Qualche lunedì fa abbiamo avuto Lorella Fiorelli come ospite ad ApolloStation, su RadioSapienza, e abbiamo avuto modo di parlare del modo con cui le donne dovrebbero imparare a sostenersi a vicenda. Cosa non sempre facile perché negli anni si è sempre e più sedimentata l’idea dell’Eva contro Eva. Un concetto che in realtà troviamo anche all’interno della commedia romantica di Netflix: Una Cheerleader per sempre.
Il film ha come protagonista una giovane ragazza australiana che, negli anni ’90, era esclusa dal contesto dell’High School ancora suddivisa tra popolari e “sfigati”. Ricercando quell’ideale di vita perfetta, Stephanie decide di diventare la ragazza più popolare: ragazzo figo, capo delle cheerleader, il cliché insomma con cui molte di noi sono cresciute dal fronte dell’immaginario americano. Seguendo le più classiche delle narrazioni, lei si fa nemica la ex capitana delle cheerleader che le tira un brutto scherzo facendola cadere durante una delle esibizioni pubbliche. Questa caduta fa si che Stephanie finisca in coma e che per vent’anni non vivesse la sua vita nonostante i sogni e la voglia che aveva di farlo.
Una volta sveglia, il suo obiettivo è quello di riprendere quanto aveva lasciato. Tornare a lavoro sulla costruzione della vita perfetta che tanto stava cercando di inseguire durante il suo senior year: diventare reginetta e stare insieme all’uomo dei suoi sogni. Ma le cose non sono più come le aveva lasciate.
Stephanie, i cui panni da adulta sono vestiti da Rebel Wilson, si ritrova in un mondo che ha a che fare con la cultura del 2022 e quindi è costretta a confrontarsi col politicamente corretto e con l’estrema ricerca di inclusività che tanto caratterizza l’America nell’ultimo periodo.
All’interno di questa pellicola, infatti, nonostante l’apparente leggerezza grazie alla tematica e al genere trattati, si nasconde una critica ben più profonda. Risvegliarsi improvvisamente dopo vent’anni fa comprendere, alla protagonista specialmente, come la società è cambiata e quanto restrittiva in realtà sia diventata. Le etichette, l’inclusività, tutte tematiche sulla quale si discute, oggi giorno, a livello socio-culturale. Si cerca la tolleranza premendo sull’intolleranza e sul divieto.
Stephanie si è risvegliata in un mondo in cui apparentemente la popolarità non è più interessante a liceo, ma si tratta di una semplice superficie. Non si fa più il ballo, non si eleggono le reginette o i re, ma ci si scontra a colpi di numeri sui social e i trend. Ciò dimostra quanto da sempre la ricerca del consenso, inserimento in un gruppo, ci renda non solo animali sociali, ma è insito nella nostra società. Istintivamente, se inseriti all’interno di un dato contesto, l’uomo è portato a cercare il proprio gruppo e seconda delle diverse personalità ci si rende leader o spalle (questo dipende solo dalle singole inclinazioni), ma siamo tutti portati a fare gruppo. Non lo si fa per esclusione, ma per senso di appartenenza. Non si può piacere a tutti, non si deve piacere a tutti, non si deve essere accettati da tutti.
Al di là dell’ambiente scolastico, quello che il film ci pone come tematica centrare è comunque la crescita della nostra protagonista. Ancora una volta, infatti, ci si rende facilmente conto di come in realtà non si cambi molto diventando adulti. I compagni con la quale Stephanie era costretta al confronto durante l’High School adesso si presentano secondo diverse forme, ma non cambiando le loro modalità d’agire. E se da una parte il pubblico può capire e comprendere la mancata crescita di Stephanie, a causa degli anni in coma, non si può realmente comprendere come sia possibile che i suoi compagni non siano usciti da quelle dinamiche. È interessante, sotto questo punto di vista, quanto le apparenze ingannino e cristallizzino l’uomo. Restare bloccati all’età liceale vuol dire aver inseguito per tutta la vita degli obiettivi che ci hanno lasciati fuori fuoco.
Così ci troviamo davanti a una madre insoddisfatta del proprio matrimonio, che entra in competizione con la figlia e vive attraverso di essa. Allo stesso tempo, abbiamo un uomo fedifrago legato ancora alla voluttà della bellezza. Ma anche gli amici più vicini alla protagonista sono lì per poter cercare di insegnare qualcosa al pubblico. Seth, amico storico della ragazza lasciato da parte nella sua cotta per lei quando erano ancora ragazzini, le farà comprendere l’importanza di non metter da parte le persone che ci amano. Mary le farà capire cosa voglia dire non aver tolto del tutto il passato vissuto, il risentimento, ma allo stesso tempo le farà comprendere che le è sempre stata vicina e che era una delle poche persone a esserle realmente amica.
Superando la superficie, infatti, la nostra protagonista si trova a rivivere quella crescita che avrebbe dovuto affrontare vent’anni prima. Lo fa in pochissimo tempo apprendendo fin troppo rapidamente dai propri errori. È pur vero che tale rapidità dipende dalle esigenze filmiche, è comunque una commedia ed è necessario che lo spettatore abbia il suo lieto fine.
Una cheerleader per sempre è un film gradevole e interessante, ragiona con leggerezza su ciò che oggi si può o non si può dire e allo stesso tempo spinge lo spettatore a mettersi nei panni in crescita della protagonista. Rebel Wilson uscita dal suo ruolo di spalla comica è divertente, spiritosa, bellissima e brillante. Il ruolo le è stato palesemente cucito addosso, ma non risulta mai ridicola o fuori posto nonostante la trama cerchi di premere su questo aspetto (una quarantottenne al liceo). Un’ottima rivincita anche alla luce di tutto il percorso umano che lei ha fatto nell’ultimo periodo.
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