“The seed of autumn in my mind”
(Chicane & Justine Suissa, Autumn tactics)
Il 21 giugno è la data che ha dato formalmente inizio all’estate, ma come mai anche dopo che è finito agosto, io ancora non l’ho sentita?
Sarà forse cambiata la mia sensibilità, sarà che il disincanto si accumula anno dopo anno, o sarà semplicemente che sono cresciuto.
È buffo, passi tutto l’anno ad aspettare una stagione che non arriva, per poi accorgerti che passi tutta la vita ad aspettare un momento che non arriva.
Eppure è tutto lì: la gente che va in vacanza e si lamenta del caldo. Ma tu, quel caldo, neanche lo senti.
Ed è questa una delle cose più tristi, non sentire più il calore del sole allo stesso modo, non vedere più l’oro nella luce che libra sulle onde del mare nelle ore più calde.
Foschia diurna nella gelida indifferenza di un sole
che non scalda più le speranze fiorite con le viole,
scivola la luce mentre ghermisce la sua ultima bugia
e apre la limpida notte tra stelle cadenti di periferia:
eventi ormai vacui che si susseguono nella giornata,
la nostalgia amara di un’estate che non è mai arrivata.
(Gianluca Boncaldo, l’estate che non è mai arrivata)
Senza neanche accorgertene l'autunno è già sorto sulla tua vita, ogni cosa inizia a morire lentamente tra pensieri sempre più gelidi. E non è il 21 settembre, ma è una condizione mentale. Ti soffermi a guardare quelle foglie secche abbandonate al suolo, le osservi e pensi a quanto siano state belle un tempo, un passato in cui erano verdi e rigogliose. E contempli, immobile, la vita sgretolarsi, senza che più residui di entusiasmo offrano altre prospettive.
Lì fuori è sempre più grigio, sempre più buio, e qui dentro la speranza è sempre più fioca, mentre la fede è appassita nell’apatia e nella desolazione di quel deserto arido del proprio mondo interiore.
E probabilmente non è neanche la metafora di un episodio di depressione, ma la malinconia per una stagione che ho atteso e che forse ho solo immaginato. Perché forse non ho mai visto l’estate. Forse le foglie rigogliose non le ho mai notate, e forse non ho mai visto il sole. Ho solo riempito di ricordi una distesa vuota con qualche albero secco disseminato all’orizzonte. Una distesa nella quale le piogge sono state sempre costanti.
Fiumi di umor nero scorrono lenti
sotto incessanti piogge di catrame,
freddo e fame giungono indifferenti
negli stenti di questo gelido reame.
(Gianluca Boncaldo, Melancolia)
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