Era il 2018 quando Rancore, nome d’arte del rapper romano Tarek Iurcich, pubblicò il suo secondo album da solista, “Musica per Bambini”. Al suo interno ci sono dieci tracce, due le abbiamo già analizzate negli omonimo articoli: “Sangue di drago” e “Quando piove”. Ogni pezzo presente in questo album racconta una storia o un momento della vita dell’essere umano, come la solitudine, la depressione, la crescita e il cambiamento, talvolta aggiungendo l’elemento del fantasy per conciliare meglio la narrazione. Oggi vogliamo parlarvi del brano “Giocattoli” il cui video ufficiale è stato pubblicato su YouTube nel gennaio del 2019.
Questa canzone di Rancore si divide in tre momenti, ognuno di essi rappresentato da tre oggetti differenti: un bambolotto, un rossetto e una sigaretta. Sono gli oggetti a parlare e a raccontare la fase di crescita della ragazza protagonista. Gli oggetti non si presentano mai in quanto tali, ma è facile intuirli da come si descrivono e da come raccontano il loro rapporto con la giovane. Nel videoclip, il personaggio in primo piano è sempre il bambolotto, anche se nelle inquadrature compaiono al suo fianco prima il cosmetico, poi un posacenere pieno di sigarette spezzate o consumate. Per come la storia è costruita, il primo film d’animazione che ci viene in mente è sicuramente Toy Story.
Il bambolotto è il primo personaggio che ci viene presentato in questa storia e rappresenta l’infanzia. Lo troviamo in un pacchetto che la bambina sta scartando, ma non sappiamo qual è l’occasione del regalo in questione, che sia il suo compleanno o Natale. La piccola toglie l’involucro protettivo ed è felicissima del presente ricevuto. Abbraccia la mamma, lancia un bacio alla nonna e subito inizia a giocare.
“Il tuo monologo sembrò un mistero/ Il corpo mio si muoveva secondo ogni tuo pensiero/Tu che giochi anche con cose come me/Creando dialoghi, sei sempre tu che parli/È un modo per scacciare i diavoli
Li muovi per sconfiggerli da ieri in questa sala/E poi mi lasci e vai a dormire perché il sole cala.”
Ognuno di noi, quando era piccolo, giocava con i pupazzi e/o con le bambole, facendoli “parlare”. Era sempre la nostra voce, ma nella nostra mente i giocattoli erano “vivi”. Il bambolotto in questione – che nel video non è altro che è la rappresentazione di Rancore stesso – diventa una sorta di guerriero che combatte contro i peluche, contro giocattoli più grossi di lui, come se la bambina in questo modo combattesse le sue stesse paure. Quando la piccola va a dormire, il pupazzo è lì sul mobile a vegliare su di lei, come un angelo guardiano. Ora il bambolotto ha un posto tra gli altri giocattoli, forse uno anche privilegiato perché è nuovo. Ma sa bene quale sarà il suo destino, ovvero finire nella spazzatura, nel dimenticatoio, perché la bambina crescerà e non avrà più bisogno di lui.
“Chi cresce non apprezza più i giocattoli/Giocattoli, giocattoli/Diventano mondezza.”
La seconda strofa viene raccontata dal punto di vista del rossetto. Se con il bambolotto abbiamo l’infanzia, questo elemento del make up rimanda all’adolescenza, quando la giovane deve cominciare a capire quando mettere o meno il rossetto. È il momento dei primi amori, del cosmetico nascosto nell’astuccio di scuola o nella giacca di chissà chi. Il colore è di un rosso acceso, lo stesso che le piaceva da bambina, anche se non le sta benissimo. Ma con i primi amori arriva anche la fase della ribellione, la rabbia, la stessa che esprime il rossetto nel momento in cui arrivano i primi baci e il trucco si sbiadisce.
“Questo stronzo ci rovina, ci sbiadisce, ci confonde/ Tu che cerchi di tenermi acceso ai bordi della fonte/ La tua lingua scorre sulle rocce lisce sotto fronde/ Di parole di cui sono la cornice tua più forte
Poi mi lasci in giro/ Ho un discorso lungo con il lavandino/ Gli racconto quanto il tuo respiro non è un trucco/ Ma di colpo tu mi schiacci sullo specchio/ Lasci un cuore a quel cretino/ Mi finisci, mi butti e ti scordi tutto.”
Il destino del rossetto è lo stesso del bambolotto: quando finisce la sua utilità, quando termina questa fase della sua esistenza, anch’esso finisce nella spazzatura, nel dimenticatoio. Non è più una bambina.
L’ultima strofa della canzone rappresenta l’età un po’ più adulta, ed è raccontata dal punto di vista della sigaretta. Sconsigliata a tutte le età, la sigaretta viene consumata dal fuoco velocemente. Può essere condivisa come no, viene vissuta addirittura come un culto da chi non ne può fare a meno. La ragazza è in quel periodo di transizione tra l’età infantile e l’età adulta, che cerca la sigaretta per sentirsi più grande mentre soffia fuori il fumo come una nuvola scura fatta di confusione. Ora che si sente più grande, il mondo delle favole, delle fate è un lontano ricordo che si perde nella combustione della sigaretta. Diventa per lei una valvola di sfogo, mentre i ricordi del passato tornano a farsi prepotenti. È come se la ragazza sentisse la nostalgia dell’infanzia ma anche il bisogno di crescere. Però anche la sigaretta prima o poi finisce e dopo un ultimo “bacio”, con una schicchera finisce sul marciapiede. La “cicca” rappresenta la fine della purezza infantile, della crescita ormai compiuta verso un mondo più adulto, verso altre realtà e altri “giochi”.
“L'emozione ricorda qualcosa che non ricordi/ Qualcosa con cui giocavi quand'era un po' meno sporca/ Però è normale che hai bisogno di altri mondi/ Uscire, vivere con gli altri ed abituarti a nuovi giochi con gli stolti/ Ecco, tutto si butta, tutto si scorda/ Quando aprire quella porta serve ad aumentare l'ombra.”
Un po’ come in Toy Story, alla fine questi tre oggetti capiscono che ormai il bambino è cresciuto e ha bisogno di altro per entrare pienamente del mondo degli adulti, lasciando una parte di sé alle spalle. E infatti la canzone prosegue con il fatto che la mamma non ha più remore a buttare i vecchi giocattoli, come il bambolotto, il rossetto finito e la sigaretta. Anche se il brano termina con l’abbandono definitivo dell’infanzia, nel videoclip il bambolotto è in mezzo alla spazzatura, arreso al suo destino. Poi arriva una figura femminile che lo prende per mano e lo porta via, il che fa pensare al ciclo che ricomincia da capo.
Si tratta di una canzone sul cambiamento, sul passaggio da una fase all’altra della crescita. La trasformazione viene raccontato attraverso tre oggetti, gli stessi che raccontano la storia della loro proprietaria dal loro punto di vista, immobili e silenziosi, che non possono fare altro che osservare dall’esterno lo scorrere inesorabile del tempo. E voi conoscevate questa canzone di Rancore?
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