Che ci piaccia o meno ammetterlo, il periodo nefasto della primavera 2020 ha avuto un impatto violento sulla nostra psiche. I più fortunati si sono visti dentro, hanno affrontato loro stessi con estrema forza ma sempre guidati dal terrore più puro. I meno fortunati, invece, hanno fatto finta di niente, vinti da una paura che non li lascia totalmente liberi neanche ora.
Che si sia stati in un team o in un altro, poco importa, perché almeno inizialmente, tutti siamo caduti nella trappola del divide et impera, illudendoci che una guerra tra poveri avrebbe fatto di noi i veri eroi agli occhi della storia.
Tutto questo è ben presente nel libro di Joyce Conte: “Le nove notti di Sminteo”, di cui vi avevamo già accennato in questo articolo.
Il tema fan fiction ci piace tantissimo, o non avremmo continuato qui Penny Lane, così ci siamo da subito incuriosite dell’idea di Joyce – possiamo dire con orgoglio che è il nostro Apollo – di immaginarsi i personaggi dell’Iliade – Achille, Agamennone, Patroclo, Sminteo… - alle prese con una situazione che noi possiamo attribuire alla pandemia che abbiamo vissuto in prima persona.
Un morbo invisibile si abbatte sugli accampamenti degli Achei: ogni essere umano si scopre improvvisamente fragile, sotto le grinfie di sintomi che tolgono velocemente il respiro e condannano alla morte in breve tempo. Come se tutto questo non bastasse, il primo, fondamentale rituale per l’accettazione del lutto viene calpestato, definendolo non necessario per motivi igienici.
Il brutale prende il posto dell’umano e trova la sua giustificazione nella più delle illogiche motivazioni. Uomini che si comportano da animali, che ignorano il motivo di cotanta maledizione sfociando nell’ignorante superstizione.
Perché abbiamo accettato di buon grado di negarci i rapporti umani? È una domanda che ci siamo sempre poste e grazie a ciò che ci ha insegnato Joyce nel suo libro, possiamo concludere che lo abbiamo accettato perché non abbiamo mai veramente amato. Chi ha sostenuto, nei mesi passati, di rimanere a casa, urlandolo dalla finestra quando anziani si riunivano ai parchi, ci spiace ammetterlo, ma non ha mai provato il vero amore. Perché è quella la sensazione che ci fa andare oltre; oltre i giudizi, oltre alle guerre, alle divisioni, all’insensatezza padrona di questi due ultimi anni.
Non esistono mai vincitori o vinti, meno che mai in questa situazione: ogni dolore serve, alimento necessario per la nostra crescita personale.
La storia italiana insegna che siamo abili nel ricostruire dove prima avevamo distrutto ed è probabilmente questo che dovremmo fare: ricominciare. Non è mai troppo tardi!
Per un approfondimento più dettagliato, vi lasciamo qui il link alla puntata di Apollo Station dove Joyce Conte è stato nostro ospite!
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