La vita è un’eternità troppo veloce, specialmente nel momento in cui la propria fiamma si dissolve nel freddo gelido dell’inverno.
Sono considerazioni veloci se fatte in quel determinato momento, pensieri che lasciano appena il tempo di realizzare ciò che sta accadendo.
Ora che Roberto si trova in pericolo davvero, sente il tempo dilatarsi e comprimere, lasciando affiorare ricordi del futuro che gli è stato negato e del passato ormai perduto.
Iridi luminescenti, occhi voraci che divorano ogni cosa e stanno in questo momento vedendo ciò che è stato e ciò che sarà, sprazzi della conoscenza proibita che è stata negata ai mortali.
È forse questa l’inconscia sensazione di un infante che scopre implicitamente la sottile differenza tra guardare, vedere e osservare.
L’essere umano cresce e con esso crescono gli eventi che si susseguono. Se si guarda ciò con occhi più distaccati, tuttavia, sono solo elenchi ridondanti di parole che descrivono il movimento apparentemente caotico dell’universo.
“Dove finisce il testo e dove inizia la mia vita?”
Ma per Roberto, il testo e la vita coincidono, sono due facce della stessa medaglia e adesso che lo sta intuendo vuole assolutamente tirarsi fuori dalle parole che lo tengono imbrigliato.
Il brutto del realizzare di essere davvero il protagonista del romanzo della propria vita è sapere che una singola parola conterrà l’orizzonte della propria morte.
Questa è la vera chiusura della storia, il primo finale che è già giunto. Tuttavia, una versione alternativa della storia vuole che Roberto prenda forma anche dopo il testo, dopo che la storia sarà conclusa. Un ideale indistinto, qualcosa di imperituro nella sua radice. Lo spirito che consegue la luce attraverso tali eventi, che emerge vittorioso come l’alba dopo una lunga notte.
Roberto ha così compreso che mai avrebbe realmente perso la propria vita.
“Quando il riflesso mi fa credere di essere altro,
non posso pensare di essere realmente morto,
perché quando noto che a sminuirmi è un filtro,
fuori è ancora notte, ma dentro me il sole è gia sorto”.
- Gianluca Boncaldo, “Riappropriazione del sé”
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