È arrivato in sala, lo scorso 21 aprile, il nuovo film di animazione: Hopper e il tempio perduto. Una pellicola che mette al centro della sua narrazione l’accettazione più profonda di se stessi, sottolineando come molto spesso siamo noi stessi a sabotarci.
Quello che Sony ci propone è in tutto e per tutto un film di avventura, la formazione di un eroe – sotto diversi punti di vista – che gioca con il pubblico adulto che porta in sala i più piccoli. Hopper è, infatti, un coniglietto che da sempre ha vissuto con le storie raccontategli da suo padre. Adesso che è giunto il tempo di dimostrare il suo coraggio e la sua voglia di avventura, però, si tarpa le ali da solo. Fin da piccolo è stato preso in giro per la sua strana natura: Hopper è per metà coniglio e per metà pollo. Un mix abbastanza inquietante che lo spinge a cercare di nascondersi sotto cappotti ampi, cappelloni dalla falda larga e in scarpe che riproducono le classiche zampette di coniglio. Così può cercare di essere quanto più “normale” possibile bloccando però i propri movimenti e la propria agilità. Quegli strati, quella paura di mostrarsi per com’è davvero, infatti, gli impediscono i movimenti facendogli fare delle figure barbine durante l’esame per l’ammissione nella squadra di ricercatori del regno.
Come è possibile intuire, quella di Hopper è una favola che inneggia all’auto accettazione. Il trainante della narrazione è infatti la ricerca della propria natura così da poterla lasciare libera di fare ciò per cui si è destinati.
Il film è divertente, ma non rappresenta una novità dal punto di vista narrativo. La diversità è unicità solo che va riletta sotto differenti punti di vista e fino a quando non è il soggetto a credere in sé nessuno potrà realmente influenzarlo facendogli vedere le proprie particolarità. Il citazionismo è percepibile fin dai primi minuti, infatti, è possibile immediatamente cogliere i riferimenti a film come “Indiana Jones” con quegli iconici massi rotolanti e quelle trappole che saltano all’improvviso. Nella versione italiana, non possiamo fare a meno di sottolineare quanto il grosso del lavoro, nella caratterizzazione del cattivo, lo faccia proprio il doppiaggio. Angelo Maggi è meraviglioso nei panni dello zio malvagio che cerca di usurpare il trono a suo fratello, è credibile e incredibile. Allo stesso modo anche la voce di Hopper si taglia bene sul personaggio, ma del resto Federico Campaiola è una garanzia.
Il punto di forza di questo film d’animazione è sicuramente la grafica stessa. In particolare, senza fare troppi spoiler, qui diremo solo: maialini. Questo elemento, infatti, all’interno della pellicola costituisce un forte momento video-ludico. Rendendo l’animazione quasi pronta a trasformarsi in un prossimo gioco giocabile alla Play.
In sostanza il consiglio è quello di prendere i più piccoli e di fargli godere un paio d’ore all’interno di una sala cinematografica per ricordare loro quanto sia importante vedersi sotto determinati punti di vista così da poter credere in se stessi. Perché nel momento in cui noi stessi avremo le carte in mano per poter vincere, anche gli altri ci vedranno come vincitori.
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