Con i medici non parlo. So già che cercheranno di imbottirmi di farmaci, magari mi interneranno pure in qualche clinica, ma ciò che sto vivendo è reale, non può non esserlo perché è la prima volta che provo emozioni così forti.
Tutto iniziò quando la vidi per la prima volta in un sogno, la sua immagine sfumava ma la sua bellezza era qualcosa di concreto. Dimenticai tutto al risveglio, non saprei dire nemmeno indicativamente quanto tempo è passato da allora.
Ma pochi anni fa, feci lo stesso sogno, e ricordai lo stupore che mi suscitò la sua bellezza. Per quanto quella visione fosse illusoria, non volevo più dimenticarla. Avrei voluto immortalare la mia visione su un foglio, ma non sono mai stato capace a disegnare. Le notti successive iniziai a sognarla in maniera sempre più vivida, finché non iniziai a parlarci.
Da quando sentì la sua voce per la prima volta smisi di fare incubi. Mi faceva molte domande, alcune delle quali così complesse che mi fecero capire che era impossibile fosse semplicemente tutto frutto della mia testa.
Nei sogni ho sempre fatto fatica a parlare ed esprimermi, non poterle dare risposte articolate mi faceva stare male al risveglio. Lei tuttavia sembrava comprendere le mie difficoltà, spesso mi accarezzava con una mano la guancia dicendomi con tono rassicurante: “Stai tranquillo, se non sai rispondere va comunque tutto bene”. La sua mano era così morbida, ero sicuro di non essere capace a immaginare una sensazione del genere.
I problemi iniziarono quando iniziai a soffrire di insonnia, ironia della vita prima ero spesso sommerso da incubi, ma ora che avevo risolto quel problema, il disturbo che ho da sempre invocato come benedizione è arrivato sotto forma del maleficio più grande.
Passarono pochi giorni e iniziai a vederla di sfuggita tra i passanti e vicino al mio riflesso dentro lo specchio. Come dal nulla era comparsa, nel nulla era tornata, non la vidi più.
Ed è lì che mi resi davvero conto: che senso ha aspettare un’illusione, che senso ha la mia vita, se tutto ciò che posso perseguire non mi appaga quanto quella mera visione? Perso ogni stimolo reale e immaginario, iniziai a sentire il peso del nulla in cui vivevo, e capii che nel vuoto dovevo ritornare proprio come fece lei. Era giunto il mio momento, decisi di avvelenarmi colmando un bicchiere con le sostanze più nocive che erano presenti in casa mia.
Nell’attimo prima di berlo, sentii una mano che mi strappò via il bicchiere e dopo averlo lanciato via, mi tirò uno schiaffo. Era il dolore più bello che avessi mai sentito, lei era davanti ai miei occhi, reale o no, lo era per me.
Chiesi il perché me lo avesse impedito, ma lei chinò lo sguardo e arrossì. Le passai la mano su una guancia e le dissi: “Stai tranquilla se non sai rispondere va comunque tutto bene”.
- “Quali sono i risultati dell’esame?”
- “Riteniamo si sia probabilmente avvelenato, nel suo corpo sono state trovate tracce di ipoclorito di sodio.”
- “Abbiamo indizi che potrebbero chiarire il suo gesto?”
- “Sappiamo prendeva molte medicine per l’insonnia, ora può riposare in pace.”
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