Ho accennato uno degli argomenti di cui parlerò in questo articolo nell’articolo “Con il rischio di andare contro al concetto di orgoglio” ma non ne ho mai parlato approfonditamente con nessuno, nemmeno per sbaglio.
Non che sia strano per me (e per noi di 4Muses) non parlare delle cose, anzi: in realtà anche se scriviamo tantissimi articoli nella categoria “Pensieri”, è importante che chi legge non si illuda, perché la maggior parte di quella che è la nostra persona è tenuta ben nascosta. Conosciamo benissimo però l’importanza che può esserci dietro un’esperienza personale raccontata con il cuore in mano e sappiamo molto bene anche qual è la differenza tra l’essere persone private e l’alzare dei muri di proposito.
E parlando personalmente, ho smesso di essere una fan dell’alzare i muri anni e anni fa.
Molto spesso – troppo spesso – le due parole vengono utilizzate come sinonimi, ma i più attenti ai termini sapranno che non sono affatto la stessa cosa.
Se fare coming out significa dichiarare volontariamente il proprio orientamento sessuale, fare outing a una persona significa dichiarare pubblicamente l’orientamento sessuale di qualcuno senza il suo consenso e senza che ne quella persona ne sia a conoscenza.
Questo articolo doveva essere un “MustToWatch” sul film “Tuo, Simon”, e in realtà stava andando tutto bene: l’ho guardato, mi sono messa a dormire e la mattina, quando mi sono messa davanti al PC per scrivere la recensione, dopo un po’ mi sono resa conto che non avrei fatto molta strada.
Nella puntata di Apollo Station del 16 Maggio, quella in cui abbiamo avuto come ospite la scrittrice Lorena Fiorelli (abbiamo anche scritto una recensione sul suo libro “Le Convenienze”), abbiamo parlato molto del flusso di coscienza e di come la maggior parte delle volte quando uno scrittore ha in mente delle parole ben precise da scrivere alla fine nella maggior parte dei casi non scrive assolutamente quello che ha in mente, ed è assolutamente quello che è successo con questo articolo.
Avrei voluto scrivere tantissime belle cose sull’importanza di avere una famiglia e degli amici che ti supportano, di un ambiente scolastico che prende provvedimenti nei casi di bullismo e sull’uscire pressoché indenni da situazioni di questo tipo, ma non sarebbe stato un articolo sincero.
Non è quello che ho vissuto io e soprattutto non è quello che hanno vissuto una grande fetta dei miei conoscenti dopo il loro coming out (o dopo essere state vittime di outing).
L’unica cosa che rimarrà invariata è quel che scriverò sul gesto dell’outing.
Per me stranamente è sempre stato molto semplice, è da quando ho otto anni che penso: “Mi piace quello che mi piace” e non c’è niente di complicato in ciò, al mio interno continua a non esserci niente di complicato in ciò nemmeno a ventidue anni, ma se dicessi che l’argomento “orientamento sessuale” è rimasto intoccato ed è circondato da un’aura di fiori, fate e arcobaleni mentirei spudoratamente.
In questo articolo non sto facendo ovviamente nomi e cognomi e per ovvi motivi (non voglio una denuncia per diffamazione) sono costretta ad agire a favore delle tenebre (grazie a Frè ho imparato che quando è necessario devo saperlo fare), ma tanto so che se mai la persona in questione dovesse leggere questo articolo saprà molto bene di essere lei.
“Temo anche con la mia famiglia”, perché mi ricordo che un giorno dopo essere tornato da un colloquio con la rappresentante dei professori, mio padre non riusciva a guardarmi nemmeno in faccia. Non ha mai detto niente, ma non mi riesco a togliere dalla testa il fatto che per anni ha faticato a guardarmi in faccia quando alla domanda: “Con chi esci?” rispondevo: “Con un’amica”.
Mio padre non è omofobo, attenzione, non penso gli interessi molto o comunque non mi fa pesare il fatto che non mi piacciano solo gli uomini, ma ha sempre più di sessant’anni e non riesco a togliermi dalla testa che forse se l’avesse scoperto meglio, se glielo avesse detto sua figlia invece di una tredicenne qualsiasi magari non avrebbe risposto “Mi dispiace” quando gli ho detto di aver iniziato a frequentare Martina – la mia ormai ex – a Dicembre del 2020.
Dopo essermi sfogata un po’, però, ammetto che a mente fredda mi sfugge una domanda: a che pro tutto ciò?
Volevi farti grossa? Farti vedere? Non lo so, so solo che per tutti questi anni io ho sperato che almeno tu abbia raggiunto o abbia avuto l’illusione di raggiungere il tuo obbiettivo.
Con il senno di poi comunque mi aiutata a creare l'armatura per tutti i commenti che sono arrivati nel corso degli anni e che dovranno arrivare ancora e anche se la ferita ormai è lì e fa chiaramente ancora male, mi hai regalato un valore aggiunto che non mi verrà tolto così facilmente. Grazie!
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