È arrivato il momento di dormire devo andare, si è fatto tardi…
Non riesco a stare ancora sveglio, ogni rumore si confonde e ogni pensiero si scioglie in una poltiglia di immagini che non rispettano la loro coesione interna.
Le parole si legano tra loro senza più assumere significati coerenti, non c’è nessun bisogno di comunicare, c’è solo il suggerimento di abbandonarsi in un sonno profondo per poter parlare lingue sconosciute, senza segni e senza vocaboli.
Non ho forza per sistemarmi per la notte, ma in questa condizione non riesco a riposare.
E le immagini passano, le parole fluiscono mentre dialoghi assurdi prendono il sopravvento nei miei pensieri.
Non sento silenzio, il torpore fa chiasso e mi verrebbe da chiedere se questo strepitio continui anche dopo essermi effettivamente addormentato.
Basta, lasciami dormire, lasciami in pace, non posso ascoltare, non ce la faccio. O almeno questo è quello che da una parte di me dico. In realtà basterebbe un nonnulla a farmi addormentare, ma continuo a voler sentire troppo.
E non mi riferisco solo questi pensieri informi destinati a prosciugarsi come chiazze d’acqua sotto il sole d’agosto.
Devo trovare una guida nel silenzio.
Devo sentire qualcosa, devo cercare un suggerimento indistinto che non può arrivare con la veglia, una guida ceca per una mente sorda.
E sviscero tra le parole tra le loro stranezze e tra le fattezze bizzarre che assumono in questa mia condizione.
Come se dal mio inconscio possa provenire un suggerimento per evitare l’ennesimo incubo, come se potessi già da ora fabbricare la chiave che mi permetta di scappare dalla prigione onirica.
Come se potessi trovare suggerimenti su come affrontare il domani, come se potessi trovare mistiche epifanie capaci di trovare un significato nascosto nella giornata passata.
Sobbalzo in un formicolio, è un aborto spontaneo di un sogno mal riuscito, la negazione di un pensiero fastidioso malcelato che si prende beffa di me alimentando problemi e paranoie. Passano altre immagini.
Treni che viaggiano su binari di fuoco nei fondali marini, templi di Atlantide adornati di coralli. La corrente porta una musica angelica, la città sommersa pullula di misteri, la città sommersa sono io. Uno squalo vegano mi chiede l’ora, ma non la so. Questa è una notte stancante, ma qui è tutto tranquillo. Fisso il bagliore della legna che arde, poi fisso la sabbia. Qui le stelle brillano sottoterra e la terra è un cielo al contrario.
“Splende un raggio di luce siderale
su Atlantide, verità dischiusa e dispersa;
ora ardono le fiamme sul fondale
per il viandante nella notte avversa”
(Gianluca Boncaldo, “Viandante negli abissi”)
Ora una sirena si avvicina sorridendo, mi vede pensieroso.
Lei: “Ma Gianluca hai bevuto?”
Io: “No, ho solo sonno… e poi non capisco perché uno squalo dovrebbe chiedermi l’ora”.
Lei: “È la globalizzazione, il tempo umano è arrivato anche sui fondali”.
Io: “Perché c’è il fuoco sott’acqua?”
Lei: “Perché qui farebbe troppo freddo sennò… E la luce da sola non basta ad aprire al pensiero, serve anche il calore”.
Io: “Forse… mi sono perso”.
Lei: “Non puoi perderti qui, al massimo non vuoi ricordare da dove vieni… o peggio, ti rifiuti di sapere dove devi andare”.
Io: “E dove devo andare?”
Lei: “Devo dirtelo io? Guardati intorno, ti sorprenderai”.
Io: “Tu non sei reale, vero?”
Lei: “Non lo sei neanche tu".
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