“Finalmente una comica donna italiana ha un suo speciale su Netflix”.
È questa la prima cosa che abbiamo pensato quando il 3 Marzo ci siamo imbattute nel post di Instagram in cui Michela Giraud annunciava “La verità, lo giuro!” in uscita sulla piattaforma di streaming più famosa del mondo, e la prima cosa che abbiamo fatto è stata segnare la data sul calendario del telefono con tanto di notifiche attivate, nel caso ci fossimo dimenticate dell’uscita dello speciale.
Ovviamente non ce ne siamo dimenticate affatto, e il 6 Aprile (data d’uscita dello speciale) non appena abbiamo avuto l’occasione di farlo, ci siamo catapultate su Netflix senza pensarci due volte, combattendo stanchezze e mal di testa vari.
Che voi l’abbiate conosciuta attraverso i video di Educazione Cinica o guardando la prima stagione di “LOL: Chi ride è fuori”, o ancora che voi – come noi – l’abbiate vista per la prima volta in questo video di YouTube o addirittura nel nuovo programma di Michelle Hunziker “Michelle Impossible” non è importante, la Giraud in un modo o nell’altro, nel bene o nel male, fa parlare di sé ed è quasi impossibile non conoscerla.
Ma la domanda è: perché Michela riesce a farsi conoscere e come ha fatto a creare una fanbase così tanto solida?
La risposta è semplice: Michela Giraud non si nasconde.
Certo che si attiene a un personaggio creato su misura e certo che quello che vediamo è sempre filtrato, ma tutto sommato l’immagine che dà di sé non risulta mai falsa né forzata.
È per questo motivo che questo speciale a parer nostro funziona così bene.
Amiamo con tutte noi stesse il mondo della comicità, ma ve lo diciamo molto chiaramente: i comici che seguiamo non ci fanno quasi mai ridere, li seguiamo e li amiamo perché hanno il nostro stesso identico stile comunicativo e parlano di ferite interiori e traumi scherzando e ironizzando, ma proprio perché capiamo cosa c’è dietro quell’ironia non ridiamo quasi mai.
Come sempre quando scriviamo un articolo di comicità, abbiamo pensato un bel po’ se scrivere un articolo su questo speciale. Se “Make Happy” e “Inside” di Bo Burnham e “Nanette” di Hannah Gabsby di comico non hanno proprio un bel niente (e si percepisce dopo pochissimi minuti), “La verità, lo giuro!” in realtà ha tutti i presupposti per far ridere e, di fatto, rientra nei canoni dello spettacolo comico, e dire apertamente che uno spettacolo del genere ci è effettivamente piaciuto ma non ci ha suscitato alcuna risata, non è per niente facile.
La spinta a scrivere questo articolo l’abbiamo avuta quando ci siamo rese conto che il pensiero che se una cosa è nata per far ridere e non riesce nel suo intento, allora non è di buona qualità è ancora fin troppo comune.
Un prodotto è fallimentare e non è di buona qualità quando non riesce a trasmettere nulla, la risata è soggettiva.
Michela Giraud nasce il 28 Luglio 1987 a Roma, precisamente a Roma Nord, nel quartiere Balduina.
È bisnipote del vicepresidente del Savoia Alfredo Giraud e nipote dei tre calciatori della medesima squadra di calcio Raffaele Giraud (chiamato anche Giraud I): Michele Giraud (chiamato anche Giraud II) e Giovanni Giraud (chiamato anche Giraud III). Durante i suoi anni adolescenziali frequenta il Liceo Classico Mamiani dove è compagna di classe di Edoardo Ferrario (di seguito potete trovare il nostro articolo sul suo libro “Siete persone cattive. Storie comiche di mostri italiani”).
Nascere e crescere in uno dei quartieri della Roma Bene, noi lo sappiamo, non è sempre facile.
Non lo è oggi e non lo era nemmeno negli anni ‘90/inizi anni 2000, specialmente se cresci sentendoti diversa e con una sorella con la Sindrome di Asperger, considerata – allora molto più di oggi – diversa.
Non lo è soprattutto se sei e sei sempre stata una bambina, una ragazza e successivamente una donna non propriamente filiforme, impacciata e appesantita dalle aspettative e dalle ansie di tua madre.
Il non essere magra è una cosa che, lo sa, nella società purtroppo ti fa perdere quasi automaticamente il “pretty privilege” e molto spesso fa sì che le persone ti vedano come da meno. Il non essere magra ti rende un modello, ma uno da non raggiungere, ti fa diventare un individuo guardato con pena e compassione nonostante tu magari stia anche benissimo con te stessa e quasi automaticamente ti rende una persona non sana, a cui “je piace magnà”, ti esclude a priori da numerosissime attività perché vieni considerata inadeguata e fuori luogo.
L’esempio che lei fa (e che ahinoi capiamo benissimo perché abbiamo vissuto la stessa identica cosa), è quello della danza classica; non ci sentiamo di dover argomentare, sappiamo tutti che il fisico appropriato per fare danza classica è un fisico magro e filiforme e sappiamo tutti quanto possono essere crudeli le insegnanti di danza classica, anche con le bambine.
A proposito di insicurezza, Michela non si nasconde nemmeno in questo e non l’ha mai fatto: a partire dall’incubo della body positivity e del doversi piacere per forza fino ad arrivare ai commenti, a cui lei dà peso eccome.
Anche se prova a non farci caso e a farseli scivolare addosso, non ci riesce e le sente uno a uno come se fossero dei macigni, eppure non si lascia fermare. Sa che ci sono e ci saranno sempre, sa che è un essere umano ed è titolata ad avere tante insicurezze, ma sa anche che c’è un’arma che è più potente dei commenti di internet: l’autoironia.
E lei ne ha tanta, talmente tanta che ha deciso di farne uno speciale Netflix disponibile in centottanta paesi del mondo.
“Sui social mi scrivono delle cose come ‘sei grassa’, ‘sei volgare’, ‘sei grassa e volgare’, ‘fai comicità per casalinghe’. Io non sapevo neanche fosse un’offesa.
Il mio ragazzo mi dice di non dargli peso e che questa gente non si merita il mio tempo. Ha ragione. Ma io ci sto male. Non vorrei leggere quelle cose. Ma non resisto, rosico.
Io mi siedo a pensare a una risposta arguta che possa mostrare la mia superiorità intellettuale, quando invece sto solo rosicando. Poi mi dicono ‘ma fattela una risata, sei una comica, alla fine che ti hanno detto?’. Ognuno però ha la sua storia e la sua sensibilità.
Io ho trovato la mia soluzione in uno di questi commenti. Quando mi hanno scritto ‘fai schifo’, ho pensato ‘e anche se fosse? e quindi?’, così a quel commento ho messo un bel like: una delle cose più liberatorie che mi siano mai capitate nella vita. Mi son detta ‘oh è vero, io faccio proprio schifo, ma quanto è bello fare schifo?’. È una libertà incredibile.
In un’epoca in cui tutti vogliamo essere migliori e tutti siamo prigionieri dello sguardo degli altri, darci la possibilità di fare schifo è un atto rivoluzionario. Fare schifo è un diritto ed è un diritto che rivendico con orgoglio. Da oggi, quindi, ringrazio i miei haters e tutte le loro splendide verità.
Quando mi dicono che faccio schifo, che sono grassa, che sono volgare e che non faccio ridere io rispondo: sì, avete ragione, faccio schifo ma ho anche dei difetti.”
- Michela Giraud nel suo monologo del 9 Novembre 2021 a “Le Iene”
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