È giunto di nuovo… quel freddo gelido, quel vento nefasto che s’abbatte sulla carne e sulla pelle, che percuote l’anima con soffi di neve.
Quel vento che ti sorprende quando all’inizio della primavera ti sei vestito più leggero ma sei ancora per strada di notte. È in quel momento che ti accorgi quanto sia tardi, ma non è questo il problema.
Il problema adesso non è il ritardo, ma la maniera con la quale abbiamo scelto di riordinare il tempo.
È tardi, sì, ma cosa è avvenuto prima del ritardo? Si sono verificati una serie di eventi che travalicano la mia comprensione, ma tutti mi hanno portato a non essere (o a essere male, o semplicemente “malessere”).
Dopo uno scarso controllo dell’inconscio, si verifica una presa di coscienza che sveglia d’un tratto.
Continuo a custodire ricordi che non mi appartengono ed emozioni che non ho vissuto. Desidero nuovi ricordi e nuove emozioni, tutte da contenere in una parvenza rinnovata di me stesso.
E più me ne rendo conto e più mi assale il sonno. Autodifesa distratta, una porta che mi porterà a dimenticare ogni cosa domattina. Sarà giorno e tutto sommato non farà più così freddo, la giornata sarà più che normale, forse nell’aria primaverile ci sarà anche un certo tepore.
Ti scordi allora del freddo della notte passata, degli indumenti sbagliati e degli insulti di qualche passante che non è stato preso in considerazione.
Sì, perché giustamente il freddo lo sentono più o meno tutti. Pure i passanti detengono le loro ambasce, lo si sente da come camminano. Mettono i piedi strascicando sull’asfalto, come se le scarpe fossero pesanti e come se il loro corpo facesse movimenti inconsueti e involontari. Morti viventi. Vivi ma già morti. Eppure, sentono ancora freddo...
Attende una sofferenza disciolta nella neve, portata da nevicate sempre più cupe e frequenti. Un sole di ghiaccio illumina distrattamente una realtà desaturata. Chissà se smetterà mai di nevicare, chissà se il clima si aggiusterà oltre il ghiaccio che ricopre i nostri sguardi.
Ma tu, cara mia, sei qui davanti a me a cercare di capire, a cercare di capirmi. Sappi che non è necessario, non lo è mai stato. Anche se so già che capirai ciò che dovrai capire.
Il resto lascialo al vento, lascia che il lamento si perda nel vuoto e svanisca come ogni preoccupazione terrena. Stagioni... Una suddivisione coercitiva insita alla vita organica.
Non mi va di pensarci ora. Metti quella canzone, quella che ascoltavamo sempre. Sì esatto, riproduci il silenzio, la quiete. Guardami e comunica con gli occhi parole senza lettere.
Ma non riesco a smettere di evocare certi pensieri. So che non vedi la neve, so che è ormai primavera e il sole è sempre il sole.
Ma perché far finta che non sia mai giunto inverno, perché? La corrente espressionista non ci ha insegnato niente?
È il sole, sì, ma di ghiaccio. Giovinezza è andata perduta e attendo ancora con immenso sconforto i primi peli bianchi.
Come dici? La sto facendo drammatica? Forse. Ma in fondo cosa non è drammatico in questa vita?
E qui non rispondere. Non è una di quelle domande che hanno bisogno di risposta, ma una di quelle che necessitano riflessione.
E allora rifletti, riflettiti nello specchio. Cosa vedi?
Io quando rifletto, quando mi rifletto, vedo solo una cosa. Un ragazzo di ghiaccio. Fa freddo.
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