martedì 5 dicembre 2023

#Cinema&SerieTv: Robbie Williams (documentario)

Netflix ci ha deliziati con il documentario sulla vita di Robbie Williams, indiscusso re del pop, titolo che merita al cento per cento e che almeno gli è riconosciuto qui in Europa.
Questo non sarà un articolo sulla vita del cantante britannico, perché lo abbiamo già fatto nella sua biografia.
Oggi vogliamo solo dirvi perché il documentario va guardato, spiegandovi – a modo nostro – punto per punto.


Il peso della corona

Robbie arriva al successo a soli sedici anni, coronando quello che era il suo sogno da che era un bambino.
Tutto il mondo parlava dei Take That, e tutte le ragazzine avevano gli occhi puntati sui cinque componenti. Se, però, Gary, Howard, Mark e Jason potevano dirsi più grandi e maturi, Robbie si sente fin da subito sottopressione e comincia a soffrire l’essere più piccolo e inesperto.
Quando hai sedici anni, sei in una band e puoi girare il mondo tra soldi, fama e ragazze, tutto ti sembra facile, tutto si sembra alla tua portata, credi che puoi ogni cosa solo perché sei quel che sei. Questo Ego si pompa sempre di più solo per un motivo: non ammettere la fragilità del tutto. 

A vent’anni, come tutti i ventenni, Robbie non è ancora pronto per capirlo: lascia la band, inizia la carriera da solista, va per la sua strada. 

La profondità del suo essere si ritrova nelle parole di “Angels”, “Feel”, “Come Undone”, “No Regrets”… il suo saper intrattenere diventa una vera e propria missione terrena. Gli riesce bene, va alla grande… eppure l’abisso dentro di sé si amplia e lo logora.

La dipendenza verso ogni droga gli dà l’illusione di potercela fare, di stare in equilibrio semplicemente perché non può fidarsi di nessuno. Il suo passato è pieno di amicizie finite dopo tradimenti, di persone in attesa di un suo passo falso che lo avrebbe precipitato verso il baratro, mentre le droghe… loro lo fanno essere esattamente come vorrebbe e non sbagliano mai.
La grande bugia di questi demoni chimici ha dato i suoi effetti, ma fortunatamente la luce dentro Robbie non si è mai spenta del tutto.
È andato più volte in riabilitazione, e questo non è sfuggito a nessuno di noi grazie al continuo pressare da parte della stampa. Ma come sappiamo bene, nessuno può salvarci se non noi stessi.

In soli quattro episodi vediamo cosa vuol dire realmente essere il re del pop, vediamo i viaggi per il tour, i dietro le quinte, il sostenere il peso dei tabloid e le aspettative dei fan. Vediamo quanto tutto lo abbia distrutto psicologicamente, fino a fargli avere un attacco di panico durante un intero concerto davanti a più di 90.000 persone. La voce cantava, il corpo si muoveva, ma nello sguardo spaventato di Robbie sappiamo che lui non era presente a sé.

Chiedere aiuto

Era il 2022 quando Robbie cantava per la prima volta:

“If you can’t wake up in the morning
(Se non riesci ad alzarti al mattino)
‘cause your bed lies vacant at night
(perché il tuo letto è rimasto vuoto tutta la notte)
if you’re lost, hurt, tired or lonely
(se ti senti perso, ferito, stanco o solo)
can’t control it, try as you might.
(non puoi controllarlo, per quanto tu ci provi.)

May you find that love never leave you
(Forse troverai quell’amore che non ti lascerà mai)
may you find it by the end of the day
(forse lo troverai alla fine della giornata)
you won’t be lost, hurt, tired or lonely
(non sarai più perso, ferito, stanco o solo)
something beautiful will come your way.
(qualcosa di bellissimo arriverà sulla tua strada.)”

Personalmente abbiamo sempre visto “Something Beautiful” come una canzone profonda, una di quelle che riesce a darti la spinta per andare avanti. L’abbiamo urlata nei momenti no, come una sorta di preghiera, e l’abbiamo dedicata a chi si sentiva giù.
Dopo la visione del documentario, però, il brano acquisisce un vero e proprio valore aggiunto: non c’è nulla di più biografico nella discografia di Robbie.

Siamo sempre nei primi del 2000, la dipendenza si riaffaccia prepotente nella sua vita. È l’uomo che vediamo nel video di Come Undone: si lascia vivere. Non ha più il comando sul suo corpo, sulla sua mente, sulle relazioni che intrattiene.

Nel frattempo conosce l’attrice Ayda Field e dopo un inizio incerto i due si rendono conto di essere anime gemelle. Eppure Robbie si comporta in un modo che ci ha reso veramente orgogliosi di essere suoi fan da sempre: la lascia perché si rende conto che non ama se stesso.

Decide di andare in riabilitazione perché ha avuto l’enorme coraggio di rendersi conto che la droga lo sta uccidendo. Una parte di sé vuole morire, l’altra vuole salvarsi. In questa sua lotta ventennale tra bene e male, Robert Peter Williams è stato rapito, imbavagliato, escluso, pressato, fatto a pezzi da Robbie Williams: il re del pop, l’intrattenitore, il cantautore disprezzato dalla stampa ma venerato dai fan.

Tornando al discorso Ayda, Robbie comprende che non potrà essere lei a salvarlo. Certo, potrà dargli forza, riparo, sostegno, ma non la vuole come psicologa o terapeuta, bensì come sua pari: sua compagna per la vita. La lascia perché vuole concentrarsi su tornare a essere se stesso, sull’abbandonare tutti i comportamenti nocivi e qui, davvero, ci sentiamo di smetterla con la scrittura solo perché meriterebbe davvero un inchino e un applauso.

Robbie, nel pieno di un momento no, con voci urlanti che gli ripetevano costantemente tutto il male che potete immaginare, ha deciso di salvare se stesso e di non trascinare in questo turbine di dolore la persona che ama.

Dare l’esempio

Lo diciamo spesso: più si ha seguito, più si ha una grossa responsabilità verso gli altri. I giovani vogliono diventare te, ti imitano e tu devi fare in modo di costruire una società che sia degna di progredire.

“If you’re willing to change the world
(Se sei disposto a cambiare il mondo)
let love be your energy
(lascia che l’amore sia la tua energia)
I’ve got more than I need
(ho più di quanto abbia bisogno)
when your love shines down on me
(quando il vostro amore splende su di me)”

Una frase che ci sentirete ripetere spesso è: “Sono totalmente inutili le belle parole, se non corrispondono ai fatti”. “Let Love Be Your Energy” (2000) può essere considerata una di quelle canzoni belle, carine, ma “dopoutto vengono sempre dallo stesso Robbie che ha fatto ‘Karma Killer’”.
Ebbene, ognuno di noi ha i suoi momenti hippie e i suoi momenti vendicativi, ciò che conta è cosa diamo agli altri.
Nei quattro episodi Robbie ha parlato di sé, di tutto il suo sé. Ci ha spiegato come si sentiva quando era sotto l’effetto delle droghe, come si sentiva quando non le prendeva, come si sentiva nei Take That, prima di ogni concerto e mentre registrava gli album. La chiave di tutto ciò è proprio come si sentiva.

Robbie ha mostrato tutta la vasta gamma delle emozioni di una persona con un ascendente così alto sugli altri da far paura per primo a se stesso. E non si è mai nascosto dietro nessun dito.
Non troviamo saccenza, supponenza o superbia nelle sue parole, neanche quando con orgoglio ammette di aver superato ogni record di pubblico ai concerti.

Riusciamo a empatizzare con lui perché non mette filtri, non vuole più farsi vedere nella versione “Strong”, dove non si deve avere paura di niente e nessuno perché “Life’s too short to be afraid” (trad. “La vita è troppo breve per avere paura”), al contrario: la paura è un’amica, è il campanello d’allarme che ci avverte quando qualcosa non va. Se ignorata, questa continua a suonare, per giorni, mesi, anni… finché ne siamo esausti.
Robbie ci insegna a non aver paura di chiedere aiuto, che se la paura ci blocca anche solo per cinque minuti, è il momento di chiamare un professionista.

Insomma, se avete bisogno di un artista che sia meritevole di essere seguito sia per il talento che per la persona, Robbie Williams fa proprio per voi.

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