vorrei morire ed io morir non so
anche per te
darei qualcosa che non ho.”
- Anche per te, Lucio Battisti
Non siamo solite iniziare in questa categoria con frasi di canzoni, ma per oggi facciamo un’eccezione. Dal momento in cui abbiamo preso tra le mani: “Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina, ha cominciato a suonarci nella testa “Anche per te” di Lucio Battisti. Questo, con l’aggiunta dei brividi provati al tocco della copertina, – sapete quanto amiamo sentire i libri da comprare, per captare ogni emozione inconscia – ci hanno fatto capire che dentro era racchiusa una storia che faceva per noi.
Come al solito, non abbiamo sbagliato.
Ricordiamo ancora le immagini alla televisione dello tsunami che colpì il Giappone l’11 marzo 2011. Per una di noi – chi sta scrivendo l’articolo – furono doppiamente scioccanti, perché aveva passato le notti precedenti in preda al terrore, in ansia, convinta che da lì a poco sarebbe successo qualcosa. Erano circa le sei di sera – ora italiana – era a letto, stanca dopo l’ennesima notte senza dormire. A un certo punto sentì il suo letto tremare forte, si alzò spaventata, e per riprendersi accese la tv e apparvero le immagini che ancora ricordiamo.
Non ci addentreremo nelle numerose volte che ci siamo “collegate” ai cambiamenti della Terra, o dell’Umanità in generale, ma quando abbiamo scoperto che il libro è dedicato proprio a tutte le vittime di quello tsunami, abbiamo capito che stava sul nostro cammino per un motivo.
Il luogo, realmente esistente, nel corso del tempo si è trasformato in una sorta di tappa per chi sta vivendo il processo del lutto. Si parla con chi non c’è più e con chi forse non può più ascoltare. Ogni parola è affidata al vento, e probabilmente alla Vita stessa.
È da questa storia reale che Laura Imai Messina trae l’ispirazione per la sua storia.
Yui è alla radio quando sente per la prima volta parlare della cabina situata nel giardino di Bell Gardia, e la notte decide di raggiungerla per la prima volta.
Il viaggio in auto è lungo, ma finalmente Yui arriva e anche se per mesi, anni, non parlerà mai al telefono, lì conosce nuove persone; tra questi c’è Takeshi: medico chirurgo di Tokyo, vedovo, con una bambina piccola che non riesce più a parlare dopo la morte della madre.
Non vogliamo dirvi di più, per non rovinarvi la lettura che, credeteci, non ha bisogno di ulteriori spoiler. Avete presente quando dire anche il più insignificante, almeno in apparenza, dettaglio può rovinarvi la visione di un film? Ecco, crediamo sia la stessa cosa.
È un libro che non va solo letto, ma anche meditato. Non crediamo sia un caso che abbiamo iniziato la sua lettura in un periodo della nostra vita dove ci siamo rese conto che pur amandoci immensamente, continuiamo a ferirci. Né è un caso che la sua lettura sia continuata in giorni in cui abbiamo riscoperto nuove emozioni e sentimenti romantici.
Siamo qui, su questo pianeta, per sperimentare ogni tipo di emozione, per non cadere nella trappola del prenderci sul serio e goderci il viaggio della vita. A volte ci fermeremo in luoghi aridi, tristi, pieni di angoscia; altri in posti dove non smetteremo di ridere, pieni di frutti e di profumi inebrianti. A volte staremo soli, al freddo; altre la compagnia sarà così appagante che non sentiremo nessuna intemperia sulla nostra pelle.
“Quel che affidiamo al vento” è un inno all’Amore dell’umanità perché seppur affrontiamo gioie e dolori in maniera diversa, siamo tutti uguali. Ogni storia è collegata a quella degli altri, in uno scambio invisibile di arterie e informazioni che danno origine poi a questo Universo. Anche il giorno più insignificante o privo di vita, è lì per un motivo. La forza della vita a volte ha battiti impercettibili, altre è un tamburo in festa, ma c’è sempre.
“E così, e così, e così
io resto qui
a darle i miei pensieri
a darle quel che ieri
avrei affidato al vento cercando di raggiungere chi
al vento avrebbe detto sì.”
- Anche per te, Lucio Battisti
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