Iniziamo con qualche nozione biografica: Vasilij Vasil'evič Kandinskij nasce a Mosca il 16 dicembre 1866 in una famiglia agiata. Nel 1871 i suoi genitori si separano e va a vivere dalla zia, che sarà colei che lo indirizzerà verso la pittura e l’amore per la musica. Arte e sinfonia andranno molto d’accordo nella vita di Kandinskij, ma non solo, perché l’impronta spirituale sarà ben presente nelle sue opere nel momento in cui abbandona la “chiusura” delle forme della razionalità umana. Nelle sue opere, l’autore si focalizza molto sulla sua teoria del colore, che produce nello spettatore un duplice effetto: uno fisico e uno psichico.
L’effetto fisico è quello che potremmo definire
come “meccanico”: l’occhio osserva, il colore si imprime sulla retina che manda
poi il messaggio al cervello. È un effetto superficiale, il primo approccio che
abbiamo con il colore. L’effetto psichico,
invece, va a toccare l’anima, perché produce una sorta di vibrazione
spirituale.
“In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con
molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare
l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio:
l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio
della necessità interiore.”
Il giallo
è un colore più dirompente, più irrazionale, tanto che l’autore tendeva ad
associarlo alla musica di una fanfara. È un colore che a Roma definiremo più “caciarone”,
ma più superficiale rispetto al rosso.
Il blu e
la sua sfumatura di azzurro sono
colori apatici, freddi e distanti, esattamente come viene rappresentato il
cielo nei dipinti. Nelle versioni più chiare del blu, esso rappresenta la
quiete, l’equilibrio, mentre nei toni più scuri ne viene esaltato il lato
drammatico. Rapportando il blu e l’azzurro a due strumenti musicali, Kandinskij fa un rimando al violoncello e al flauto.
Nel mescolarsi dei colori primari (rosso, giallo,
blu), le loro composizioni raggiungono una sorta di equilibrio. Pensiamo al verde, quindi giallo più blu: è una
sorta di quiete appagata. Più sarà tendente al giallo, più ci sarà giocosità;
diversamente sarà quando avremo una nota più alta di blu, che tenderà alla
contemplazione. Rapportandolo a uno strumento, esso sarà il violino.
Ma i colori hanno anche delle forme in cui esprimono
tutto il loro potenziale: il rosso trova la sua esaltazione nel quadrato, il
giallo nel triangolo e il blu nel cerchio.
“L'artista deve cercare di
modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso l'arte e verso se
stesso, considerandosi non il padrone, ma il servitore di ideali precisi,
grandi e sacri. Deve educarsi e raccogliersi nella sua anima, curandola e
arricchendola in modo che essa diventi il manto del suo talento esteriore, e
non sia come il guanto perduto di una mano sconosciuta, una vuota e inutile
apparenza. L'artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è
quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto.”
E voi cosa ne pensate di questa teoria del colore di
Kandinskij? Siete d’accordo?
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