lunedì 4 aprile 2022

#MustToWatch: Licorice Pizza

Arrivato il 17 marzo nelle sale italiane, all’indomani degli Oscar2022, non possiamo non parlare di uno dei film usciti sconfitti dalla “competizione”. Una storia che è entrata immediatamente nei nostri "Must To Watch" per la sua intensità e per l'amore che ci ha provocato immediatamente dopo la sua visione. 
Ovviamente stiamo parlando di Licorice Pizza, pellicola diretta da Paul Thomas Anderson che ci trasporta all’interno degli anni ’70; più precisamente nel ’73, anno di uscita nelle sale cinematografiche di Vivi e lascia morire. Il capitolo di James Bond è uno dei pochi indizi che ci permette di collocare l’ambientazione in un anno ben specifico.
Siamo nella Ferdinando Valley, in California, Alana Kane (Alana Haim) Gary Valentine (Cooper Hoffam) si conoscono nel liceo frequentato dal ragazzo. Lei dichiara di avere venticinque anni, lui invece solo quindici, ma ciò non frena il nostro Valentine dal provarci spudoratamente con la ragazza che lo sta accompagnando a fare le foto per l’annuario. Alana gioca con lui, flirta anche, e si dichiara restia nel voler accettare l’appuntamento che Gary le ha proposto, nonostante alla fine si deciderà di presentarsi nel luogo in cui sapeva che lo avrebbe trovato. Inizia, così, la loro avventura che è tutt’altro che una storia d’amore convenzionale, al contrario è il ritratto degli Stati Uniti di quel tempo, tra ragazzini fin troppo cresciuti e esperienze ancora da dover fare.

Licorice Pizza si è dimostrato come una di quelle storie in grado di dividere il pubblico in due parti. In molti, infatti, hanno sostenuto che questo film piace a chi conosce il cinema di Anderson, ma è una visione molto miope di una pellicola che riesce a racchiudere in sé tanti piccoli elementi.

È vero, in background abbiamo questo costante legame che unisce i due protagonisti. Un sentimento che non esplode mai, ma che lentamente si espande e si connota di tutte le esperienze che i due si ritroveranno a fare. D’altra parte, però, abbiamo quei sintomi embrionali di una società in subbuglio che è alla ricerca della propria dimensione e della propria identità. Ciò che, infatti, non va dimenticato è quanto siano stati cruciali gli anni ’70 un po’ per tutto il mondo occidentale. In Italia eravamo post moti studenteschi, invece, in USA eravamo in piena guerra del Vietnam. La società premeva e fremeva sull’idea dell’uomo che si fa da sé, e tutto ciò lo ritroviamo all’interno della caratterizzazione dei due protagonisti.

Gary Valentine, ad esempio, restituisce al pubblico l’idea dell’imprenditore americano. La sua più classica versione che però viene affidata a un ragazzino che in realtà ha soli quindici anni. Classe 2003, Cooper Hoffman ricorda spaventosamente il padre (Philips Seymour Hoffman) nelle espressioni e nelle gestualità specialmente se messo a confronto con un’altra pellicola di Anderson del 1993: Boogie Nights. Il modo di fare del suo personaggio è irriverente, snervante, ma allo stesso tempo anche estremamente interessante divertente. È curioso come un ragazzino di soli quindici anni cerchi di darsi così tanto da fare, cercando non solo di diventare attore, ma anche imprenditore di se stesso buttandosi nei progetti più impensabili come i materassi ad acqua.

Alana Kane, invece, è una giovane donna in cerca della sua identità. Un personaggio straordinariamente emancipato, ma comunque concettualmente relegato alla società dalla quale prende vita. È arrivista, opportunista, è nonostante i suoi visibili interessi nello stare accanto a Gary e ai ragazzini che si porta dietro, cerca di affacciarsi all’età adulta anche attraverso le opportunità che cerca di cogliere. Opportunità che il più delle volte prendono la forma di un uomo che, nonostante l’età, si mostrava incapace di poter dare alla ragazza quello che era convinta fosse la cosa migliore per lei. Una giovane donna che è convinta di poter fare la differenza, che si affaccia al mondo degli adulti pur non sapendone ancora masticare la lingua. Sbagliando nelle scelte e nei passi che compie, riuscendo però a comprendere piccoli aspetti della propria identità tanto da capire cosa vuole e chi vuol essere al termine della narrazione.

Gli uomini, dunque, di questa pellicola sono quelli che mostrano la sintomatologia di una società che è alle stregue della decadenza. Una società che Paul Thomas Anderson prende in giro, mostrando anche la ciclicità degli eventi (questa ve la lasciamo cogliere guardando la pellicola). Uomini viscidi, immaturi, incapaci di ammettere la verità, pronti a nascondere la polvere sotto il tappeto per poter mantenere le apparenze. Uomini che vengono anche impersonati da grandi attori, come Bradley Cooper o Sean Penn, che giocano sulla loro attorialità e sulla loro stessa notorietà. Del resto Anderson ci riporta ai tempi della nuova Hollywood e lo fa mantenendo il lucido sguardo su ciò che è accaduto e quindi accadrà alla storia dei nostri personaggi.

La nuova Hollywood, quella che cercava bellezze non convenzionali (come quelle dei due protagonisti), che cercava nasi molto ebrei per bucare lo schermo. Una Hollywood che a tratti appare recitata nella pomposità dei dialoghi affidati ai personaggi che si muovono sullo schermo e, soprattutto, al modo con cui dosano quelle stesse parole.


Ci sarebbe così tanto da dire su Licorice Pizza che davvero non riusciamo a comprendere come sia stato possibile che venisse dimenticato dall’Academy. È un film che “corre” dritto alla mente dello spettatore e che si imprime insieme all’epicità delle canzoni scelte nella sua colonna sonora. Quella che Paul Thomas Anderson è una storia snervante, che stressa la pazienza “sentimentale” dello spettatore, ma che lascia è una dolce critica. Elemento che nella sua leggerezza diviene poesia e che prende concretezza nello spettatore.

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