Questa è senza alcun dubbio la settimana di Spiderman No-Way Home. Il film ha, infatti, galvanizzato le masse con tutto l’entusiasmo e l’attesa che è riuscita ad accrescere dal giorno in cui ne era stata annunciata l’uscita, diventando, così, inevitabilmente uno dei film più attesi per queste feste. Non tutti lo hanno ancora visto, ma noi di 4Muses non ci siamo lasciate scappare l’occasione e, dopo una prima recensione, siamo qui per poter cercare di approfondire ulteriori aspetti di questa pellicola.
Per questo approfondimento non possiamo non citare i rinnovati accordi trovati tra Marvel e Sony. Accordi che permetteranno la continuità dello Spiderman di Tom Holland, all’interno dell’MCU, ma che soprattutto gli daranno un nuovo inizio. L’attenzione che, infatti, vogliamo porre su questo articolo è proprio sulla costruzione sulla caratterizzazione di uno dei migliori personaggi creati da Stan Lee e Steve Ditko.
Prima di addentrarci, dunque, nell’analisi e nella crescita di questo personaggio; vogliamo ricordarvi che presto verrà reso omaggio alle avventure dell’amichevole Spiderman di quartiere anche attraverso un’opera d’animazione: “Spiderman: Freshman Year”.
Ce lo siamo, però, già detti con il precedente articolo: siamo a pochissima distanza da Spider-Man Far From Home e riprendiamo dalle conseguenze che la rivelazione di Mysterio avevano apportato nella vita di Peter Parker. Per poter rimediare al disvelamento della sua identità, Peter decide di chiedere aiuto a Doctor Strange, ma nel lanciare l’incantesimo qualcosa andrà storto e, su Terra (tecnicamente) 616, vengono attirati coloro che conoscono la reale identità di Spider-man. La domanda, qui sorge spontanea: ma il Venom di Tom Hardy quando è stato a contatto con Spider-man? Non si trovano neanche nella stessa città. Quel Venom ha più probabilità di venire a contatto con le particelle Pym che non con Spider-man: San Francisco e New York non sono poi vicinissime. Quindi era strettamente necessario che questo Venom, nella post credits, lasciasse un pezzettino di sé in questo universo?
Ma citiamo, fin da subito, Venom per una principale ragione: l’evoluzione che avranno i personaggi. Perché, se di accordi abbiamo parlato, non possiamo fare a meno di menzionare il fatto che in cantiere sembrano esserci altri tre capitoli che prevedranno l’uso di Tom Holland nei panni della tutina blu e rossa. E ciò lo si può dedurre anche dalla conclusione stessa del film. Infatti i riferimenti a questi ulteriori progetti sono ben visibili attraverso le scelte fatte nelle ultime scene del film come: la versione fumettistica di Spider-man quando si “schianta” contro la telecamera e, soprattutto, il fatto che finalmente torniamo a un costume fatto e cucito dallo stesso Peter.
Questo Peter, nonostante i lutti che ha affrontato in tutto l’MCU, durante le sue varie apparizioni, ha affrontato il dolore più grande; la perdita maggiore che lo ha lasciato orfano e senza null’altro che se stesso. No-way Home è un resettaggio, perché l’unico che non ha modo di tornare a casa è proprio il nostro protagonista che, adesso, è costretto ad andare avanti e a dover affrontare la durezza della vita come ogni singolo newyorkese.
Come gli altri Spider-man prima di lui, infatti, anche quello di Tom è arrivato al suo “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Frase che, fin da quello di Tobey Maguire, è stata data in bocca a Zio Ben, ma che in realtà è di Stan Lee stesso e segna la nascita definitiva del nostro amato eroe.
In un certo senso, infatti, se da una parte abbiamo una sorta di catarsi per gli antagonisti storici degli altri Spider-man (cosa che analizzeremo attentamente tra qualche riga); abbiamo, in realtà, anche un’evoluzione e una “redenzione” dal lutto per tutti e tre gli Spider-man presenti sullo schermo. La scelta, infatti, di costruire alcuni istanti in un dato modo non è lasciata al caso (non che ci siano cose realmente fatte a caso nell’MCU). Ad esempio in un solo film assistiamo non sono a citazioni e parallelismi con quanto realizzato nei film sotto esclusiva casa di Sony, ma anche un passo successivo nell’evoluzione di quelle caratterizzazioni un po’ troncate a metà. Istanti in cui viene chiesto allo Spider-man di Andrew se ad oggi avesse un nuovo amore, il riferimento a ciò che non ci era stato mostrato nelle scene finali di The Amazing Spiderman 2 è presto fatto. Dopo Gwen -sorvoliamo sulla scena di No-Way Home altrimenti potremmo tornare a piangere- questo Spider-man avrebbe dovuto incontrare la sua Mary Jane (ai tempi i panni sarebbero stati vestiti da Shailene Woodley); cosa che non è avvenuta perché non c’è stato un terzo capitolo. Quindi abbiamo la redenzione del dolore di Andrew attraverso il salvataggio dell’MJ di Tom.
Allo stesso modo, va sicuramente sottolineata la scena in cui Tobey viene pugnalato da Goblin: familiare no?
Quindi da una parte abbiamo la guarigione dei supercattivi, come atto di redenzione; dall’altra invece abbiamo l’estirpazione del dolore dei nostri eroi. Lo stesso avviene per lo Spider-man di Tom Holland attraverso l’attimo in cui la sua voglia vendicativa viene fermata da Tobey.
La perdita della persona amata, sia che essa sia lo zio, la zia o la propria ragazza, segna la reale nascita di uno Spider-man. Per chi conosce i fumetti, o ha avuto modo di vedere Into the Spider-verse, conosce bene questo passaggio e questo step necessario per la nascita reale dello Spider-man. Finora, infatti, abbiamo avuto un ragazzino che per lo più ha giocato con la tecnologia e ha cercato di fare la cosa giusta secondo la propria immaturità. Un ragazzino che ha avuto fin troppe figure paterne sostitutive, ma che ancora non si era trovato davanti il vero dolore, la vera perdita.
Ecco perché No-way Home segna un punto di non ritorno. Un punto di passaggio che ci fa riprendere in mano la storyline più classica dello Spider-man che tutti amiamo. Anche se, dobbiamo ammettere, che una parte di noi con questa trilogia aveva sperato che ci saremmo risparmiati la morte di zio Ben; ma del resto abbiamo avuto quella di Zia May.
L’emotività è, dunque, alle stelle per tutto il film. Non si può fare a meno di piangere, di saltare sulla poltrona, di esultare e di urlare guardando lo schermo. Spider-man, con questo capitolo, è riuscito a creare una collettività di fan unita davanti a un grande ed unico schermo. L’eroe minimo per eccellenza, quello che nasceva dal basso (dal Queens), che non aveva altro che la matematica e la voglia di rimboccarsi le maniche è tornato. Non ha la tecnologia Stark, non ha gli amici, non ha famiglia, ha solo un affitto da pagare ogni primo del mese.
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