Il nostro percorso sulla mitologia non è di certo casuale. Dopo aver trattato Thor e Odino, al momento, non ci sembra il caso di continuare col pantheon norreno, ma vogliamo spostarci verso quello greco e latino. La scelta è data anche da un nostro racconto, pubblicato mese di dicembre, ovvero: E luce fu, attraverso il quale avevamo già messo in luce la particolare mancanza di differenze nelle diverse divinità del fulmine e nei signori del principio. Abbiamo, dunque, trattato Thor e Odino come l’inizio dei culti vichinghi perché, a seconda delle diverse regioni, essi venivano adorati in egual modo e avevano per tanto la stessa importanza. Se, infatti, da una parte avevamo il padre dei guerrieri, dall’altra potevamo trovare il padre della conoscenza. Se da una parte abbiamo il tuono, dall’altro abbiamo il fulmine; vien facile pensare a quanto queste due figure siano due facce della stessa medaglia. Due aspetti tanto simili, quanto dissimili, caratterizzati comunque da elementi che possono essere rintracciati all’interno di Giove e di Zeus.
Giovedì è il giorno di Thor, così come lo è di Giove per i latini e di Zeus per i greci. Mentre a Odino spetta il Mercoledì, il giorno di Marte che esamineremo in futuro. Non è un caso se, infatti, attenzioniamo anche Marte per le caratteristiche che potrebbero essere ricondotte a Thor. Entrambi, infatti, sono i signori della guerra coloro, insieme ad Ares, al quale era gradito il sangue e le morti che si riversavano nei tumulti. E se da una parte troviamo Ásgarðr, dall’altra abbiamo i Campi Elisi che segnano la fine del viaggio dei giusti.
Quando, quindi, Gabbani cantava Occidentali’s Karma, possiamo facilmente renderci conto come la maggior parte dei miti hanno più o meno una matrice simile: guerrieri che santificavano il proprio proposito, terrori che venivano esorcizzati con la divinizzazione. Fenomeni naturali che venivano spiegati con la magia. Ma cerchiamo di arrivare al sodo parlando un po’ di queste due figure nel dettaglio.
Il re dell’olimpo greco è il figlio del titano Crono e di Rea. Da una parte, quindi, è figlio del tempo, dall’altra è nipote di Cielo e Terra. Crono è una divinità pre-olimpica, così come sua sorella e moglie Rea, e nell’iconografia comune è colui che mangiò i propri figli. Goya, in tal senso, ne fece una rappresentazione piuttosto vivida e grottesca. A causa di una profezia, infatti, il titano voleva uccidere tutti i suoi figli per paura che uno di questi potesse spodestarlo una volta cresciuto. Essendo la sua progenie immortale, non poteva semplicemente ucciderli, di conseguenza appena nati li divorava. Un giorno, però, rimasta incinta e consultatasi con i propri genitori, Rea decise di partorire in gran segreto a Litto. Consegnò un sasso al marito, facendoglielo mangiare al posto del nuovo nato, e crebbe in segreto proprio Zeus, colui che lo avrebbe spodestato. Il titano, dunque, divenne il simbolo dell’inevitabile cronologia degli eventi, motivo per cui in egli si rappresenta proprio lo scorrere del tempo che da futuro si fa presente per poi divenire passato. Nella mitologia latina, questo mito, trova riscontro della figura di Saturno.
Al contrario di quanto decantato dai greci, i latini preferivano narrare tutti gli amori che il padre delle divinità ha avuto nel corso della storia. Non insistevano mai, effettivamente, sulle origini del Dio lasciando andare la libertà e la ribellione alla figura paterna che invece incarnava nella Magna Grecia.
Zeus è il più giovane dei suoi fratelli, ma non l’unico che sopravvisse alla furia omicida del padre. Le altre divinità, considerate maggiori, infatti sono Ade e Poseidone, ma al loro fianco troviamo anche Estia, Demetra ed Era. Proprio quest’ultima, secondo il suo mito, era sua moglie: Era, infatti, era la protettrice del focolare domestico, del matrimonio e dei figli. Secondo, invece, il santuario dell’oracolo di Dodona, come sua consorte, veniva venerata Dione; elemento che trova riscontro anche nell’Iliade quando Omero decanta le origini della dea Afrodite, figlia proprio di Zeus e di Dione.
Dalla moglie legittima, comunque, Zeus ebbe: Ares, Ebe, Efesto e Ilizia; rispettivamente le divinità della guerra, della giovinezza, del fuoco e dell’ingegneria, e infine della fertilità. Dai suoi molti amori, consumati anche sotto mentite spoglie, si possono ricordare divinità come: Apollo, Artemide, Hermes, Persefone, Atena, Dionisio, Perseo, Eracle, Elena, Minosse e le Muse. Quest’ultime nacquero con la sua giunzione a Mnemonsine, ovvero la memoria, sorella anch’ella di Zeus. Sì, come avete capito gli scrupoli sugli amori tra divinità, specie per Zeus, erano ben pochi. Fatto che gli fece guadagnare non pochi nemici e che, nel corso del tempo, inclinò notevolmente il rapporto in tutto il Pantheon. D’altra parte, neanche il nostro Giove si comportava in maniera tanto differente, basti elencare i miti corrispondenti alle divinità greche per rendersi conto che la nascita di quelle latine è analoga.
I rapporti di unione di Giove e di Zeus, comunque, nel corso del tempo furono d’ispirazione a numerosi artisti sia essi poeti, sia essi pittori. L’arte, infatti, ha da sempre attinto alla mitologia greca e latina riuscendo a rendere ancor vive queste divinità. Numerose sono le opere di fantasia che rielaborano la loro epopea, così come altrettante sono le rappresentazioni filmiche che fanno la stessa cosa. La più recente è Russell Crowe in Thor Love and Thunder che, con suo teatrino, dà vita a uno Zeus dedito all’ipocrisia della sua sete di potere. Una divinità ingrigita dal passare degli anni, che però cerca di vantare non si sa bene quale diritto di comando grazie alla propria folgore.
Da regione a regione, sia in quelle greche che in quelle latine, in ogni caso, i miti di Giove e di Zeus assumono sfumature leggermente diverse. Elevato al di sopra delle altre divinità, glorificato per i suoi poteri, per essere il fenomeno naturale più spaventoso ai tempi, egli resta il simbolo della rivolta e della forza. Fulmine e tuono che si condensano in un concentrato di machismo e di possessività. Non si può di certo dire che Zeus attendesse il consenso per congiungersi a uomini, donne e/o oggetti.
Adoggi, infatti, guardiamo al mito di questa divinità con una moralità differente, senza pensare al grande senso di libertà o, allo stesso tempo, di impotenza che si poteva trovare in esso. Basti pensare che i greci non possedevano una parola per poter indicare gli omosessuali, perché semplicemente non ve ne era la necessità. Attraverso la mitologia, infatti, ricercando le vecchie figure del passato, ci si può render conto di quanto e di come le cose si siano evolute oggi giorno. A noi non restano altro che templi, edifici, e monumenti da guardare con lo stupore e la meraviglia per una realizzazione e un’arte che ai tempi veniva totalmente votata alla fede.
Il trono degli dei è ancora di Zeus, nonostante le fatiche di Ercole o le imprese di tutti i suoi figli/nipoti.
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