Nella storia seguiamo Kanna, una bambina sempre sorridente e piena di vita che si diverte a correre insieme alla madre. Dopo la tragica morte di quest’ultima, la giovane perde ogni interesse per la corsa. È assalita dagli attacchi di panico, dal dolore che la lacera dall’interno, fino a che, mentre si trova al cimitero, non compaiono davanti a lei Shiro, un coniglietto bianco e messaggero degli dei, e Yasha, un discendente demone. In quanto figlia di una divinità della corsa, Kanna dovrà correre di città in città per recuperare i doni dalle diverse divinità protettrici, il chiso, per portarle al banchetto divino, che garantirà la buona sorte per tutta l’umanità. Per farlo, avrà il braccialetto della madre che le permetterà di essere velocissima, tanto che il tempo intorno a lei sembrerà in una eterna pausa. Al traguardo potrà incontrare sua madre, ce la farà?
Malgrado la trama sembri molto semplicistica, in realtà vengono toccati degli argomenti abbastanza sensibili. Una nuvola nera si sprigiona sempre intorno a Kanna, come un fumo capace di inghiottirla, che si accompagna costantemente al pensiero della scomparsa della madre. Costretta a crescere velocemente, la bambina cela dentro di sé una profonda depressione, legata anche al fatto che si sente responsabile della morte del genitore. La donna, infatti, era gravemente malata, ma il giorno della maratona di Kanna, ha fatto di tutto per partecipare, finendo per morire davanti allo sguardo attonito della figlia. Non avendo vinto la gara, la piccola porta dentro di sé la convinzione che se avesse tagliato per prima il traguardo, sua madre sarebbe guarita. È lei stessa che si giudica per un fallimento, che vero e proprio fallimento non è. Come si dice, l’importante è avercela messa tutta, no? Ma Kanna aveva un rapporto speciale con la donna, quindi si aggrappa a qualsiasi cosa pur di essere la degna figlia di sua madre.
Il fumo nero, nel corso della trama, diventa così intenso da avvolgere Kanna nella illusione che sua madre sia davvero in dirittura d’arrivo. L’ha trovata, quindi può anche abbandonare i suoi amici e anche la sua missione, quella di portare il chiso agli dei che, alla fine, per lei non hanno mai fatto nulla. Anzi, le hanno fatto lo sgarbo più grande: le hanno fatto morire la madre davanti agli occhi. Ecco che quel fumo prende il nome di “falsa divinità”: dall’odio e dall’apatia nasce qualcosa di irreale, di sleale, qualcosa che aspira a essere un dio cibandosi di quello che altri dei offrono. Ma per diventare degli dei quello non basta. Non potrà neanche svanire, perché gli umani non riescono a sganciarsi dal dolore, dalle loro ferite emotive.
“Entra nel vuoto presente nel cuore di tutte le persone e al momento opportuno le demoralizza. A conti fatti, dipende tutto dagli umani.”
In appena novantanove minuti di pellicola, “Il mese degli dei” riuscirà a commuovervi, a farvi davvero fare un esame di coscienza per non cedere al falso dio che è in ognuno di noi, che ha l’illusione di diventare divinità inghiottendo come un buco nero tutto ciò che ci circonda.
Fateci sapere se l’avete visto e cosa ve ne è sembrato!
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