sabato 3 settembre 2022

#Pensieri: La logica del tempo

Anche se sono una ragazza di citta che poco tollera la campagna e il contatto con la natura mi va bene finché non sento ronzare api e vespe attorno a me, ho sempre vissuto i mesi dell’anno associandoli al raccolto.

Non so bene il perché, ma per me l’anno inizia ufficialmente a fine ottobre, quando le giornate si accorciano così tanto e mi danno la possibilità di meditare a lungo, nella mia stanza. È in quel momento che preparo il mio terreno interiore per la semina, osservando attentamente quali parassiti hanno colpito le piante del mio personale Eden.

Ebbene, agosto è il periodo in cui comincio a vedere il raccolto, lo assaporo fino in fondo, cercando di capire se ciò che ho mi soddisfa o se è bene che io debba fare di più. Tranquilli, questo articolo non riguarda cosa va o non va in me, non credo interessi al mondo.

È che nelle prime due settimane di agosto ho ragionato molto su come io agli occhi degli altri sembri un’estranea al mondo. Badate bene: ciò non mi sconvolge, ci sono così abituata che ormai non mi fa più né caldo, né freddo. Ma proprio come accennato in “Watching the wheels”, ci sono canzoni che hanno aiutato il mio percorso di accettazione per la libertà. Sì, perché essere liberi, agli occhi del prigioniero, è pura follia e come ogni processo che paragoniamo alla follia, va accettato.

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà.”

-Lettera ai Romani

Premessa: in questo articolo non voglio analizzare il testo di Renato Zero: “La logica del tempo”, le parole della canzone aiutano però il mio flusso di coscienza. Già partendo dal titolo, infatti, mi perdo nel trip mentale del tempo. Il tempo non ha alcuna logica, almeno, non quella umana, semplicemente perché il tempo non esiste. Siamo noi che vogliamo trovarvi a tutti i costi un significato…

Dicono che il meglio sia già stato scritto
che il presente è un soffio ed il futuro è incerto
che ogni storia è solamente un’opera della casualità.

Dicono che vivere sia simile ad un viaggio
che ogni cosa fugge ed è tutto di passaggio
e le emozioni forti con il tempo non si rivivranno più.

Mi guardo nello specchio e vedo sempre quello sguardo di anni fa
e un’anima leggera sempre accesa mentre tutto se ne va
in ogni momento…

Proprio come nella canzone di John Lennon citata prima, mi piace come ci sia lo stacco netto tra chi canta e la società, perché è ciò che vivo nel quotidiano. Non vi nego che quando sento certi discorsi sulla materialità, mi dissocio completamente, perché non li capisco. O meglio, so che è importante pensare al lavoro, alla casa, ai soldi… ma non capisco perché siano discorsi da condividere con il prossimo. Così, chi mi conosce sa che non sono la persona più adatta a chiedere consigli su tutto ciò.

Ma c’è qualcosa legato alla materialità che ascolto molto volentieri: le lamentele su di essa. Non perché io le approvi, ma perché mi fanno divertire. Sul serio, proprio come mi divertono i capricci dei bambini. “Ma tanto sai cosa? È tutto già scritto, è inutile che io provi a fare qualcosa.” “Eh, ma il futuro è così incerto che è bene pensare ad accumulare ora.” “A volte serve proprio una botta di fortuna!” “Oramai per me è troppo tardi, sono in quell’età dove nulla mi sorprende più”.

E già qui noto la prima, grandissima, differenza tra me e la società delle lamentele: io ho il coraggio, sì, in questo stesso periodo mi sono scoperta essere coraggiosa, di fare ciò che voglio davvero fare. Nessuno ha mai scelto per me e di conseguenza nessuna mia scelta è stata presa pensando alle aspettative degli altri. La libertà non ti può far lamentare.

E nella logica del tempo qualsiasi cosa passerà
anche se non ne cogli il senso
un giorno il senso arriverà.

Ed è una regola del mondo: chi amore ha dato, amore avrà
in questo tempo senza tempo che noi chiamiamo eternità.

Per semicitare George Harrison: “Non esistono errori nella tua vita, solo lezioni che non hai ancora appreso”. Tutti viviamo momenti dell’esistenza dominati dal dolore. Tutti. Nessuno più di altri. Io, poi, credo nella reincarnazione, vi dico solo: Europa, anni ’30, fede ebraica. Tanto basta per farvi capire il dolore già passato. Comunque, tornando a George Harrison: “All things must pass” (trad: Ogni cosa passa) cantava, e in effetti se riguardiamo indietro, ogni cosa è passata. Certo, se noi vogliamo andare oltre. Il libero arbitrio è divertente, quando prendiamo consapevolezza che è tutto basato sulla nostra scelta: vogliamo continuare a portare addosso il peso di qualcosa accaduto dieci, venti, due anni fa, o vogliamo lasciarlo andare? Le conseguenze di questa scelta saranno i frutti di ciò che mangeremo poi.

Chi amore ha dato, amore avrà”. Altri saggi, i Beatles, dicevano: “And in the end/the love you take/is equal to the love you make” (trad: “E alla fine/l’amore che tu hai/è uguale all’amore che dai”.)
A volte sorrido quando sento frasi come: “Sono sempre buona con gli altri, e mai una volta che gli altri lo sono con me.” Tralasciando il discorso vite precedenti, ci siamo mai chiesti per chi facciamo qualcosa di buono? Se davvero per gli altri, o per noi stessi? Se lo facciamo davvero per non avere nulla in cambio, o per avere un riconoscimento?
Ero la prima sostenitrice del: “Ah, mondo infido! Nessuno mi tratta come io tratto gli altri”, poi mi sono posta quelle domande e sono cambiata (Questo riprende anche il secondo ritornello, dove invece di “ogni cosa passerà”, è detto: “ogni cosa cambierà”).

Dicono che il bene qui non ha mai vinto
che il cinismo è figlio di un sogno che si è spento
ed ogni desiderio con il tempo si rassegna alla realtà.

Io invece chiudo gli occhi e ho sempre l’entusiasmo di anni fa
la mia anima non cambia e sogna ancora, sogna e sognerà
e combatte nel vento…

Ok, lo confesso: sì, sono cinica. E no, non mi si è spento alcun sogno, al contrario: li sto avverando a mio tempo e a mio modo. Il fatto è che proprio non sopporto le convenienze. Non credo si debbano rispettare solo perché così è sempre stato fatto. Non credo abbia molto senso ritrovarsi la domenica a pranzo dai parenti, sono la prima che il giorno di Natale sta a casa da sola a guardarsi i film. Amo la mia famiglia, amo i miei amici, ma non sopporto l’idea che le cose si debbano fare perché così si fa. “È Natale, e a Natale si sta con la famiglia.” “È estate, e d’estate si parte”. Ma chi ve l’ha detto? Ma soprattutto, si raccolgono punti? Vinco qualcosa alla fine della fiera? Ma perché non posso vedermi con qualcuno o partire quando ne ho voglia, indipendentemente dal periodo dell’anno? Vedete, si ritorna al discorso del senso di libertà. 

cìnico agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. cynĭcus, gr. κυνικός, der. di κύων κυνός «cane»; propr. «canino, simile al cane, che imita il cane», per il dispregio che i cinici professavano per le istituzioni sociali e per le convenienze

Quando sto “allo specchio” con la mia anima, mi rendo conto di quanto io sia rimasta con lo stesso identico entusiasmo di quando ero bambina. Perso e fortunatamente ritrovato (ho scritto molteplici articoli a riguardo, ne cito due su tutti: “La forza della vita” e “Cambiamento”) ma mai cambiato.

Quello stesso entusiasmo, però, non lo vedo più negli occhi delle persone con cui sono cresciuta. È andato perso, soffocato da una vita di: “Lo faccio perché devo”. Perché il “voglio” è stato sostituito dal “devo”? E no, tranquilli, non è la classica sindrome di Peter Pan dove per togliersi dall’età adulta, si sogna di rimanere bambini. È il crescere assieme al proprio bambino interiore, coltivarlo, non dimenticarsi mai della sua esistenza. 

entuṡiasmo s. m. [dal gr. ἐνϑουσιασμός, der. di ἐνϑουσιάζω «essere ispirato», da ἔνϑεος, comp. di ἐν «in» e ϑεός «dio»]. – 1. Presso i Greci, la condizione di chi era invaso da una forza o furore divino (ἔνϑεος), cioè della pitonessa, dell’indovino, del sacerdote, nonché del poeta, che si pensava ispirato da un dio.

-Treccani

E nella logica del tempo qualsiasi cosa cambierà
ma saper vivere il momento è il senso della libertà.

Essere liberi, però, non equivale a vivere la libertà. Qui me ne rendo conto, proprio perché ancora non riesco a vivere pienamente il momento presente. Grazie alla meditazione, quasi un anno fa, mi sono vista in prigione, come nelle segrete di un castello. Volevo uscire, ma non sapevo come fare. Nel corso del tempo, quell’immagine è mutata: la porta era aperta, ma avevo paura di uscire per le guardie. Poi ho scoperto che ero io stessa il carceriere, e allora sono uscita. Ora sto in questo giardino, libera, ma non so ancora come comportarmi, come poter vivere il momento. “Keep going” (trad: “vai avanti”, “prosegui”) mi sta ripetendo la mia mente. E in effetti, ho tutto l’inverno per lavorare su questo!

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