Quando nel 2013 uscì "The Conjuring" il mondo cinematografico aveva già avuto modo di conoscere il fortuito "disegno" Marvel nella sua prima riuscita incarnazione, la cosiddetta fase 1. Era l'inizio degli "Universi Cinematografici" che cambieranno il modo di vedere e intendere le saghe e che ci accompagnano ancora oggi.
Un universo non ha una consequenzialità cardinale di film, sequel che succedono a sequel, con gli stessi personaggi e più o meno le stesse storie ma si caratterizza più come un mosaico di singoli tasselli diversi che avvicinati formano un, per l'appunto, "disegno" d'insieme.
Ora si possono spendere ore a parlare di quello o questo universo e discutere sulla sua riuscita o meno ma è indubbio che quello Marvel sia stato oltre che l'iniziatore di questa nuova ondata anche quello che è riuscito a sfruttare il più a lungo il successo al botteghino.
Ora si possono spendere ore a parlare di quello o questo universo e discutere sulla sua riuscita o meno ma è indubbio che quello Marvel sia stato oltre che l'iniziatore di questa nuova ondata anche quello che è riuscito a sfruttare il più a lungo il successo al botteghino.
In quest'ottica, ancora acerba a dir la verità, si fa spazio il film horror di James Wan con l'intento di dar via al proprio universo cinematografico il The Conjuring Universe. C'è da dire che James Wan non è né il primo regista di film horror trovato per la strada, né un regista che non si era mai avvicinato al mondo "saghe", suoi infatti l'ottimo primo capitolo della saga di "Saw" e i primi due "Insidious" (è suo anche il settimo Fast and Furious ma forse non per tutti è una marca dorata sul curriculum).
Uno, insomma, che in un modo o nell'altro ci sa fare, con una cifra stilistica più o meno chiara e con belle idee. Infatti il primo The Conjuring è bello, funziona e riesce oltre al sempre difficile compito di tener alta l'attenzione dello spettatore anche a imbastire i primi indizi posti alle fondamenta di un universo e soprattutto a farti venire voglia di vederne di più.
La storia ruota attorno alle realmente esistite figure degli, per dirla alla Dylan Dog, "indagatori dell'incubo" Ed Warren Miney e Lorraine Rita Moran, due investigatori del paranormale che a partire dagli anni '50 del secolo scorso si occuparono, a detta loro, di più di 10.000 casi riguardante l'occulto e soprattutto spiriti demoniaci e possessioni.
Nello specifico il film si concentra sul caso di una numerosa famiglia da poco trasferitasi in una nuova casa che presto si rivelerà infestata. Il twist o, per dire meglio, il tocco di Wan sta proprio nel come trattare la trita e ritrita faccenda del demone e della casa infestata e lo fa in tre modi che potrebbero sembrare scontati ma non troppo:
1) lo spirito rappresenta una reale minaccia e non soltanto materiale per jumpscare che, tra l'altro, sono utilizzati con dovuta parsimonia;
2) i due sono investigatori? Allora facciamo vedere una bella investigazione!;
3) I due protagonisti sono simpatici, carichi di sfaccettature psicologiche e soprattutto memorabili.
Questi tre piccoli punti riescono a mettere in piedi un gran bel film godibile e che riporta un po' di vento fresco in un genere all'epoca stagnante. Ora però iniziano i problemi. Infatti i gran pregi di questi film sono gli stessi che paradossalmente renderanno l'universo nei suoi capitoli più a margine meno forte, se non proprio debole, e non per la loro ripetitività ma proprio per la loro mancanza. Ma procediamo con ordine.
Uno, insomma, che in un modo o nell'altro ci sa fare, con una cifra stilistica più o meno chiara e con belle idee. Infatti il primo The Conjuring è bello, funziona e riesce oltre al sempre difficile compito di tener alta l'attenzione dello spettatore anche a imbastire i primi indizi posti alle fondamenta di un universo e soprattutto a farti venire voglia di vederne di più.
La storia ruota attorno alle realmente esistite figure degli, per dirla alla Dylan Dog, "indagatori dell'incubo" Ed Warren Miney e Lorraine Rita Moran, due investigatori del paranormale che a partire dagli anni '50 del secolo scorso si occuparono, a detta loro, di più di 10.000 casi riguardante l'occulto e soprattutto spiriti demoniaci e possessioni.
Nello specifico il film si concentra sul caso di una numerosa famiglia da poco trasferitasi in una nuova casa che presto si rivelerà infestata. Il twist o, per dire meglio, il tocco di Wan sta proprio nel come trattare la trita e ritrita faccenda del demone e della casa infestata e lo fa in tre modi che potrebbero sembrare scontati ma non troppo:
1) lo spirito rappresenta una reale minaccia e non soltanto materiale per jumpscare che, tra l'altro, sono utilizzati con dovuta parsimonia;
2) i due sono investigatori? Allora facciamo vedere una bella investigazione!;
3) I due protagonisti sono simpatici, carichi di sfaccettature psicologiche e soprattutto memorabili.
Questi tre piccoli punti riescono a mettere in piedi un gran bel film godibile e che riporta un po' di vento fresco in un genere all'epoca stagnante. Ora però iniziano i problemi. Infatti i gran pregi di questi film sono gli stessi che paradossalmente renderanno l'universo nei suoi capitoli più a margine meno forte, se non proprio debole, e non per la loro ripetitività ma proprio per la loro mancanza. Ma procediamo con ordine.
Il secondo film facente parte dell'universo The Conjuring non è un sequel ma proprio uno di quei tasselli diversi che avvicinati tra loro dovrebbero dimostrare una parte del gran disegno: "Annabelle".
Per la regia di John R. Leonotti "Annabelle" deve il titolo all'omonima bambola maledetta già comparsa all'inizio e in qualche scena del primo film e protagonista di un vero caso dei coniugi Warren. Se, quindi, si inizia a denotare come il filo conduttore dei film siano proprio i due investigatori oltre che loro due, mancano proprio quei tre punti cardine del primo riuscito film: lo spirito non rappresenta una reale minaccia, l'investigazione è praticamente nulla e poco coinvolgente e i protagonisti sono fastidiosi e dimenticabilissimi.
Già il secondo film dimostra un netto passo indietro, la sceneggiatura è claudicante e il film risulta noioso e appesantito, mancando tutta la verve dei due coniugi.
E se il terzo film della saga "The Conjuring 2 - Il caso Enfield" ritorna ai fasti del primo con un buon horror/thriller e una minaccia ancora più grossa contro i protagonisti, questo non serve a risollevare la baracca rendendo anzi ancora più evidente le problematiche dei non-The Conjuring.
Infatti la formula s-fortunata si ripete con il seguito di Annabelle, "Anabelle 2: Creation" (in realtà un prequel) e con la new entry della saga "The Nun" che va a ad approfondire la storia di Valak, il cattivo del Caso Enfield, ma in modo scialbo, non approfondendo mai davvero quella che risulta rimanere fondamentalmente solo una "situazione" e essenzialmente non interessando mai.
Ma i due film che vanno a rendere chiara la salute della saga in modo definitivo sono rispettivamente "La Llorona - Le Lacrime del male" e "Annabelle 3". Partiamo dal primo.
"La LLorona" risulta un film, nel complesso dell'universo The Conjuring, inutile, nullo, non riprende situazioni già introdotte, non porta niente di nuovo, non ripresenta vecchi personaggi, tranne uno ma in una maniera così marginale che sembra quasi aggiunto successivamente in fase di montaggio, "La Llorona" in pratica se non portasse il marchio The Conjuring sarebbe un normalissimo film horror dimenticabilissimo come tanti altri. Ma il marchio lo porta, e quindi viene da chiedersi il perché sia stato inserito nell'universo, risultando comunque un peccato perché avrebbe portato al grande pubblico una storia di cultura e mito messicana.
Per la regia di John R. Leonotti "Annabelle" deve il titolo all'omonima bambola maledetta già comparsa all'inizio e in qualche scena del primo film e protagonista di un vero caso dei coniugi Warren. Se, quindi, si inizia a denotare come il filo conduttore dei film siano proprio i due investigatori oltre che loro due, mancano proprio quei tre punti cardine del primo riuscito film: lo spirito non rappresenta una reale minaccia, l'investigazione è praticamente nulla e poco coinvolgente e i protagonisti sono fastidiosi e dimenticabilissimi.
Già il secondo film dimostra un netto passo indietro, la sceneggiatura è claudicante e il film risulta noioso e appesantito, mancando tutta la verve dei due coniugi.
E se il terzo film della saga "The Conjuring 2 - Il caso Enfield" ritorna ai fasti del primo con un buon horror/thriller e una minaccia ancora più grossa contro i protagonisti, questo non serve a risollevare la baracca rendendo anzi ancora più evidente le problematiche dei non-The Conjuring.
Infatti la formula s-fortunata si ripete con il seguito di Annabelle, "Anabelle 2: Creation" (in realtà un prequel) e con la new entry della saga "The Nun" che va a ad approfondire la storia di Valak, il cattivo del Caso Enfield, ma in modo scialbo, non approfondendo mai davvero quella che risulta rimanere fondamentalmente solo una "situazione" e essenzialmente non interessando mai.
Ma i due film che vanno a rendere chiara la salute della saga in modo definitivo sono rispettivamente "La Llorona - Le Lacrime del male" e "Annabelle 3". Partiamo dal primo.
"La LLorona" risulta un film, nel complesso dell'universo The Conjuring, inutile, nullo, non riprende situazioni già introdotte, non porta niente di nuovo, non ripresenta vecchi personaggi, tranne uno ma in una maniera così marginale che sembra quasi aggiunto successivamente in fase di montaggio, "La Llorona" in pratica se non portasse il marchio The Conjuring sarebbe un normalissimo film horror dimenticabilissimo come tanti altri. Ma il marchio lo porta, e quindi viene da chiedersi il perché sia stato inserito nell'universo, risultando comunque un peccato perché avrebbe portato al grande pubblico una storia di cultura e mito messicana.
L'altro indiziato nel chiarimento dei problemi dell'universo The Conjuring è invece molto più colpevole, infatti se gli altri film della saga risultano un po' noiosi, un po' intriganti ma tutto sommato li guardi perché non riesci a darti una spiegazione della motivazione che ti porta a dare meno importanza ad un film rispetto ad un altro, con "Annabelle 3" tutti i dubbi si dileguano e colpisci subito il centro della questione: il problema è proprio il carisma dei Warren.
Infatti nel terzo capitolo dedicato alla bambola maledetta i Warren compaiono eccome, all'inizio e alla fine, e rapiscono la scena. Tutta la parte centrale, dove i due non compaiono per lasciare spazio alla loro figlioletta e a due ragazze in un horror a tinte teen, viene praticamente oscurata da quei forse quindici minuti scarsi di Warren. Paradossalmente il più grande pregio della saga è, come detto, il suo più grande difetto. E non cambia niente se si aggiunge all'addizione il terzo The Conjuring e il secondo The Nun, il risultato non cambia.
La morale di questa piccola grande indagine nell'occulto mondo delle produzioni cinematografiche Hollywoodiane è una e una sola: non cercare di mettere le mani in pasta da per tutto, allargando il più possibile un franchise che poteva essere un gioiellino nel panorama horror mainstream caricandolo di compari che né a livello di regia né, soprattutto, a livello di scrittura possono dirsi sullo stesso piano.
Infatti nel terzo capitolo dedicato alla bambola maledetta i Warren compaiono eccome, all'inizio e alla fine, e rapiscono la scena. Tutta la parte centrale, dove i due non compaiono per lasciare spazio alla loro figlioletta e a due ragazze in un horror a tinte teen, viene praticamente oscurata da quei forse quindici minuti scarsi di Warren. Paradossalmente il più grande pregio della saga è, come detto, il suo più grande difetto. E non cambia niente se si aggiunge all'addizione il terzo The Conjuring e il secondo The Nun, il risultato non cambia.
La morale di questa piccola grande indagine nell'occulto mondo delle produzioni cinematografiche Hollywoodiane è una e una sola: non cercare di mettere le mani in pasta da per tutto, allargando il più possibile un franchise che poteva essere un gioiellino nel panorama horror mainstream caricandolo di compari che né a livello di regia né, soprattutto, a livello di scrittura possono dirsi sullo stesso piano.
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