Dopo la prima stagione, su Netflix sono arrivate le nuove sei puntate di “Odio il Natale”. La serie tv con protagonista Pilar Fogliatti che affronta con cinismo e autosabotaggio il periodo più gioioso dell’anno. Avevamo amato le prime puntate, tutto quello che ruotava intorno alla protagonista Gianna segnava quanto poco si conoscesse e quanto fosse tendente a muoversi in balia del vento. Adesso, dopo un anno, la ritroviamo punto e a capo con le vicende che riguardano l’amore e la vita.
La tendenza di Gianna è quella di prendere negativamente ogni singola notizia che riguardi l’amore: i suoi genitori che sono sull’orlo della separazione, la sorella che va in terapia di coppia e il fratello che sta per aspettare altri due figli. Tutto è perfetto per poter attivare lo stesso schema che avevamo già avuto modo di vedere nel corso della prima stagione: cercare giustificazioni e scappatoie davanti a situazioni che non si sanno gestire. In questo modo, nonostante l’apparente felicità che lei sente di provare, si ritrova a baciare il Babbo Natale che lo scorso anno aveva suonato al campanello, il cliffhanger con cui ci eravamo lasciati in attesa delle sue nuove avventure.
Anche nel corso di queste sei puntate, quindi, rivediamo Gianna e le sue amiche costrette a dover raccogliere i cocci delle loro vite. L’attenzione viene equamente distribuita tra le diverse coppie in disfacimento per poter riuscire a tirare le fila di ogni singola nuova entrata inserita nella compagine in scena. Se, infatti, in un primo momento vediamo Gianna che cerca di rimediare ai suoi errori, successivamente ci si concentra sulla relazione amicale che si instaura col suo nuovo dirimpettaio. Tra vecchie fiamme e nuovi incontri, quindi, lei è costretta a dover cercare di capire se abbia mai amato davvero qualcuno.
Questa seconda stagione, forse, è un po’ più forzata di quanto non sia stata la prima. Certe dinamiche, specie quelle tra i genitori di lei, vengono riproposte senza troppe domande o dubbi, anche se erano state già precedentemente risolte. Questo perché serviva semplicemente un altro elemento narrativo che potesse contribuire a costruire il grado di complessità che si stava creando nella trama. In questo modo vengono approfonditi differenti aspetti relazionali mettendo continuamente carne sul fuoco.
Non è però detto che tutto possa riuscire come era stato pensato. Infatti, ciò contribuisce a creare degli scivoloni nel corso della storia che aggiungono semplicemente delle giustificazioni all’agire di Gianna, ma non presentano mai una vera e propria risoluzione. È come se si volessero dare degli input per spingerla ad agire in un determinato modo, senza che lei abbia realmente la possibilità di riflettere su ciò che le sta accadendo intorno. Gianna, di conseguenza, appare una bambina che non sa resistere agli stimoli che le vengono dati e li assorbe come una spugna incapace di formare una vera e propria personalità pronta ad agire sulla base di una propria scelta.
Non è però detto che tutto possa riuscire come era stato pensato. Infatti, ciò contribuisce a creare degli scivoloni nel corso della storia che aggiungono semplicemente delle giustificazioni all’agire di Gianna, ma non presentano mai una vera e propria risoluzione. È come se si volessero dare degli input per spingerla ad agire in un determinato modo, senza che lei abbia realmente la possibilità di riflettere su ciò che le sta accadendo intorno. Gianna, di conseguenza, appare una bambina che non sa resistere agli stimoli che le vengono dati e li assorbe come una spugna incapace di formare una vera e propria personalità pronta ad agire sulla base di una propria scelta.
Questa seconda stagione vanifica un po’ le conclusioni a cui si era arrivati con la prima. Troviamo Gianna ferma allo stesso punto, senza una reale capacità di maturazione. Elemento che, invece, contraddistingue sempre di più i personaggi che le ruotano intorno. Resta comunque il cinismo a farla da padrone e, in questo periodo così smielato, troviamo che sia necessario un po’ di contrasto.
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