“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro me” (Kant)
Legge morale o legge dello Stato?
Ognuno di noi è guidato da precetti che spesso trascendono la logica e per vivere in società abbiamo scelto di reificare l’insieme di queste istanze in un’istituzione che chiamiamo legge.
Ma la legge non sempre rispecchia i dettami etici più intimi.
Che strana la morale degli esseri umani: nutriamo convinzioni talmente radicate alle quali non sapremmo rinunciare. E per farle prevelare, siamo anche disposti a sfidare un preannunciato fato avverso.
E Sofocle lo sapeva più che bene, a distanza di duemila anni la sua “Antigone” rimane attuale.
Il 6 e il 7 febbraio, l’associazione culturale "Sperimentiamo Arte Musica Teatro" ha messo in scena “Antigone” al teatro Sammarco. La regia è stata curata da Margherita Patti, che ha adattato egregiamente la tragedia per l’occasione. Mentre della scenografia e dei costumi si è occupata Paola Tosti, evocando l’eco lontano di quell’atmosfera arcaica che si respirava nella polis.
Ci sentiamo inoltre di fare un plauso agli attori che hanno saputo interpretare i personaggi esprimendo a pieno la densa emotività che si dovrebbe percepire nelle scene di questo dramma.
Gli interpreti sono stati Angela Agresta, Umberto Bianchi, Mariagabriella Chiinè, Kevin Di Sole, Fabio Fantozzi, Matteo Martinelli e Michelle Rizzo.
Per noi l’approccio allo spettacolo è stato come un perdersi e ritrovarsi, un’estraneazione che diviene coinvolgimento. Grazie a questa tragedia abbiamo avuto nell’atto pratico un’ulteriore conferma delle idee del filosofo francese Batteaux. L’arte non è solo imitazione della natura, ma la sua rivelazione ed espressione.
Parafrasando lo stesso filosofo, possiamo dire che l’Antigone non solo racconta una storia in particolare ma lascia trasparire il fenomeno umano più generale del rapporto tra esseri umani e norme.
Paradossalmente, la distanza della rappresentazione ci avvicina emozioni e sensazioni che potremmo provare nel quotidiano ma permettendoci allo stesso di squadrarle analiticamente in lontananza.
Ogni maschera potremmo essere noi.
Vedere Antigone e Creonte che si autodistruggono (seppur per motivi diversi) non può non porci in uno stato di riflessione.
Antigone lotta strenuamente contro quella che ritiene un’ingiustizia, essendo anche ben consapevole a ciò che andrà incontro.
Creonte, invece, dalla sua posizione di potere, non nota neanche la sua terribile corsa verso il baratro.
“Chi crede di essere l’unico a pensare, di avere animo e parola impareggiabili, si rivela vuoto quando si guarda dentro”.
Ognuno di noi porta dentro una verità, ma quando questa viene imposta come l’unica ammissibile ne scaturisce una forma di violenza.
E anche questo può darci da riflettere, l’atto di fermarci un attimo e concederci un passo indietro può essere tutt’altro che una sconfitta. Avere il coraggio di interrogarci sulla correttezza del nostro operato per rivedere le nostre posizioni può essere la nostra salvezza, può aprirci percorsi che non avevamo neanche immaginato.
Essere arroccati su un’idea inamovibile, invece, non farà altro che creare distanza tra noi e il mondo, generando una separazione sempre più ampia e sempre più ardua da ricomporre. E ce ne renderemo conto quando sarà troppo tardi.
Forse la forza e il potere non sono di chi impone la propria volontà, ma di colui che è disposto a mettersi in dubbio ed eventualmente cambiare la rotta delle proprie decisioni ricalibrando le proprie convinzioni.
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