A volte basta un piccolo pre-sentimento per capire che le cose nella nostra vita stanno cambiando. Suzume è una giovane sedicenne che, un giorno mentre si sta recando a scuola, viene fermata da un giovane straniero. La richiesta di lui è alquanto strana: vuol sapere se vi sono delle rovine. Ma non è la domanda a far sorgere dei dubbi nella giovane, quanto più il sentimento di aver già visto quel ragazzo. Deragliando dal normale percorso quotidiano, quindi, decide di seguire il ragazzo imbattendosi in una nuova e strana avventura.
Suzume arriva in sala il 27 aprile e ci porterà all’interno di un mondo straordinario in cui, la protagonista deve cercare di lottare per poter riuscire a salvare il proprio paese.
Attraverso questo viaggio dell’eroina, però, si nasconde un significato molto profondo. Se, infatti, in un primo istante potremmo restare totalmente straniti dalla realtà che inizia a vedere la ragazza, lentamente tutto inizia ad acquisire un senso. A soli sedici anni, per tutti, decide di scappare da casa così da poter intraprendere questo viaggio conoscitivo. Quello che le si prospetta davanti, però, è in tutto e per tutto una piccola presa di coscienza. Un viaggio che riesce a farla maturare e a farla crescere, facendole assumere un nuova consapevolezza di se stessa.
Il cielo del Giappone si tinge di rosso ogni qualvolta che una porta, dall’aldilà, viene aperta. Un enorme verme emerge da un mondo fatto di notte stellate. Lei, insieme a Souta intraprendono questa magica avventura per poter chiudere le porte dalla quale questo male emerge. Man mano che prosegue nel suo viaggio, però, i ricordi che aveva del suo passato iniziano a riaffiorare e attraverso di essi è possibile notare quanto avvenga un processo di elaborazione del lutto. Da quando aveva solo quattro anni Suzume vive con sua zia perché era rimasta orfana di madre, l’unico genitore che poteva accudirla. Una scelta obbligata sia per il dolore che la zia provava nell’aver perso la sorella, sia perché troppo piccola per poter riuscire a badare a sé stessa. Per dodici anni la loro vita insieme è continuata in una routine continuativa e monotona: la zia non è riuscita ad avere altro oltre che la nipote e il lavoro, mentre la giovane ragazza non ha mai avuto modo di fermarsi a pensare al proprio passato. Suzume si è sempre cullata su quel dolce ricordo che sembra quasi un sogno.
In una semplice pellicola, Mokoto Shinkai riesce a creare un “coming of age” in grado di elaborare tanti sentimenti forti e contrastanti diversi tra di loro. Quelle emozioni che caratterizzano l’adolescenza e che scombussolano la quotidianità. Sentimenti che devono essere elaborati e che qui prendono vita attraverso elementi del fantastico come i gatti che vediamo nel corso della pellicola. In sole due ore, quindi, veniamo posti davanti all’idea di accogliere il proprio dolore, le proprie pene, per poter riuscire a prenderci cura di quei bambini che siamo stati e non sono stati accuditi.
Non ci saremmo mai aspettati aspetti così profondi nel vedere i primi minuti di questa pellicola, ma non abbiamo potuto fare a meno di restare piacevolmente scossi davanti al messaggio finale. La conclusione, infatti, svela tutto quello che è possibile leggere e intrepretare in questo anime. Non possiamo, infatti, andare oltre con i pareri perché vogliamo lasciare il piacere della visione senza eccedere con gli spoiler su ciò che accade.
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