martedì 29 marzo 2022

#Musica: Lontano 2036

Il 15 aprile uscirà l’album completo di Rancore, Xenoverso. Di cosa si tratta? È un viaggio, una serie di lettere scritte dall’autore in un piano diverso dell’esistenza. Dalle parole scritte dal rapper romano su Instagram troviamo la definizione dello Xenoverso: “L’ambiente che contiene tutto ciò che è inclassificabile nell’insieme dei corpi e dei fenomeni del nostro Universo; inconoscibile.” In un altro post sul medesimo social, Tarek (vero nome dell’artista) parla di una sua esperienza nello Xenoverso, un viaggio spirituale dove ha visitato diverse epoche, luoghi e versioni di sé presenti fuori dal nostro Universo. Un po’ come un novello esploratore spaziale che compie un piccolo passo per l’uomo ma che può divenire gigante per l’umanità. Xenoverso si apre con tre lettere, tre storie di un futuro non troppo lontano da noi. Iniziamo proprio da qui, da “Lontano 2036”.

"Quando ti dissi che sarei partito all’inizio
ricordo ho vomitato il cuore
pensare a te è stato un po’ come un vizio
si può far sempre anche se non si vuole.
Io sono sempre arrabbiato, ma qualcosa è cambiato
a certe cose devo dire addio
e tutto quello che dico mi suggerisce
che qui a spiegarmi male
sono io."

Rancore inizia parlando di un soldato, di un viaggiatore spezzato dal dolore di dover lasciare qualcosa alle spalle. Un soldato chiamato in guerra, ma di quale conflitto sta parlando? Probabilmente tutta la canzone è un viaggio, un’avventura dolorosa del protagonista, che si rivolge all’amata, a cui non riesce dare un senso. Alcuni, forse, ricordano di un certo John Titor, un soldato statunitense che sui social diceva di essere stato reclutato in un progetto governativo e di provenire proprio dal 2036. Certo, poi si rivelò essere una bufala di inizio millennio (era circa il 2000), ma sui forum aveva parlato di un conflitto che sarebbe iniziato nel 2015 da parte della Russia (prendendolo come vero, l’annessione della Crimea all’ex Unione Sovietica è del 2014). Aveva anche detto che l’America avrebbe accusato l’Iraq di avere armi nucleari, ma al tempo dei post di Titor, il paese non era accusato di avere o di essere prossimo al possederne.

"Questa qui è la Grande Guerra, è immensa, dove dire sì, dire no, è marginale
Quando dentro hai la Grande Guerra, è immensa, la più grande guerra che si può immaginare
È la vostra Grande Guerra, la terza, abbandonerete ogni morale, mortale
Sopra questa grande terra emersa tu sei l'unica che mi crede."

 Lasciamo da parte Titor e torniamo alla canzone. Rancore parla di una guerra in cui il consenso o il dissenso è marginale. Vuoi o non vuoi, ne sarai coinvolto. Qui in Occidente ci arrivano i racconti dei soldati russi catturati: si tratta di ragazzi giovani, giovanissimi, appena maggiorenni che sono stati mandati in guerra. Privati dei telefonini, sono stati spediti a combattere quando non sapevano nemmeno cosa dovessero fare. Molti hanno ammesso che erano stati convinti di essere in addestramento fino a che non sono stati caricati su dei blindati, un fucile in mano e vai, spara al nemico. La guerra si combatte anche sul piano morale, ogni volta che i reporter mostrano immagini di bambini nel conflitto. È diventata famosa, ormai, la foto di quella bambina con il lecca lecca in bocca e il fucile tra le mani.

"Siamo nati lontano
Ed è lì che torniamo
Nel momento in cui eravamo partiti eravamo tornati
Era solamente un altro piano, quando guardo lontano
Ancora più lontano
Finché ogni ferita in un attimo sarà guarita
E poi sarà finita quella guerra inutile per cui lottiamo."

Rancore parla di un viaggio da un mondo lontano, in cui partenza e ritorno coincidono. La differenza è solo un piano diverso, un piano dell’esistenza mortale, materiale, in cui torniamo a farci la guerra. La guerra del “noi contro voi” finisce nel momento in cui ci si rende conto dell’inutilità dello scontro. Quando le nostre ferite emotive smetteranno di sanguinare, smetteranno anche queste guerre inutili.

"Concreta, concreta invece la tua pezza
Di seta, ne sento spesso la tua essenza
Ho sete, in questa guerra mentale noi siamo preda di un arma che non si vede
Orme sulla sabbia, una vita tra due virgole, vuoi vederle?
Abbiamo occhi troppo piccoli per le stelle
Eppure grandi per le singole particelle
Dai, cosa vuoi guardare? Siamo come granelli in delle celle
Chiusi in delle conchiglie, illusi di essere già perle
Rare, vite lontane, scorrono in tempo reale."

Saremo delle perle solo nel momento in cui smetteremo la guerra, quando lasceremo che le nostre ferite si rimarginino. Siamo minuscoli e al contempo giganti, mentre ci sono delle vite che scorrono in un tempo che non è il nostro, ma che appartiene a un altro piano dell’esistenza.

"Sai che questo è il momento dell'attimo esatto
L'ultima occasione in cui staremo in stretto contatto
Intanto che aspetto manca poco all'impatto
Vedrai, chi mi diceva che ero pazzo, era matto
E dirti che sei bella è solo un complimento del cazzo
Però detto in un momento come questo è perfetto
Mi si spegne lo sguardo, in mano il tuo fazzoletto
Mi si spegne prima il tatto, poi l'olfatto e piano piano poi parto lontano."

L’ultima strofa è il momento della fine. Il soldato guarda per l’ultima volta la sua amata, che per certi versi può essere anche la sua anima, bellissima, che osserva mentre i sensi piano piano di spengono. Il fazzoletto fa pensare al bianco, a una bandiera sventolata in senso di resa. È l’ultimo contatto con il mondo del mortale, i sensi cedono, la guerra è finita. Almeno per questo soldato.

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