Sul blog non ci siamo mai soffermati a recensire la serie televisiva di Loki perché eravamo curiosi di sapere come si sarebbe inserita all’interno delle nuove fasi che si stanno delineando. I prodotti di Disney+, lo sappiamo, sono ormai parte integrante di questo macro-progetto fatto di infiniti universi, tutti canonici. Tutto ciò che è nel catalogo della piattaforma di Topolino, dunque, si inserisce come tassello di un grande puzzle. Non c’è da stupirsene, del resto i fumetti avevano fatto la stessa cosa durante la loro Silver e Golden Age: spin-off su personaggi più o meno graditi al pubblico che prendono il via e si muovono sulle corde dell’affetto dei fan.
Quindi, non ci stupiamo che un personaggio come Loki venga tirato dal cilindro per la sua stessa natura intrinseca. Del resto, vi abbiamo già parlato dell’inganno all’interno della mitologia e dell’immaginario collettivo, perché non fare lo stesso con l’universo cinematografico della Marvel?
Tom Hiddleston ha un grande potere attrattivo delle masse, il suo talento recitativo è indiscusso e il suo doppiaggio in italiano è eccelso. Abbiamo avuto modo di parlare, in passato, con David Chevalier del suo percorso su questo personaggio e casualmente gli articoli di questa settimana si incastrano bene tra di loro. Ma procediamo con ordine e tracciamo il percorso evolutivo che ha segnato questo personaggio e tutte le sue varianti.
Siamo al termine di Infinity War, abbiamo lasciato Loki nel suo ennesimo inganno: per salvare gli Askardiani e difendere suo fratello il dio si piega al volere di Thanos provando a imbrogliarlo. Tanto vicino alla gola del titano da venirne definitivamente schiacciato. E se siamo, in un certo qual modo, abituati alle sue morti e al suo ritorno, in questa pellicola tutto sembra decisamente più definitivo del solito. Loki, infatti, era solito perire per poi tornare, un tranello di poco conto che gli faceva valere la sua fama.
Quando gli Avengers tentano il loro piano per sovvertire le sorti del blip, però, qualcosa non va. In End Game i viaggi temporali incasinano la linea che finora era stata tracciata, permettendo al Loki di Age of Ultron di scappare dallo stato d’arresto in cui era stato rinchiuso. Si crea, in questo modo, una variazione della linea temporale che spinge l’anti-eroe a non vivere gli eventi che lo porteranno alla sua morte. Cancellato il Ragnarok, lo scontro con la sorella (in questo caso) Hela, e lo sfortunato incontro con Thanos, questo Loki è una variante da dover cancellare. Veniamo a conoscenza, infatti, di una sorta di associazione che preserva il flusso dello spazio e del tempo, seppur questo non sia realmente lineare per come lo intendiamo noi.
In soli sei episodi, il Dio dell’Inganno si trova con in mano il Tesseract, lo perde e lo ritrova, capendo la poca reale importanza delle gemme dell’infinito e mettendo in discussione quanto vissuto finora. Senza considerare che lui non è l’unica variante che sta sfuggendo al controllo della Time Variance Authority (l’associazione di cui abbiamo accennato prima). Basti pensare a Gamora, soprattutto alla luce dell’appena pubblicato trailer del prossimo volume dei Guardiani della Galassia.
Mettendo da parte tutto il resto dell’MCU, quindi, siamo totalmente concentrati dalla fuga e dalle scoperte che Loki sta facendo. Eventi che fino ad Ant-Man and The Wasp non si stavano collegando concretamente. Basti pensare al modo con cui il Multiverso è stato affrontato da Raimi per il suo Doctor Strange, o a quello che abbiamo avuto modo di vedere con lo Spider-Verse. Tutte variazioni che ancora non hanno trovato una totale coerenza, se non quella che viene portata in scena da Kang Il Conquistatore. Ma non siamo qui per parlare davvero degli eventi che riguardano il Multiverso, su questo possiamo aprire ulteriori spunti di riflessione. Concentriamoci invece sulla crescita che è possibile vedere in questo personaggio.
"Non faremo chiamate aiuto" |
Appellandosi alla magnanimità del prossimo, il nostro protagonista riesce sempre a salvarsi. Anche se Loki combina guai e distrugge qualsiasi cosa intralci il suo cammino, ne esce sempre sconfitto, esattamente come un cattivo dei cartoni animati: deriso, sconfitto, ma salvo. In lui possiamo vedere il carattere di un bambino viziato che sfoga la sua frustrazione sul prossimo. Non ama abbastanza se stesso per potersi accettare, essendo sempre stato trattato come un eterno secondo, quindi usa la sua magia per assoggettare il prossimo e per farsi trattare come un dio, come un salvatore. Ma non accettandosi lui in primis, non può pretendere che il popolo si inchini a lui e che, da bravo soldatino ubbidiente, esegua qualsiasi ordine. Loki si arrabbia, reagisce eccessivamente, sfrutta il male che ha intorno perché possa, per una volta, sentirsi migliore di Thor. Ma non è così che funziona. È arrogante, pieno di sé, bugiardo cronico, conscio di una forza che non gli appartiene, ma come poi conferma nella prima puntata della serie tv “Loki”, ammette che si tratta di tutta una finzione. Quando si rende conto del male fatto alla sua famiglia, la sua apparente sicurezza vacilla.
“Sai, non mi diverte ferire le persone. Non mi diverte. Lo faccio perché devo farlo, ho dovuto farlo. Perché fa parte dell’illusione. È il crudele ed elaborato trucco ideato dai deboli per incutere timore.”
Nel corso della serie, abbiamo avuto modo di vedere come il carattere di Loki sia in continuo divenire. Da bugiardo cronico, si trova davanti al dover affrontare questo suo lato ombra, a dover combattere per essere creduto. Il punto del suo carattere è tutto qui: quando qualcuno si affida veramente a lui, vi ripone la propria fiducia, Loki si sente finalmente accettato. Capisce cosa vuol dire sacrificarsi per qualcuno, combattere per chi ama, anche a costo di perdere la vita. Le sue bugie scemano, a favore di una verità più grande che lo porterà ad abbracciare la propria oscurità e ad amarsi, come doveva fare dalla sua prima apparizione. È il compimento del suo scopo primario, trovarsi di fronte a una, o più, varianti di se stesso per accettarsi, per non mentire ulteriormente su ciò che sente e su ciò che è. Ammettere la propria debolezza è qualcosa di incredibile per il personaggio, qualcosa che tutti avevano sempre pensato, ma che alla fine Loki stesso razionalizza. Capire sé stessi è il primo passo per la redenzione.
Al di là di tutta la questione supereroistica, dunque, ci troviamo davanti a un personaggio che ha dovuto affrontare tutte le differenti declinazione del proprio carattere. Dall’essere arrivista, all’essere debole, così come anche all’essere un ragazzino o un anziano, ma anche un animale. Il Dio dell’inganno, oltre al suo fare mellifluo, conferisce in sé i lati più immaturi dell’agire umano. Fallace sotto diversi punti di vista, agisce per ego e per orgoglio. Nella sua crescita, in queste sei puntate, scopre e capisce per la prima volta che può essere l’eroe della sua stessa storia. Il suo destino, in quanto variante, non è quello di essere secondo, ma di essere pari al nuovo compagno: Mobius (Owen Wilson).
Amare se stessi vuol dire acquisire la capacità di comprendere l’altro. Chiunque abbiamo davanti a noi è il nostro specchio e non è un caso che Loki si abbandoni all’amore solo con la versione di sé, esattamente come trova l’amicizia successivamente. Non ci resta che vedere Ant-Man per poter comprendere l’esito del suo destino e del multiverso. Così come dobbiamo attendere la seconda stagione per poter conoscere l’epilogo della sua storia d’amore. L’inganno si sacrifica, abbandona l’ego e riesce a essere l’eroe che non è mai riuscito a essere.
Innamorata di questa recensione♥️
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