Vedere The Batman dopo aver incontrato, lo scorso ottobre, Frank Miller è decisamente intenso. Il famosissimo fumettista e sceneggiatore è l’autore (tra le altre cose) di Batman anno 1. Una storia nella quale iniziamo a osservare il rapporto che si instaura tra Batman e il commissario Gordon, fumetto pubblicato nella sua prima edizione nel 1987. Nella storyline del fumetto possiamo leggere di un altro dei personaggi che campeggia nella locandina di The Batman, stiamo ovviamente parlando di: Selina Kyle, nota anche come la Donna Gatta.
Un po’ come viene fatto capire all’interno del film, prima di addentrarci ulteriormente all’interno di ciò che è stato dato al pubblico su grande schermo, Selina Kyle è inserita all’interno del contesto mafioso. Lei, nei fumetti, è una ragazza della quale veniva sfruttato il corpo; la versione cinematografica di Matt Reeves, invece, la rende un po’ più soft intersecandola all’interno del mondo criminale come “ragazza immagine” o comunque “passa mano” del Drop.
Questa versione cinematografica, oltre ad aver ispirato Nolan e una miniserie del 2011, appare evidente che abbia anche ispirato Reeves per la sua personale formula.
In cosa, dunque, differisce questo Batman da tutti gli altri?
Come abbiamo voluto sottolineare, quello che abbiamo davanti è un Batman molto “noir”. Sì, avrete sentito questa espressione un po’ da per tutto, seguita dal pensiero (che possiamo presagire): “Ma era necessario un altro film su Batman?” Ovvio che la risposta sia no, niente è necessario o indispensabile, ma è divertente rimettere le mani su un personaggio non solo tanto noto, quanto più presente che mai come maschera nell’immaginario collettivo.
Sembra, infatti, che la Warner abbia voluto dare una rotta leggermente diversa ai suoi ultimi film (non possiamo fare a meno di citare il Joker di Todd Phillips). I suoi personaggi stanno un po’ abbandonando l’epicità eroica che avevano cercato di incollargli addosso con i tentativi di creare la Justice League, per potersi addentrare in un ambiente più oscuro e più morboso. Si iniziano a eviscerare le grandi tematiche che era possibile leggere nei fumetti della DC. La malattia mentale riprende a farla da padrone e si mostra come la maschera di Batman sia l’uomo e non il contrario (cosa che possiamo evidenziare anche con Superman).
In questa pellicola, senza citare ciò che avverrà perché vi consigliamo di godervi davvero questo film, non abbiamo modo di vedere Bruce Wayne. L’uomo si fa più animale notturno, più disturbo e disturbato senza entrare ulteriormente in quello scenario da sex symbol che gli era stato appioppato da Nolan. Sì, sappiamo perfettamente che Batman è anche quello, ma ciò che serve a un uomo che ha preso la decisione di indossare il mantello da solo due anni è proprio la morbosità. È, infatti, interessante notare quanto attaccamento ci sia nei riguardi della propria frammentata personalità. L’introduzione narrata magistralmente sia da Robert Pattinson in originale, sia doppiata da Stefano Crescentini in italiano, dà delle coordinate incredibili al proprio pubblico. Il fatto che ci si concentri sui suoi ricordi, sulla sua frammentata personalità e su quanto poco sia stato elaborato il suo lutto vi viene praticamente detto nel momento in cui il buio della sala ci accoglie.
Riesce a dare un’interpretazione intensa e unica, un modo di reggere il palco che il grande pubblico non si aspettava. È triste, infatti, pensare a quanto questo attore sia stato relegato al ruolo che lo ha reso noto alle ragazzine. Sì, fa ridere il fatto che fosse prima un vampiro e adesso è un pipistrello, ma si cresce. La sua interpretazione è un risultato ai più già atteso. Chi ha visto gli altri suoi film, tra cui il più recente Lighthouse, si rende immediatamente conto di quanto effettivamente lui sia bravo come attore. Ma del resto tutto il cast di questo film funziona.
Occorre, dunque, soffermarsi su anche su Paul Dano. Anche in questo caso siamo davanti a un attore molto giovane che però non sbaglia mai un colpo. Il suo enigmista oltre a essere decisamente fuori dalle righe e tanto geniale da spaventare, riesce a mettere a nudo tutto il disagio della solitudine. Tutto il dilemma del dubbio, tutto il dolore dell’aver perso persino l’ultimo baluardo di speranza. La verità è l’elemento per cui lotta. La sua verità che è miope, incompleta, parziale. La sua verità che però mostra quanto marcia sia Gotham e quanto necessario sia una nuova speranza.
Proprio al termine della pellicola, infatti, vediamo quella speranza. La voglia di ricostruire, di ricominciare, di cercare quell’onestà che di solito manca tra la nebbia della città più corrotta di sempre. Una speranza che viene mostrata con quei tenui raggi di sole che riscaldano gli abitanti della città e che salutano un nuovo giorno, ma anche una nuova speranza.
In fine.
Non è un film perfetto. Le pecche dal punto di vista tecnico si vedono, ma in un certo senso diventano caratteristiche di questa pellicola. La musica di Michael Giacchino accompagna il film in modo quasi monotono. Non abbiamo davvero delle note che riescono a segnare i momenti epici e a parte la canzone dei Nirvana, non c’è molto altro.
Siamo davanti a un Batman Noir, che però non viene rispecchiato in totale dall’ambiente che lo circonda. Gotham, stranamente, sembra più soleggiata di quel che dovrebbe essere e sicuramente meno inquinata.
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