Se avete aperto questo articolo, siete masochisti tanto quanto la persona che lo sta scrivendo. Anche se, si deve ammettere, ci sono stati dei miglioramenti in questo terzo capitolo di questa interminabile saga che porta alla luce una scorretta romanticizzazione dell’amore tossico e della mafia.
Sì, se state continuando a leggere, sapete perfettamente che nelle righe che seguiranno parleremo di “Altri 365 giorni”, il terzo volume della saga di Don Massimo Torricelli (Michele Morrone) e Laura Biel (Anna-Maria Sieklucka). Il tutto, qualora voi non lo ricordavate, è partito con quell’incredibile atto romantico che è il rapimento della donna tanto desiderata dal mafioso. Sì, Massimo ha rapito Laura e le ha dato trecentosessantacinque giorni per farla innamorare di lui. Un patto alquanto ambiguo che, stimolato dall’evidente sindrome di Stoccolma di lei (avremmo tutte voluto vedere se in mancanza di addominali sarebbe stata la stessa cosa), a quanto pare ha un notevole successo. Dopo il primo anno insieme e un cliffhanger davvero inaspettato, tanto che si ripeterà in maniera analoga anche al termine del secondo volume, arriviamo a vedere anche il secondo anno insieme della coppia.
Nel secondo volume le cose si fanno più complicate per la coppia e, al peggio di una telenovela sud-americana, arriva il gemello cattivo di Massimo che complica le sorti dei due e complotta alle loro spalle con una sapienza tale da mettere alla prova l’amore che Laura prova per il nostro amato Don. La cosa che più ci sconvolge è quanto bene riusciamo a ricordare la trama di questi due film, forse è merito della sua semplicità. Fatto sta che in questo nuovo terzo anno di vita di coppia dei due, entrambi si portano gli strascichi delle nefaste avventure che li avevano colpiti nei precedenti film.
Vogliamo ricordare che questa saga è tratta da una serie letterale. Quindi sì, sono stati abbattuti degli alberi per mettere in moto questa disavventura, ma del resto l’uomo non vive solo d’aria e a quanto pare ha la necessità di svagare la propria mente con trame insufficienti ed erotismo più o meno soft. Se volete guardare qualcosa che abbia a che fare con corpi nudi che si strusciano, ma che abbia una trama che vada ben oltre all’idraulico che vi entra in casa, guardatevi Love di Gaspard Noé (2015). Ma magari di questo ne parleremo in un altro articolo, adesso torniamo a noi.
L'uomo dalle molteplici espressioni |
La trama, come stavamo appunto dicendo, appare chiaro che non è delle più complicate. Per poter cercare di tirare avanti la barca così da poter sfornare almeno un altro sequel, infatti, ci troviamo davanti a un film che cerca di rimescolare le carte in tavola per far in modo che i due protagonisti non si annoino nella loro routine sentimentale. Del resto, una donna con la sindrome di Stoccolma e il Boss di non si sa quale famiglia mafiosa non possono di certo costruire la loro casetta in Canadà, senza che qualcosa o qualcuno gli venga a rompere le uova nel paniere. Torna quindi in scena l’aitante Nacho, protagonista del secondo rapimento semi-consensuale avvenuto in “365 giorni – adesso”. Il discendente della gang rivale ai Torricelli non fa altro che tormentare i sogni della bella Laura. La donna se ne è perdutamente innamorata, complice anche la distanza che il buon caro e vecchio Don ha messo tra di loro.
Ragazzi, After è una saga di gran lunga migliore eh… nonostante ci voglia uno spirito masochista anche in quel caso per poterlo guardare. Non comprendiamo davvero il successo che vi è dietro questa saga tanto che Netflix sta continuando a produrre anche i volumi successivi. La voglia di guardare la storia di Massimo e di Laura è divenuta un “vediamo dove vanno a parare”, anche se è ben comprensibile l’andamento della loro storia e ciò che si vedrà anche nel prossimo film. La “perversione” della coppia, il fatto che nonostante le premesse mediche ci sia una scena di sesso dopo i primi tre minuti da inizio film per i quindici minuti a seguire, ci fa ben comprendere che l’algoritmo della piattaforma di streaming sia davvero rotto o che voglia spingere su certi titoli solo per poter marcare la scia del “ne parlano tutti”.
Ammettiamo che un po’ ci divertiamo a giocare col sarcasmo nel parlare di queste storie e nel fare recensioni che in realtà non recensiscono molto perché non c’è molto da dire.
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