aver imparato a camminare e parlare correttamente. “Principessa Lilybet” celebra il titolo e da quel momento tutti conoscono il suo soprannome, derivato dal modo buffo in cui pronunciava il suo nome, lasciando assopire quello dato dalla stampa: “Betty”.
Lo zio – e futuro re – David è certamente considerato il sex-symbol dell’epoca, ma la nascita della nipote lo surclassa; Elisabetta è raffigurata ovunque, vengono scritte canzoni in suo onore e gli australiani danno il suo nome a un pezzo di Antartide.
“Ha un’aria di autorità e pensosità che appare stupefacente per una bambina di questa età”
-Winston Churchill
Elisabetta non ha neanche un anno quando nel Natale del 1927, con la famiglia riunita a Sandringham in occasione delle feste, riesce a intrattenere tutti quanti, Churchill compreso, con buffe chiacchiere e comportamenti.
“Voleva bene ai due nipoti, i figli della principessa Maria ma Lilibet era la sua preferita. Amava giocare con lei, cosa che non gli ho mai visto fare con i suoi figli, e gli piaceva averla vicino”
-Mabell Ogilvy, contessa di Airlie
Che i cavalli fossero la sua passione è stato chiaro fin da subito, così il nonno, per i suoi quattro anni, le regala il suo primo pony: uno Shetland di nome Peggy.
Il rapporto nonno-nipote si è rivelato così stretto che Elisabetta può chiamarlo tranquillamente “nonno Inghilterra” e la vuole vicina durante la sua convalescenza nel febbraio 1928 a Bognor, a seguito di una malattia che gli costa quasi la vita.
“Noi quattro”
-Il duca di York
Il 21 agosto 1930 nasce Margaret Rose e gli York formano un quartetto di cui il padre Albert, nonostante la seconda nata fosse un’altra femmina, è sempre andato orgoglioso.
Elisabetta si dimostra amorevole e prudente con la sorella, dal carattere totalmente opposto alla primogenita: più viziata, testarda e con “una volontà di ferro”, come descrive la madre in una lettera inviata all’arcivescovo di Canterburry.
D’altro canto il popolo vede in questo quartetto la personificazione del focolare domestico e quando nel 1932, in occasione del sesto compleanno di Elisabetta, il Galles regala alla principessina un cottage in miniatura progettato da Edmund Wilmott – l’Y Bwthyn Bach (trad. “la piccola casa”) – le foto delle due sorelle intente a pulire, cucinare, e lucidare l’argenteria fanno il giro del Regno Unito, rendendo orgoglioso l’intero popolo.
Alan Lascelles, segretario privato del re, le definisce: “le cocche del mondo”, cosa che in effetti erano.
L’infanzia delle due, soprattutto di Elisabetta, vede giochi dove i protagonisti sono sempre i cavalli, ed è proprio mentre la piccola fa finta di cavalcarne uno, che incontra la nuova istitutrice Marion Crawford, nel 1933, soprannominata da subito “Crawfie”.
“A Sonia, mia cara amica e amante dei cavalli.”
-Dedica della piccola Elisabetta alla sua migliore amica
Ai giochi “equestri” non si sottrae neanche la cugina Margaret Rhodes (1925-2016), e il trio si diverte così a giocare con i trenta cavallucci di legno posseduti da Elisabetta.
Finché nonno Giorgio V è in vita, sia Elisabetta che Margaret ricevono un’istruzione basilare, anche se con un occhio puntato all’eventualità di salita al trono della primogenita York.
La vita di Elisabetta trascorre tranquilla – seppur molto impegnata – tra giochi, studi, attività artistiche e la voglia della Crawfie di far girare alle bambine in giro per Londra sui mezzi pubblici, come qualsiasi altra persona.
Il tutto viene turbato da una donna pronta a sconvolgere il corso della dinastia e a indirizzare gli York verso una nuova strada: quella del trono. Di questo, però, parleremo in un prossimo articolo.
Nessun commento:
Posta un commento