Iniziare a leggere il testo di esordio di Sonia Aggio è dannatamente semplice. Fin dal suo epilogo si viene coinvolti in questo straordinario turbinio di dubbi in grado di catturare l’attenzione del lettore che, inevitabilmente, ne vuole sapere di più. In uscita, edito Fazi Editore, arriva in libreria il 2 settembre un libro perfetto per terminare gli ultimi caldi giorni di agosto. Magnificat, infatti, vi catturerà e vi trasporterà all’interno di un mondo in cui le leggende si mescolano alla realtà e la pioggia estiva è pronta a far straripare ogni vostro singolo argine.
Sonia Aggio, in punta di piedi, ci fa entrare nella vita di Nilde e ci riporta a quegli eventi che l’hanno sconvolta e cambiata completamente. Fin dal prologo, infatti, ci troviamo catapultati all’interno di un territorio fatto di ricordi, dolore e salsedine.
È il 1951 e le cugine Nilde e Norma vivono insieme, come sorelle, in un piccolo casolare nella campagna del Polesine. Entrambe orfane a causa dei bombardamenti che hanno colpito la zona nel 1944. Durante quell’estate, però, qualcosa in Norma inizia a cambiare. Nilde non riesce a spiegarsi il cambiamento della cugina che sembra diventata un animale selvatico. La segue durante le sue fughe, per cercare di capire dove ella vada durante i temporali che si abbattono sulla loro cittadina. Tutto ha un’aria inspiegabile e lei non può far altro che piegarsi a quel vortice di eventi che la spingono a preoccuparsi, ma che la lasciano impotente davanti a quella furia che ben presto svanirà.
Magnificat è uno di quei libri che permette al lettore di guardare alla realtà sotto punti di vista differenti. Il mistero, le leggende, si mescolano a ciò che le due donne vivono. Tanto che la follia sembra aleggiare in un po’ tutto il paese, ma le credenze popolane forse sono più reali di quel che molto spesso si crede.
La premura, l’amore, la cura. Elementi del femminile che si intersecano alle profondità delle acque del Po. Quelle acque che meste si riversano in mare, ma che furenti possono abbattersi sull’uomo tanto da chiamarlo a sé. La storia di Nilde e Norma è dunque la possibilità di scandagliare la sensibilità della donna; infatti, l’amore che intercorre tra loro è un simbolo di quel più grande sacrificio di cui la femminilità molto spesso si fa carico.
È interessante come l’autrice abbia legato alla furia delle acque del Po la femminilità. Appare evidente, riga dopo riga, anche grazie ad alcuni pensieri o fatti che vengono narrati sulla pelle delle due giovani protagoniste, come sia intrinsecamente legato il tutto alla donna. Sentiamo, per tutta la lettura, solo le voci di donne più o meno assennate, più o meno credenti, più o meno colte. Le leggende, infatti, riguardano la Signora del Fiume, una Madonna. Un patto di protezione nei riguardi degli uomini che a quanto pare non può essere rinnovato.
Il tutto è ancor più intenso se viene osservata anche la maternità, anche perché vengono solo e sempre nominate le madri delle due donne, due sorelle, ma mai i loro padri. Sembra quasi che Norma sia stata concepita un po' come lo è stato Gesù, per intercezione di un cherubino.
Ancor di più ciò viene messo in luce dal fatto che vi è la presenza solo di due uomini all’interno di tutta la storia ed essi incarnano degli aspetti ben precisi che si riescono a cogliere leggendo semplicemente le loro parole. Sotto questo punto di vista, Domenico è un personaggio molto completo e complesso che riesce a mostrare la sensibilità maschile, oltre che la cura che difficilmente a livello archetipale vien fatta risale ai personaggi maschili.
C’è qualcosa nel loro sangue, nella loro discendenza. Qualcosa di magico e inspiegabile che, in un certo senso, lascia la possibilità allo spettatore di colmare la mancanza di informazioni con le proprie ipotesi.
Norma, bella come il cherubino raffigurato nel quadro del Botticelli, è tanto selvaggia quanto tormentata. Una donna che non è più solo donna, ma qualcosa in più. Un gatto fulmineo che costantemente entra a contatto con quella natura furente che arriverà a dominarla.
Nilde, delicata e protettiva, è destinata a fare del proprio dolore uno scudo. Affiancata e protetta dalla famiglia che nonostante tutto è riuscita a costruirsi, deve affrontare tutta la perdita anno dopo anno.
Magnificat lascia molto addosso al lettore. Riga dopo riga il dubbio e le domande attanagliano e incollano alla lettura. Si vuol sapere di più, si vuol far propria la curiosità di Nilde e il tormento di Norma. Del resto la base storica sulla quale questa storia affonda le proprie radici è reale. Tutto ciò che successe alla campagna del Polesine nel 1951 è doloroso, ma mostra anche quanto realmente impossibile sia per l’uomo cercare di imbrigliare la forza motrice della natura. La rottura degli argini del Po, infatti, fu una strage che lasciò dietro di sé oltre cento vittime sfollando più di centottantamila abitanti.
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