Se avete ascoltato la puntata di Apollo Station del 14 Marzo o seguito la live di Twitch con i nostri fuorionda sapete di quanto ci siamo innervosite (quasi arrabbiate) parlando di determinati argomenti.
Come ormai sapete bene, quando possiamo parlare dei Beatles (che sia della loro musica o delle loro personalità) lo facciamo senza problemi, e le nostre puntate in radio non sono esenti in nessun modo da ciò.
Come ormai sapete bene, quando possiamo parlare dei Beatles (che sia della loro musica o delle loro personalità) lo facciamo senza problemi, e le nostre puntate in radio non sono esenti in nessun modo da ciò.
Verba volant, scripta manent dicevano gli antichi romani, e noi ne siamo pienamente convinte; questo articolo potrebbe essere quindi una lieve ripetizione di ciò che è stato detto in puntata, ma non ce ne vogliate.
“The Word”, canzone inserita nell’album Rubber Soul del 1965 è a tutti gli effetti un preludio di “All You Need is Love”, canzone inserita nell’EP Magical Mystery Tour del 1967.
Prima canzone dei Fab Four a essere stata scritta sotto l’effetto della marijuana, nonostante la forte crisi che la religione e il cristianesimo in particolare stavano subendo negli anni ’60 (il che vuol dire che sì, John Lennon aveva ragione: i Beatles erano, di fatto, più popolari di Gesù), scrivendo questa canzone hanno avuto - mettendo da parte le sostanze varie - una bella botta di Spirito Santo. Letteralmente.
“Say the word and you'll be free
Say the word and be like me
Say the word I'm thinking of
Have you heard the word is love?
(Dì la parola e sarai salvato
Dì la parola e sii come me
Dì la parola che sto pensando
Hai sentito che la parola è l’amore?)”
Possiamo anche provare a far finta di niente, certo, possiamo addirittura mentire a noi stessi edire che “la parola” non è quello che ci è sempre stato insegnato, la questione però è semplice: come la si guarda la si guarda, questa canzone ha senso solo se si pensa a “la parola” come la parola di Dio, a partire dal fatto che il brano si apre con “Dì la parola e sarai salvato” (frase che ricorda nemmeno troppo vagamente quello che viene detto dal prete durante la Messa, prima della Comunione: “O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato”).
Parlare in questo articolo di quello che per noi è Dio è irrilevante e ne abbiamo già profusamente parlato in diversi articoli che potete trovare nell’etichetta “Metafisica”, noi vogliamo parlare del concetto completamente distorto che si ha della Parola.
Attenzione, non stiamo qui a giudicare i traumi religiosi di nessuno: li abbiamo tutti ed è normale averli, soprattutto in una società come la nostra che propone un modello di Chiesa e di religione perlopiù aberrante; non siamo nemmeno qui per farvi cambiare idea, non è mai il nostro intento e non ci interessa che voi cambiate idea. Quel che non ci va proprio giù è la disinformazione, lo scambiare una cosa per un’altra. Affatto. Soprattutto perché noi per prime per anni non abbiamo capito.
L’idea generale solitamente è quella di una Bibbia cruenta, piena di odio, di oppressione e di soprusi; non c’è un libro dei settantatré libri di cui sono composte le Sacre Scritture che non sia incompreso, e questo semplicemente perché ci dimentichiamo troppo spesso che sono stati scritti in ebraico, lingua polisemica.
“polisèmico agg. [der. di polisemia] (pl. m. -ci]. - In linguistica, di vocabolo (o espressione, o in genere segno linguistico) che presenta polisemia, che è cioè portatore di più significati; anche, di ideogramma e segno di alcune scritture non alfabetiche, che può essere letto in più modi.”
- dizionario Treccani
Per farvi capire: nella lingua italiana sono circa quattrocentoventisettemila le parole esistenti e utilizzabili, mentre nella lingua ebraica se ne contano solo cinquemilasettecentocinquanta, il che vuol dire - e non bisogna essere degli esperti linguisti per arrivarci - che sono moltissime le parole con molteplici significati, spesso anche diversi tra loro.
E per carità noi sappiamo bene che molto spesso non vengono tradotti correttamente nemmeno i libri in inglese (che è una delle lingue più facili da studiare) e che traducendo un’intera biblioteca di libri scritti in ebraico antico è difficilissimo se non praticamente impossibile non sbagliare, ma qui allora il problema è il voler rimanere nell’ignoranza, non provando nemmeno nella maggior parte dei casi ad andare oltre e a fare una semplice ricerca su Google.
Ma c’è anche da dire che forse, alla fine, omologarsi e vedere il marcio dove non esiste, fa anche piuttosto comodo.
Perché la Parola, invece, è sul serio amore.
E non quello che possiamo conoscere attraverso un’altra persona, a prescindere dal fatto che questa sia un amico, un partner, un genitore o addirittura un figlio; l’amore di cui parla questa canzone è in tutto e per tutto gratuito e non necessita di alcun tornaconto, non chiede niente e non pretende nemmeno di ricevere, lascia completamente liberi - e lo fa essere -, accetta i pregi e ama da impazzire i difetti. L’amore di cui parla questa canzone è folle e in tutto e per tutto diverso dall’amore che la nostra limitata mente umana può comprendere.
E noi non lo accettiamo, perché l’idea che qualcuno faccia la follia di morire in croce per amor nostro proprio non ci torna; anche se ci convinciamo che non è vero siamo convinti nel profondo del nostro cuore di non meritarci quel tipo di amore, perché non vediamo veramente la nostra bellezza, non capiamo che siamo unici al mondo e pensiamo di non essere alla sua altezza.
Ma il punto è che lo siamo. Lo siamo e non dobbiamo cambiare proprio niente di noi, perché c’è qualcuno che ci ama proprio per lo schifo che facciamo.
O forse non lo accettiamo anche perché quello schifo che siamo ci terrorizza profondamente e non vogliamo nemmeno farci amare veramente?
“In the beginning I misunderstood
But now I've got it, the word is good
(All’inizio avevo frainteso
Ma ora lo so, la parola è positiva)”
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