Questa è una storia senza tempo e senza luogo. No, tranquilli, nessuna magia. Non è importante sapere dove siamo o quando ci siamo, perché è una storia che si ripete sempre, generazione dopo generazione, anno dopo anno.
Possiamo dirvi il periodo, però, perché è in questo mese che riusciamo a lavorare meglio. Per vedere con i nostri occhi potrete utilizzare l’immaginazione, che alla fine è lo strumento che avete sempre a portata di mano e che vi avvicina a noi.
Iniziamo a soffiare un po’ di neve, a sentire risuonare dei campanellini, profumiamo questo momento di cioccolata calda, cannella e legna che brucia nel camino.
Un grande uomo ha già parlato dei tre spiriti del Natale. Altri grandi esseri umani hanno tratto ispirazione dal suo Canto di Natale; io sono qui per dirvi che anche quanto ha già hanno raccontato non è magia.
Lo viviamo sempre. Un momento, noi non in prima persona, sia chiaro. Io poi sono solo un’attenta osservatrice. Vivo tutto quello che fate, ma senza giudicarlo… no, non posso mentire, quindi lo dirò: ci sono volte che proprio non riesco a contenere la mia gioia, allora vi abbraccio ed è lì che voi sentite dei brividi lungo il corpo. La chiamate “pelle d’oca”, questo nome mi diverte.
Ma ora iniziamo, scusatemi. È che divento prolissa quando ho la vostra attenzione.
Dove eravamo? Ah, già, imbianchiamo tutto quanto…
Come dicevamo, questa è una storia senza tempo e senza luogo. Eppure le persone di cui vi parlerò sono vere, esistono. Quei bambini laggiù, per esempio, si stanno davvero divertendo mentre si lanciano delle palle di neve e scommetto che se prestaste la giusta attenzione, anche voi riuscireste a capire chi tra di loro sta prendendo la battaglia un po’ troppo seriamente.
I lanci si fanno più rapidi, il bianco a terra riflette un cielo rosso fuoco, e questo vuol dire che a breve le mamme cominceranno a squillare pretendendo il ritorno in casa.
Sorridiamo mentre li guardiamo urlarsi contro risate e minacce. Non è loro che dobbiamo seguire.
Procediamo in avanti, a volte accelerando, altre rallentando. Ci basta davvero poco per saltare chi non dovremmo.
La porta di una pasticceria si apre scampanellando e ci fermiamo per far passare un uomo indaffarato a mantenere saldo sia il vassoio con i pasticcini, sia suo figlio di tre anni che saltella per in direzione dei dolci. Il padre prova a placarlo, dicendogli che li mangeranno dopo cena dalla nonna, ma il bambino per tutta risposta si mette a correre verso un portone lì vicino. L’uomo guarda l’ora e alza le spalle, arreso al fatto che saliranno prima del previsto. Da questo possiamo capire che la nonna è sua suocera e non sua madre.
Andiamo avanti ridendo. La famiglia non si sceglie, dopotutto. Li lasciamo alla loro vita frenetica ma tutto sommato piena.
Un cane ci annusa incuriosito e non trovando riscontro nel suo archivio mentale, si tira indietro ma non ci molla con la vista. La padrona lo tira a sé indifferente a questa scena perché ha la mente rivolta a quello che deve ancora fare prima di potersi rilassare definitivamente.
Non possiamo ancora seguirla, tanto non ci ascolterebbe. Non è colpa sua, è che non è il suo momento.
Mentre osserviamo l’intera piazza fare le ultime compere con le luci che si accendono per le strade e nelle case, abbiamo un momento indefinibile a parole. Vorremmo abbracciare tutti, così ci prendiamo per mano e ci lasciamo attirare da chi ha più bisogno di questo abbraccio.
Eccola. Richiude la porta dietro di sé, entra in casa e accende la luce. Non si guarda attorno, perché sa già quello che troverà. La borsa è sul pavimento quando si sfila i guanti, seguiti dal cappello di lana. Infila tutto dentro la tasca destra del cappotto, che poi appende al gancio sul muro, assieme alla sciarpa. Si sfila anche le scarpe, e scalza se ne va nella sua stanza. Apre la porta del bagno, si spoglia lentamente per il freddo; fortunatamente il vapore dell’acqua calda che sta riempiendo la vasca la fa tremare per poco tempo.
Sceglie con cura quale bagnoschiuma utilizzare, optando per quello alla vaniglia. Quando il livello dell’acqua è al limite, decide di entrare e immergersi.
È passata mezz’ora da quando è tornata a casa e non ha parlato con nessuno. “Va bene, è il mio momento personale”. Si dice così ogni volta eppure, quando anche la testa è immersa, le lacrime escono fuori. Così timide, così nascoste che neanche lei se ne è mai accorta.
Non è ancora il momento di abbracciarla, lo scambierebbe per freddo.
Quando riaffiora per prendere fiato, Passato le si avvicina, sussurrandole alle orecchie vecchie canzoni.
La vediamo ora bambina, in cucina con la madre e i fratelli a preparare i biscotti di Natale. È l’ultima figlia, forse per questo più legata agli affetti famigliari di cui conosce solo le coccole.
Qualcuno bussa alla porta, la mamma si pulisce le mani sul grembiule e la bacia sulla testa, un gesto così naturale che entrambe neanche se ne rendono conto. Quando la donna apre alla vicina in lacrime, nessuno dei tre bambini può sentire le parole, vedere i volti, ma tutti avvertono il vento freddo del cambiamento.
“A dicembre persino un funerale non è poi così triste” le ha detto la zia, ma lei non sa cosa voglia dire, di funerali non ne ha mai visti. Da quel giorno la mamma non fa altro che piangere e lei con i fratelli non possono fare altro che stare in silenzio. Papà non è più tornato dal lavoro. Ha sempre dato per scontato il bacio della mattina, prima di andare a scuola e quello della sera, prima di addormentarsi.
Perché nessuno le ha mai detto che tutto sarebbe potuto finire?
“Gli adulti devono essere orribili”, si ripete. “Ti fanno sentire al sicuro, ti accarezzano se piangi, ti abbracciano quando hai paura, eppure non ti avvisano quando vanno via. Per sempre.” La sorella le ha detto che papà è andato via per sempre. Ma che vuol dire “per sempre”?
Apre gli occhi e si ritrova nella sua vasca da bagno, nel suo bagno, nella sua casa. “La cena”.
Apre il tappo dello scarico della vasca e l’acqua comincia il suo vortice d’addio. Esce dalla vasca indossando l’accappatoio grigio. Si massaggia il volto passandosi la crema che spera un giorno farà sparire quelle linee marcate attorno agli occhi e alla bocca. Si dà una pettinata veloce ai capelli per poi indossare il pigiama piegato e riposto nel mobiletto dodici ore prima.
Apre il frigorifero, prende un contenitore con scritto domenica e scalda il contenuto su una padella già pronta sopra il fornello. Il tavolo è apparecchiato per uno fin dalla mattina, quindi una volta pronto, porta tutto sul piatto, stappa il vino, se lo versa e brinda alla sua indipendenza.
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