Quando lo abbiamo scelto tra la lista dei libri disponibili, abbiamo subito avuto il sentore che sarebbe stata per noi una bellissima sfida e come sempre quando abbiamo una sensazione, non abbiamo sbagliato.
Se vi sentite intimiditi, tranquilli: non parliamo del numero di pagine, in realtà è abbastanza corto, sono solo centosessanta, ci riferiamo sia alla trama, sia alla maniera in cui è scritto.
Comunque, in Francia la sfida è stata più che vinta: “Storia di un figlio” ha venduto più di duecentomila copie e ha vinto il premio Renaudot!
È la prima volta che la Lafon appare al pubblico italiano, quindi il suo stile era a noi sconosciuto.
Si intrecciano storie famigliari da inizi novecento ai giorni nostri, in un vortice di pensieri liberi, quasi alla rinfusa. Conosciamo personaggi su personaggi, tutti vincolati tra loro con legami di parentela: cugini, nipoti, figli legittimi e non…
Sinceramente non vogliamo soffermarci solo ed esclusivamente su un protagonista, che nella teoria degli eventi è André, perché ogni nome che lì compare ha una sua importanza, proprio come la hanno tutte le persone a noi care con cui cresciamo.
È come se ci fossimo ritrovate alla classica riunione di famiglia, che in Italia è rappresentata da una tavolata ospitante un pranzo o una cena eterni e sentissimo parlare di fatti accaduti. Quasi tutti noi, infatti, conosciamo quel fratello di nostra nonna morto durante l’infanzia, o quello caduto in una delle due Guerre Mondiali. Conosciamo la storia della pecora nera della famiglia, che ha preferito vivere la propria vita nella più totale indipendenza, amata da tutti sì, ma non del tutto capita.
“Storia di un figlio” è proprio questo: racchiude le vicende e le riunisce come tasselli di un puzzle.
Stare in piedi di fronte le proprie tombe di famiglia, osservando i nomi delle persone morte da cent’anni, immaginando la loro persona dai pochi racconti venuti alla luce… Ai più sembrerà una scena macabra, ma noi l’abbiamo trovata alquanto rassicurante. È veramente confortante sapere che anche la vita più breve ha significato qualcosa per chi è venuto dopo, è la conferma di come i nostri problemi terreni, così insormontabili con la loro angoscia quotidiana, diventino poi solo polvere su un marmo impassibile agli eventi.
“Storia di un figlio” è per chi non vuole prendersi sul serio, ma anche per chi necessita di fermarsi una buona ora solo per leggere qualche pagina. I discorsi liberi, infatti, ci invogliano a leggere di fretta, salvo poi fermarsi per chiedersi: “Aspè, ma chi ha detto cosa? Ma di chi stiamo parlando? Ma chi sta parlando?” e tornare quindi indietro.
Non arrendetevi! Noi stesse lo abbiamo letto in soli due giorni, nonostante i mille impegni, abbiamo potuto anche assaporare maggiormente la nostra vita e, perché no, ripensare a tutti quei parenti di cui conosciamo le storie ma con cui non abbiamo mai potuto interagire.
Siamo ciò che siamo anche grazie a loro.
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