sabato 25 giugno 2022

#Musica: Scatole

Cosa vuoi fare da grande?
Quante volte ve l’hanno chiesto da bimbi o quante volte l’avete sentito chiedere a nipotini, cuginetti o chi per loro? Quante volte l’avete chiesto voi?

Questa è, in realtà, una delle domande peggiori che si possano fare a un piccolo umano in fase di sviluppo, e non tanto per la domanda in sé (che al bambino al massimo fa immediatamente galoppare con l’immaginazione), quanto per le aspettative riposte dietro questa domanda.
Aspettative che si protraggono durante la preadolescenza, l’adolescenza e l’età adulta.
Aspettative di tutti: degli amici, degli insegnanti, del quartiere in cui viviamo, della società in generale e, nemmeno a dirlo, dei nostri parenti e genitori.

Scatole” è una canzone personalissima scritta da Riccardo Zanotti, frontman dei Pinguini Tattici Nucleari, e pubblicata nell’album “Fuori dall'Hype” pubblicato nell’Aprile del 2019.
Personalissima, eppure che riguarda tutti.

“Mio padre ha sempre fatto il muratore
odia chi si lamenta, chi sta zitto e gli ottimisti
ha sempre poco tempo per l’amore
e tutte le altre cose inventate dai comunisti
il suo diploma da geometra sta appeso in soffitta da vent’anni
in una teca polverosa
e da piccolo sognavo anch’io di avere
una teca che dicesse che so fare qualche cosa
lui avrebbe voluto che facessi gli studi d’architetto
oppure da ingegnere
ma io volevo fare il musicista
a suonare la chitarra, passavo le mie sere
ricordo un giorno mi prese da parte
mi disse: «Non capisci proprio un cazzo della vita
perché solo a chi si sporca le mani
è concesso il privilegio di avere una coscienza pulita»
Sì, ma io non sono come te
di quello che sarò tu che ne sai?
sì, ma io non sono come te
vedi di non dimenticarlo mai”

Dal semplice sognare il futuro lavoro di un figlio non ancora nato all’imporre una facoltà universitaria, includendo tutto quel che c’è nel mezzo (commenti, consigli non richiesti, critiche, minacce più o meno velate, battutine…), tutti i genitori cadono nel tranello, prima o poi.
Tutti, nessuno escluso: i severi e gli indulgenti, gli aperti di mente e gli ottusi.
E ovviamente i figli da bravi figli, non fanno mai quel che gli viene detto.

Se da una parte speriamo vivamente che voi vi siate sentiti dire da vostro padre o vostra madre “Non capisci proprio un cazzo della vita” o simili perché sarebbe un indice della vostra ribellione nei confronti delle loro attese nei vostri confronti, dall’altra possiamo dirvi quanto fa male vedere la delusione negli occhi delle persone che vi hanno messo al mondo, la voglia che questa delusione può far venire di tornare sui propri passi.
Che le attese dei nostri genitori siano state spezzate da adolescenti o da adulti, è fondamentale cercare anche solo per un momento l’adolescente che è in noi per avere il coraggio di dire che non siamo come nostra madre o nostro padre, è fondamentale utilizzarlo per spezzare i cicli generazionali ed essere quella persona stramba in famiglia che quando entra in una stanza fa calare il silenzio perché è l’unica a non aver rispettato le regole imposte.
Riccardo stesso in queste strofe parla da adolescente a cui non frega niente che non vuole ascoltare, e forse va bene così.

Va bene così perché bisogna accettare, a un certo punto della vita, che non siamo e non dobbiamo fare le cose come le hanno fatte i nostri genitori e che il cordone ombelicale prima o poi bisogna avere il coraggio di tagliarlo, anche se di forza.

“Ed un po’ come un testimone di Geova
il mio futuro spesso suonava al campanello
ed io non ci provai neanche ad aprire
solo per diventare un ingegnere o un architetto
io volevo far piangere la gente
e davanti a dei mattoni nessuno si commuove
perché le case in fondo sono solo scatole
dove la gente si rifugia quando fuori piove
e poi un giorno sono andato a Londra
era per studiare musica all'università
e durante gli anni tra un esame e l’altro
ho ripensato spesso alle parole di papà
Sì ma io non sono come te
di quello che sarò tu che ne sai?
sì, ma io non sono come te
vedi di non dimenticarlo mai”

Della vita privata di Riccardo Zanotti si sa ben poco, ma si sa che nel 2014 si trasferisce a Londra per studiare alla University of Westminster e laurearsi nel 2017 in “Commercial Music BA (Hons)”.
Faceva il barista da Costa Coffee, scriveva musica e studiava, ma faceva quello che voleva lui.
Quando si intraprende un percorso lavorativo e questo viene contestato, pare quasi (quasi, eh) che i sopracitati consigli e le sopracitate critiche aumentino, così come aumentano le apparenti opportunità che l’Universo (o “il futuro”, come viene chiamato nel brano, o Dio. Insomma, chiamatelo come volete ma tanto sappiamo tutti che tanto stiamo parlando tutti della stessa cosa) ci manda; opportunità ben mirate e solitamente in linea con quel che è stato il nostro percorso di studi o lavorativo fino a quel momento.

Un posto fisso.
Un buon salario.
Un concorso.
Un volantino per strada.
Un annuncio pubblicitario.
Noi lo sappiamo bene e a quanto pare lo sapeva molto bene anche chi ha scritto questa canzone, che l’Universo è un bel simpaticone e si diverte non poco a metterci davanti a prove per vedere se quello per cui ci siamo tanto ribellati e tanto battuti è veramente quello che vogliamo. Lo fa costantemente ma, abbiamo notato, con il lavoro lo fa molto di più… sarà che è universalmente molto più facile farsi corrompere dal Dio Denaro, ma quando si parla di lavoro, periodicamente, mentre si inseguono i propri sogni, si inizia veramente a essere bombardati di opportunità lavorative anche sinceramente allettanti.
Se un sogno è il nostro sogno, quello per cui siamo venuti al mondo, è ancora bene ricordarsi delle parole di quel genitore che ci ricorda(va) costantemente che non saremmo andati da nessuna parte.

Attenzione, però.

“E adesso anche io c’ho una soffitta
ed un pezzo di carta in una teca pulita
e non faccio l’architetto o l’ingegnere
mio padre in qualche modo ha accettato la mia vita
gli dicevo: «Io non sono come te
io sono diverso, io sono migliore»
ma le canzoni in fondo sono solo scatole
dove la gente si rifugia quando fuori piove”

Attenzione, però.

Riccardo in quest’ultima strofa parla da adulto. Un adulto che ha smesso di fare la guerra con suo padre, forse anche perché suo padre ha smesso di farla con lui.
Se come recita il libro del Qoèlet per ogni cosa c’è il suo momento, allora c’è un momento per essere adolescenti e un momento per essere adulti.
Arriva un momento in cui è necessario smettere di sentirsi migliore dei nostri genitori solo per il piacere di sentirsi tali, e ammettere che non sono tanto diversi da noi.
Anche lavorativamente parlando.
Anche se lui fa il muratore e tu fai il cantante.


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