(Francesca Angeletti)
Questo è il debito salato che dovranno estinguere le mie prossime incarnazioni.
Non ho capito quando sia iniziata questa doccia, non ho capito quanto tempo è passato.
Ma mi ritrovo ancora sotto quest’acqua, forse la stessa che per legge del contrappasso piove dal soffitto del mio appartamento.
Pensieri, parole dette e non dette. Opere omesse nel tempo, tutta colpa dell’essere in ritardo.
Scusate, non è stato neanche il traffico. È che la doccia stavolta è durata più del solito.
Sì, sarà questa la mia scusa quando finirò questa doccia. Che poi non è una scusa, è la verità.
Ma ancora… l’acqua è tiepida e la mia volontà è troppo debole in questo momento per comandare i miei muscoli.
“Il cuore è trafitto da disdicevoli maledizioni
scagliate da passate e future incarnazioni
da qui all’alba di quella genesi dipartita
nella metamorfosi della doccia infinita”.
E così vedo il passato, ma ancor più chiaramente vedo il futuro. In una delle prossime incarnazioni forse potrei morire di sete. Ho bisogno di lavarmi ancora, ma forse più di così non posso.
Sto solo perdendo tempo forse, quest’acqua non è la risposta, ma tutt’altro. Un nuovo problema.
Forse questa vita è già irrimediabilmente macchiata.
“Lo sporco resta dentro fino a quando non muori.”
(Alessandro Vacca, Sporco)
Ma quanto tempo è passato, quanto ne sta passando? Sono qui da così tanto che non saprei immaginarmi più la vita senza lo scrosciare dell’acqua sul mio corpo. Posso davvero chiudere il flusso ? E cos’era quest’acqua un tempo?
Ecco lo sapevo. Levo per un istante la tenda della mia doccia e guardo fuori. Non c’è più nulla, né il mio bagno e né la mia casa.
Forse dovrei finirla di abusare di questo escamotage metaforico narrativo, ma è più potente di quanto crediate.
Fatto sta che la doccia sta ancora scorrendo, all’infinito e oltre il tempo.
È il dramma di una bolletta dell’acqua che non posso saldare in una sola vita.
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