Finalmente possiamo dire che è arrivato il momento: il 9 Giugno 2022 “Jujustu Kaisen 0” è approdato in Italia dal Giappone.
Chi è nel mondo anime o ci è stato anche per poco tempo nel corso della sua vita, sa molto bene quanto le opere fatichino ad arrivare nel nostro Bel Paese e sa molto bene quanto può essere estenuante dover aspettare mesi o anni per l’uscita di un’opera e, sebbene grazie a piattaforme come Crunchyroll, VVVID, Amazon Prime Video e Netflix la situazione sia notevolmente migliorata, c’è ancora una grossa fetta di opere ancora incredibilmente colpita dall’enorme e perpetuo divario tra Occidente e Oriente: quella, appunto, degli anime al cinema.
Per questo, quando è stata annunciata l’uscita in sala del prequel della serie “Jujutsu Kaisen”, uscito nelle sale giapponesi il 24 Dicembre 2021, non ci credeva nessuno.
Veder arrivare in Italia un film di animazione di questo tipo dopo poco più di cinque mesi dall’uscita nel paese d’origine, è stata da subito la prima grande novità che JJK 0 ha portato, e noi siamo state incredibilmente fiere di vedere come, quando si vogliono fare le cose, si riescono a fare senza se e senza ma.
La pellicola, animata dallo studio MAPPA - studio di animazione della stessa serie animata -, prodotta da Shueisha, dalla Toho Animation, dalla Mainichi Broadcasting System, dalla Sumzap e dalla sopracitata MAPPA, diretta da Sung Hoo Park e distribuita dalla Nexo Digital e Crunchyroll, in Giappone risulta essere a oggi il quindicesimo film più visto di tutti i tempi, superando “Frozen 2” e “Evangelion: 3.0+1.0: Thrice Upon A Time”.
Il protagonista del film è Yuta Okkotsu, e la presenza di quasi tutti i personaggi da noi già conosciuti è indice ben preciso del fatto che non siamo in un tempo troppo lontano dagli eventi della serie originale: è, infatti, solo un anno prima.
Il nostro protagonista (che potrebbe essere tranquillamente la versione precedente di Yuji Itadori) è un ragazzo di sedici anni perseguitato dalla maledizione della sua fidanzatina di infanzia Rika, morta sei anni prima in un brutale incidente stradale.
Il perché una normalissima ragazzina di dieci anni abbia deciso di diventare una maledizione che decide di uccidere chiunque provi a fare del male a Okkotsu è un mistero: né lei né la sua famiglia discende da una famiglia di stregoni e assolutamente niente di lei ha alcun collegamento nessun campo delle Arti Occulte, quindi cosa è successo?
Dopo aver involontariamente ucciso dei teppisti a scuola, Okkotsu arriverà all’Istituto di Arti Occulte di Tokyo, accolto – ovviamente – da Gojo Satoru, amante delle situazioni fuori dalla norma e incuriosito da questa coppia, che convincerà l’ex liceale a non vivere una vita da recluso per la paura di far del male al prossimo, perché all’Istituto può imparare a controllare il male che lo perseguita.
Così Yuta Okkotsu si unirà alla classe di primini del Professor Gojo, composta da Maki Zen'in, Toge Inumaki e Panda, ma loro non sono affatto preparati ad avere in classe un compagno di classe con una maledizione addosso. Proprio loro, che le maledizioni le uccidono.
E ovviamente Satoru Gojo, che di spiegare i concetti nel metodo tradizionale non ci pensa nemmeno, (abbiamo accennato questo concetto nell’articolo in cui abbiamo parlato di lui), non può aver detto nemmeno per sbaglio né della maledizione di livello speciale di Yuta, né tantomeno del fatto che provando a ucciderlo questa si attivasse. Le conseguenze non sono catastrofiche: Inumaki, Maki e Panda ne escono solo feriti, ma rischiano di esserlo fin da subito.
E, come accade sempre in un qualsiasi universo anime e non che si
rispetti, quando entra in scena un personaggio con un potere forte di
qualsiasi tipo, ovviamente i villain della situazione iniziano con la
caccia alle streghe. Non è un male, è logica.
Il villain in questione è Suguru Geto,
personaggio conosciuto nell’opera prima di JJK, che in questa pellicola
vediamo nelle vesti di leader di una setta, impegnato nel raccogliere e
assorbire con la sua tecnica quante più maledizioni possibili dai suoi
fedeli completamente plagiati con la scusa di aiutarli e alleggerirli
dai loro mali.
Geto, ovviamente, in pubblico indossa perennemente
una maschera. Il Buddha solare, dolce e comprensivo che mostra di essere
al tempio cade non appena è solo con la sua assistente: lui odia i non
stregoni, li odia al punto da volerli sterminare tutti, li odia al punto
da chiamarli “scimmie” e non considerarli nemmeno esseri umani.
Se avete visto la serie di Jujutsu Kaisen sapete che irresoluto, di certo, non è, e impulsivo, di certo, non è.
Quando lui e il suo team di stregoni fanno irruzione all’Istituto di Arti
Occulte di Tokyo per dichiarare una guerra a difesa dei non maghi, Geto
(che sa molto bene che per vincere ha bisogno di Rika dalla sua parte)
non utilizza stratagemmi particolari e strani per rapire Okkotsu: lui si
presenta e gli dice che è un piacere conoscerlo, ci parla ed espone le
sue idee al ragazzo. Non fa mosse azzardate di nessun tipo e, quando
avrà finito di parlare con lo studente, toglierà semplicemente il
disturbo: sì, anche quando comparirà Satoru (che ricordiamo essere lo
stregone più forte della sua generazione) e proverà a impedirgli di
scappare, comunque Geto sarà un passo avanti a lui e lo lascerà spalle
al muro.
Non perché sia più forte, attenzione, assolutamente non perché lui sia più forte di Satoru.
Più di due migliori amici ma meno di due amanti, ecco cosa sono Satoru e Geto fin dai tempi del liceo.
Non siamo sicure se sia solo una cosa detta da qualche fan sul internet o una dichiarazione ufficiale di Gege Akutami, ma così è stato descritto il loro rapporto e a noi sembra una descrizione più che adeguata.
Geto non è più abile di Satoru Gojo ma lo conosce, e Satoru Gojo: l’uomo con la barriera di Infinito perennemente attivata per far sì che le distanze siano rispettate sia in battaglia che fuori; è inevitabile che quando sei Satoru Gojo e stringi un legame così forte con qualcuno che matura degli ideali ben diversi dai tuoi e finisce per lavorarti contro, quel qualcuno sa come metterti alle strette e sa come farlo facilmente.
Il professore quando si troverà nella posizione di non poter fare nulla davanti all’unico migliore amico che lui abbia mai avuto (lui stesso lo chiama così alla fine del film dopo averlo ucciso), infatti, accetterà subito la sua condizione. Sa che – citiamo sempre testualmente – l’amore è la forma di maledizione più contorta del mondo, e sa che una volta che vieni colpito da questa non ne esci così facilmente.
L’articolo potrebbe concludersi così, perché è veramente solo uno shōnen, niente di più e niente di meno.
Come l’opera originale, ci ha appassionato e molto probabilmente continuerà a farlo, ma come l'opera originale non è niente di nuovo.
Per il momento, almeno, perché da lettrici del manga stiamo solo aspettando che venga animato l’Incidente di Shibuya, che non vediamo l’ora di recensire e che sappiamo molto bene potrebbe cambiare tutte le carte in tavola in un soffio.
Ah, solo una domanda a Dynit e al suo doppiaggio: perché “grazie un botto”?
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