Continuiamo con gli anime “dei nostri tempi”, e oggi è la volta di quello più storico dato che soprattutto in Italia ha avuto un successo non da poco: Kiss me Licia.
Il manga è scritto e disegnato da Kaoru Tada. Il titolo originale è “Ai shite Naito” (trad. “Amani cavaliere”) ed è uscito in Giappone per la rivista Bessatsu Margaret dal 1982 al 1984. Il manga è approdato nel nostro paese solamente nel 2002, per la Star Comics.
L’anime, invece, in Giappone va in onda per la prima volta dal 1° marzo 1983 al 24 gennaio 1984 sulla rete TV Asahi; in Italia la prima visione va dal 10 settembre al 14 dicembre 1985, su Italia 1.
Ma ora diamo il via alla trama di questo shojo (genere indirizzato per lo più alle ragazze) cercando di rimanere il più fedeli possibili a quella originale.
Il manga è scritto e disegnato da Kaoru Tada. Il titolo originale è “Ai shite Naito” (trad. “Amani cavaliere”) ed è uscito in Giappone per la rivista Bessatsu Margaret dal 1982 al 1984. Il manga è approdato nel nostro paese solamente nel 2002, per la Star Comics.
L’anime, invece, in Giappone va in onda per la prima volta dal 1° marzo 1983 al 24 gennaio 1984 sulla rete TV Asahi; in Italia la prima visione va dal 10 settembre al 14 dicembre 1985, su Italia 1.
Ma ora diamo il via alla trama di questo shojo (genere indirizzato per lo più alle ragazze) cercando di rimanere il più fedeli possibili a quella originale.
Yaeko, chiamata da tutti “Yakko” è una liceale come tante. Vive a Osaka e durante il tempo libero lavora assieme al padre Shigemaro Mitamura al ristorante famigliare Mambo, specializzato in okonomiyaki, un piatto tipico di Osaka che ricorda vagamente le frittelle occidentali, ma dal condimento anche salato.
Come annuncia la sigla italiana, in un giorno di pioggia Yakko e Hashizo Kato si incontrano per caso. Hashizo è un bambino dell’asilo solo e spaventato che si è riparato dalla pioggia in un tubo di cemento assieme al suo gatto Juriano. Yakko, preoccupata di lasciare quel bambino troppo piccolo da solo, decide di prenderselo con sé per quel pomeriggio.
Poco dopo Yakko si scontra anche con Go Kato: un ragazzo dai capelli tinti di giallorosso (ottimo gusto), leader e frontman della rock band Bee Hive e… fratello maggiore di Hashizo, di cui si prende cura da solo.
Go e Yakko fanno da subito amicizia, tra loro c’è dell’ottimo feeling, ma la ragazza - forse intimorita dalla nomea di playboy del ragazzo - è più interessata al suo migliore amico e batterista della band: Satomi Okawa.
Il triangolo amoroso è così inevitabile, tanto che tra Go e Satomi la rivalità comincia a ripercuotersi anche nella musica, con il rischio di mandare in frantumi il sogno di entrambi.
Ovviamente la storia incontra diversi ostacoli, sia dal padre di Yakko che col suo carattere rigido, severo e molto all’antica farà di tutto per allontanare la figlia da qualsiasi membro della band; sia dall’entrata di numerose ragazze/groupie che, ben lontane dal carattere riflessivo, timido e dolce di Yakko, non vogliono di certo perdere tempo e sono disposte a tutto pur di ottenere una relazione con uno dei Bee Hive.
Tra le pretendenti troviamo Isuzu Fujita, migliore amica di Yakko innamoratissima di Go, e Meiko Kajiwara, quasi ossessionata da Satomi.
Comunque sia, anche gli altri componenti dei Bee Hive (il chitarrista Eiji Tono e il bassista Hiroyuki Sugi) vivono le loro peripezie, sia all’interno dell’anime che del manga.
Ovviamente non vi diciamo come finirà il tutto, sia perché il 99.9% della popolazione mondiale ne è conoscenza, sia perché quello 0.01% può facilmente saperlo solo guardando la sigla italiana e chi siamo noi per frenare la curiosità?
Come succede spesso, i finali tra anime e manga non coincidono, tanto che il primo rimane così aperto che ha letteralmente lasciato a bocca asciutta noi italiani.
Da qui la Mediaset ha sentito la necessità di mandare avanti la serie, più o meno (sottolineato più o meno) rimanendo sulla scia del manga.
Vanno così in onda le quattro serie live action: “Love Me Licia” (1986), “Licia dolce Licia” (1987), “Teneramente Licia” (1987) e “Balliamo e cantiamo con Licia” (1988).
Attenzione: qui utilizzeremo i nomi in italiano per comodità di associazione con le nostre immagini mentali.
Licia è interpretata da Cristina D’Avena, Mirko da Pasquale Finicelli, Marrabbio da Salvatore Landolina, Satomi da Sebastian Harrison, Andrea da Luca Lecchi, Steve da Marco Bellavia, Tony da Giovanni Colombo, Manuela da Elisabetta Odino e Marika da Emanuela Pacotto. Ogni personaggio, però, mantiene i doppiatori italiani.
Se in Italia già dal cambio titolo la trama con tutte le vicende collegate, la storia di Yakko and co è chiaramente indirizzata a un pubblico infantile, arrivando forse alle medie, in Giappone con i suoi dialoghi e messaggi molto più espliciti e maturi, “Ai shite Naito” diviene, per i tempi, un vero e proprio esempio di come si vivono le relazioni. Ben presto, infatti, sia nel manga che nell’anime, vengono inseriti anche dei piccoli consigli di educazione sessuale e sentimentale creando un profondo legame con il pubblico e i fan della serie.
Yakko, cresciuta da un padre iperprotettivo che quasi avrebbe sognato per lei un’adolescenza monacale, cede all’amore molto lentamente. Da una parte desidera essere come le altre ragazze: disinibita, più sicura di sé, dall’altra, però, non riesce a lasciare andare il suo essere che, seppur non coincida al cento per cento da quello che vuole il padre, rimane comunque lontana dalle sue coetanee.
Certo, l’immagine della donna come Yakko ci ha dato quasi alla nausea, ma a metà anni Ottanta è del tutto una ventata di freschezza, una chiara metafora delle generazioni presenti future che prendono le distanze da quelle passate sempre più velocemente e nettamente.
Potrebbe sembrare che questo sia iniziato con le adolescenti anni Sessanta e Settanta, ma se vediamo meglio, nonostante il profondo rispetto per la cultura hippie, le ragazze di quel periodo altro non sono che le nonne di questo, e siamo molto lontani dall’emancipazione femminile grazie a loro.
Con ciò non vogliamo di certo sputare su un passato, ma va considerato che il cambiamento verso una donna libera sessualmente, in carriera e che riesce ad andare veramente contro quello che è il volere genitoriale, arriva nei ruggenti anni Ottanta, di certo abilmente supportato dai due decenni prima.
Senza sfociare nelle polemiche, però, abbiamo una piccola speranza dentro il cuore: speriamo, infatti, che questi pilastri della nostra infanzia possano arrivare anche adesso nel loro contenuto originale, così da avvicinare maggiormente ogni generazione!
Come annuncia la sigla italiana, in un giorno di pioggia Yakko e Hashizo Kato si incontrano per caso. Hashizo è un bambino dell’asilo solo e spaventato che si è riparato dalla pioggia in un tubo di cemento assieme al suo gatto Juriano. Yakko, preoccupata di lasciare quel bambino troppo piccolo da solo, decide di prenderselo con sé per quel pomeriggio.
Poco dopo Yakko si scontra anche con Go Kato: un ragazzo dai capelli tinti di giallorosso (ottimo gusto), leader e frontman della rock band Bee Hive e… fratello maggiore di Hashizo, di cui si prende cura da solo.
Go e Yakko fanno da subito amicizia, tra loro c’è dell’ottimo feeling, ma la ragazza - forse intimorita dalla nomea di playboy del ragazzo - è più interessata al suo migliore amico e batterista della band: Satomi Okawa.
Il triangolo amoroso è così inevitabile, tanto che tra Go e Satomi la rivalità comincia a ripercuotersi anche nella musica, con il rischio di mandare in frantumi il sogno di entrambi.
Ovviamente la storia incontra diversi ostacoli, sia dal padre di Yakko che col suo carattere rigido, severo e molto all’antica farà di tutto per allontanare la figlia da qualsiasi membro della band; sia dall’entrata di numerose ragazze/groupie che, ben lontane dal carattere riflessivo, timido e dolce di Yakko, non vogliono di certo perdere tempo e sono disposte a tutto pur di ottenere una relazione con uno dei Bee Hive.
Tra le pretendenti troviamo Isuzu Fujita, migliore amica di Yakko innamoratissima di Go, e Meiko Kajiwara, quasi ossessionata da Satomi.
Comunque sia, anche gli altri componenti dei Bee Hive (il chitarrista Eiji Tono e il bassista Hiroyuki Sugi) vivono le loro peripezie, sia all’interno dell’anime che del manga.
Ovviamente non vi diciamo come finirà il tutto, sia perché il 99.9% della popolazione mondiale ne è conoscenza, sia perché quello 0.01% può facilmente saperlo solo guardando la sigla italiana e chi siamo noi per frenare la curiosità?
Come succede spesso, i finali tra anime e manga non coincidono, tanto che il primo rimane così aperto che ha letteralmente lasciato a bocca asciutta noi italiani.
Da qui la Mediaset ha sentito la necessità di mandare avanti la serie, più o meno (sottolineato più o meno) rimanendo sulla scia del manga.
Vanno così in onda le quattro serie live action: “Love Me Licia” (1986), “Licia dolce Licia” (1987), “Teneramente Licia” (1987) e “Balliamo e cantiamo con Licia” (1988).
Attenzione: qui utilizzeremo i nomi in italiano per comodità di associazione con le nostre immagini mentali.
Licia è interpretata da Cristina D’Avena, Mirko da Pasquale Finicelli, Marrabbio da Salvatore Landolina, Satomi da Sebastian Harrison, Andrea da Luca Lecchi, Steve da Marco Bellavia, Tony da Giovanni Colombo, Manuela da Elisabetta Odino e Marika da Emanuela Pacotto. Ogni personaggio, però, mantiene i doppiatori italiani.
Se in Italia già dal cambio titolo la trama con tutte le vicende collegate, la storia di Yakko and co è chiaramente indirizzata a un pubblico infantile, arrivando forse alle medie, in Giappone con i suoi dialoghi e messaggi molto più espliciti e maturi, “Ai shite Naito” diviene, per i tempi, un vero e proprio esempio di come si vivono le relazioni. Ben presto, infatti, sia nel manga che nell’anime, vengono inseriti anche dei piccoli consigli di educazione sessuale e sentimentale creando un profondo legame con il pubblico e i fan della serie.
Yakko, cresciuta da un padre iperprotettivo che quasi avrebbe sognato per lei un’adolescenza monacale, cede all’amore molto lentamente. Da una parte desidera essere come le altre ragazze: disinibita, più sicura di sé, dall’altra, però, non riesce a lasciare andare il suo essere che, seppur non coincida al cento per cento da quello che vuole il padre, rimane comunque lontana dalle sue coetanee.
Certo, l’immagine della donna come Yakko ci ha dato quasi alla nausea, ma a metà anni Ottanta è del tutto una ventata di freschezza, una chiara metafora delle generazioni presenti future che prendono le distanze da quelle passate sempre più velocemente e nettamente.
Potrebbe sembrare che questo sia iniziato con le adolescenti anni Sessanta e Settanta, ma se vediamo meglio, nonostante il profondo rispetto per la cultura hippie, le ragazze di quel periodo altro non sono che le nonne di questo, e siamo molto lontani dall’emancipazione femminile grazie a loro.
Con ciò non vogliamo di certo sputare su un passato, ma va considerato che il cambiamento verso una donna libera sessualmente, in carriera e che riesce ad andare veramente contro quello che è il volere genitoriale, arriva nei ruggenti anni Ottanta, di certo abilmente supportato dai due decenni prima.
Senza sfociare nelle polemiche, però, abbiamo una piccola speranza dentro il cuore: speriamo, infatti, che questi pilastri della nostra infanzia possano arrivare anche adesso nel loro contenuto originale, così da avvicinare maggiormente ogni generazione!
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